DEL SECOLO FLORIANO

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DEL SECOLO FLORIANO

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Melfi,10 maggio 1877 – 20 giugno 1949

Giornalista, scrittore e professore di Letteratura italiana, diresse il quotidiano napoletano “Il Mezzogiorno”; nell’immediato dopo guerra presidente dell’Unione Democratica e Politica del Mezzogiorno fu eletto Senatore nel primo Senato repubblicano.

A cavallo tra fine Ottocento ed inizio Novecento incontriamo la figura di un intellettuale dalla levatura giornalistica e letteraria nazionale, Floriano Del Secolo. Era figlio di agricoltori, nato a Melfi il 10 maggio 1877 e formatosi nel Liceo classico di Lucera e poi laureatosi in Lettere a Bologna. Allievo prediletto di Giosuè Carducci, questo intellettuale sul quale Emma Giammattei ha scritto un illuminante saggio nel 1983, Floriano Del Secolo. Un carducciano a Napoli (Napoli, Ermanno Cassitto), a cui fa ricorso Salvatore Damiano in una monografia edita da Libria di Melfi, Floriano Del Secolo da Carducci a Croce, si lasciò permeare dall’insegnamento di un maestro che non temeva di ingiuriare Vittorio Emanuele II come “tiranno lascivo” e che inneggiava alla repubblica e alla laicità dello Stato.
Dal Carducci, Floriano imparò che la cultura letteraria aveva il compito di un apostolato patriottico e di impegno civile. Ebbe compagni di corso in Manara Valgimigli, Alfredo Oriani, Alfredo Panzini, costituendo un formidabile nucleo di intellettuali in grado di rappresentare una voce ribelle e critica in un’Italia troppo prona alla politica sabauda.
Fu Carducci ad assegnare al Del Secolo una tesi di laurea sui grandi Predicatori del Trecento toscano, Iacopo Passavanti e Domenico Cavalca e più tardi a pubblicarla in volume. Laureatosi a vent’anni, Del Secolo pensò bene di scrivere a Giustino Fortunato per chiedergli un consiglio sul futuro, se Napoli offrisse qualche opportunità. Ma a Napoli non c’era per l’anno in corso alcuna possibilità.
Carducci intervenne e si occupò del giovane lucano come fosse un figlio, lo segnalò per l’ottenimento della cattedra di Letteratura Italiana presso il ginnasio di Messina. Restava tuttavia anche dalla Sicilia, un filo con Bologna, dove giungevano puntualmente i suoi articoli per “Il Resto del Carlino” diretto da un altro compagno di corso, Adolfo Albertazzi. Sul quotidiano bolognese, Floriano difenderà il Mastro don Gesualdo di Verga, che era stato un insuccesso editoriale e i saggi di Salvatore Di Giacomo.
Un anno dopo Del Secolo viene chiamato a Benevento e di lì a poco a Napoli, alla Scuola militare della Nunziatella, sulla cattedra che era stata di Francesco De Sanctis. La Napoli di inizio secolo è la città di Di Giacomo e di Matilde Serao, di Fortunato, che farà da tramite per la conoscenza di Benedetto Croce, ma che non condividerà la sua collaborazione a “La rivoluzione liberale” di Piero Gobetti e l’adesione al mazzinianesimo.
Nel ricordo degli studi effettuati a Bologna, del Secolo fonda con gli stessi compagni universitari la rivista “I Mattaccini”, un foglio di scapigliata partecipazione alla vita letteraria e politica della Napoli di fine secolo. L’attacco è soprattutto alla “pornografia sentimentale” di Fogazzaro e D’Annunzio, al De Amicis: “eravamo, dice Valgimigli, di colorito rossastro … antipretesco e antimonarchico”.
La rivista piacque a Croce, che condivideva il radicalismo di quei giovani che invitava frequentemente in casa, insieme a Francesco Flora, Giorgio Amendola, Arturo Labriola, Luigi Russo. Si andava ulteriormente radicalizzando il pensiero politico di Del Secolo, che ebbe modo di esprimersi per quanto riguardava la propria posizione sulle pagine del quotidiano “Il Mezzogiorno”, apparso il 15 maggio 1918. Floriano attaccava lo Stato, accusandolo di aver favorito una minoranza di industriali del nord a svantaggio del mezzogiorno, si avvicinava alle posizioni di Gobetti che aveva conosciuto a Napoli, in casa di Fortunato. Tutto questo gli causò nel 1923 l’estromissione dal giornale e a nulla valse la presa di posizione de “Il Mattino”, in difesa della libertà di stampa, quella di Croce che gli fu vicino accogliendo suoi articoli su “La Critica” e affidandogli la curatela di alcuni volumi presso Giovanni Laterza.
Per il suo acceso antifascismo Floriano Del Secolo fu condannato a una vita grama e difficile tra il 1925 e il 1937. Espulso dall’Ordine dei giornalisti, allontanato dall’insegnamento, non gli resta che rientrate a Melfi, da dove collaborerà con Ugo Oietti, direttore della rivista fiorentina “Pegaso”. Solo a partire dal ’43, grazie a Benedetto Croce viene designato a dirigere il quotidiano “Il Risorgimento”. Ma Del Secolo è antimonarchico e troppo vicino alla sinistra e verrà ben presto sollevato dall’incarico e sostituito con Corrado Alvaro che a sua volta, per divergenze con la proprietà si dimette.
Sarà Mario Alicata a chiamarlo a collaborare a “La Voce” e a sostenerlo nel 1948 nella candidatura al senato nel collegio di Torre del Greco. Ma un anno più tardi, il 20 giugno 1949 Floriano Del Secolo cessava di vivere, osannato dai suoi concittadini e da un mondo intellettuale che apprezzava la sua dirittura morale e l’impegno antimonarchico prima e antifascista poi.
Ad analizzare la sua vita intellettuale occorrerebbe oggi raccogliere i molti articoli di critica letteraria e politica sparsi nei tanti giornali a cui collaborò e per i quali scrisse o che diresse. Io credo che non sbagliasse Carducci allorché gli rimproverava l’aver abbandonato la redazione di libri di critica e di storia e l’aver abbracciato la carriera giornalistica. Ne risentì infatti proprio la memoria dell’uomo, sparsa e perduta tra carte senza fortuna e che hanno vissuto lo spazio di un mattino, il tempo che si dedica solitamente alla vita del quotidiano.

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DEL SECOLO FLORIANO

Di Enzo Frustaci – Dizionario Biografico degli Italiani – volume 38 (1990)
Nato a Melfi (Potenza) il 10 maggio 1877 da Dario e Vita Maria Mendia, si laureò nel 1898 in lettere alla scuola di Giosuè Carducci, del quale fu allievo tra i più amati. La frequenza della scuola bolognese del Carducci fu uno dei fatti essenziali della vita del D., e a lui rimase sempre idealmente legato nel prosieguo della sua attività intellettuale. Discusse una tesi di laurea sulla letteratura religiosa del Trecento, da cui trasse, incoraggiato dallo stesso maestro, un volume: Predicatori ed autori di lettere spirituali nel secolo quattordicesimo (Melfi 1898).Di quest’opera, che doveva essere un più ampio studio sulla letteratura e l’epistolografia religiosa nei secoli XIV e XV, fu realizzata dal D. solo la prima parte dedicata a Giordano da Rivalta e Iacopo Passavanti, mentre il restante progetto, che comprendeva tra l’altro una analisi delle lettere di s. Caterina da Siena, non fu più realizzato. È pure degli anni bolognesi l’amicizia con Alfredo Oriani, le cui opere e i cui atteggiamenti affascinavano il giovane Dei Secolo.
Tenace e affettuoso fu l’impegno e la ricerca, fino alla morte dell’Oriani e negli anni seguenti, per diffonderne l’opera e toglierlo dal suo isolamento umano e intellettuale, come si deduce dal carteggio pubblicato dal D. stesso, Contributo alla biografia di Oriani (in Pegaso, II [1930], 11, pp. 385-404) e dalla Prefazione al volume Monotonie (Bologna 1925) dell’Opera omnia curata da B. Mussolini.Il D. passò ben presto al giornalismo. Vi si dedicò fin dal 1901 quando fondò un giornale di polemica letteraria, I Mattaccini (nome tratto dai sonetti di A. Caro contro L. Castelvetro), insieme con altri giovani letterati napoletani o della scuola carducciana, F. Gaeta, A. Catapano, M. Valgimigli. Nell’attività pubblicistica egli espresse il meglio di sé, finché l’avvento del fascismo non lo costrinse ad abbandonarla e a dedicarsi quasi esclusivamente all’insegnamento che esercitò per un trentennio presso la scuola militare della Nunziatella di Napoli, da cui in seguito fu pure allontanato dal regime.
Scrittore colto e raffinato, letterato non alieno dalle questioni sociali e in particolare da quelle del Mezzogiorno d’Italia, il D. lavorò per diversi anni a Il Pungolo di Napoli (1903-1911) e fu corrispondente de Il Secolo di Milano (1910-1919). Dal 1911 al 1914 fu anche redattore capo de Il Giorno, il giornale politico-letterario napoletano fondato da Matilde Serao, e, ancora, a testimonianza del suo impegno, più o meno negli stessi anni fu corrispondente de Il Messaggero di Roma (1913-1919). Sullo scorcio finale della prima guerra mondiale (1918) venne chiamato a condividere la direzione dell’appena nato quotidiano napoletano Il Mezzogiorno, d’orientamento meridionalista moderatamente progressista, ove rimase fino al 1923. Già membro del Consiglio generale della Federazione della stampa (1913-1920), e quindi del comitato direttivo (1920-1925), durante l’VIII congresso della stampa italiana (Palermo, 25-28 sett. 1924) il D. aderì agli ordini del giorno di protesta contro i decreti del governo fascista lesivi della libertà di stampa e nel maggio 1925 sottoscrisse il manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da B. Croce.
Da questo momento iniziò per lui una lunga parentesi, un progressivo allontanamento dell’attività giornalistica, che si protrasse per tutto il ventennio fascista, fino al silenzio. Ma, pur appartato, il D. continuò a tessere la tela dei propri interessi intellettuali e letterari in particolare. Ne sono testimonianza l’amicizia con il Croce, la serietà nell’insegnamento, la produzione critica.
Della frequenza col Croce e degli incontri del cenacolo che intorno al filosofo s’era raccolto ha dato egli stesso un ricordo intenso e partecipe in un articolo del 1946, Croce e la sua casa nel ventennio (in La Rassegna della letteratura italiana, L [1946], 2-3, pp. 274-80). In queste pagine il D. rivela il profondo sentimento antifascista, proprio di quanti condividevano l’isolamento politico del filosofo napoletano, rivendicando così per sé un luogo degno sulla scena della cultura nazionale durante il regime fascista.
Del resto fu proprio Croce, di cui curò un volume di scritti in collaborazione con G. Castellano (Poeti e prosatori d’Italia, I, Da Dante a Cuoco, Bari 1927), a proporlo, con parole di grande elogio, al Comando alleato nel 1943, in pieno conflitto, per la direzione de Il Risorgimento, primo giornale di Napoli liberata, che il D. diresse fino al 1947.
Tornato con fervore al giornalismo, il D., pur non trascurando gli studi letterari, partecipò in prima persona alla lotta politica in Italia nell’immediato dopoguerra. Dopo essere stato nel 1944 presidente dell’Unione democratica e popolare del Mezzogiorno, si presentò, infatti, alle elezioni politiche del 1948 per il primo Senato repubblicano nelle liste del Fronte democratico popolare, ottenendo il mandato dal collegio di Torre del Greco con grande suffragio e aderendo al gruppo parlamentare “Democratico di sinistra”. La sua presenza al Senato (fu membro della commissione istruzione) non durò però a lungo. Stroncato da alcuni mesi di malattia, il D. morì a Napoli il 20 giugno 1949.
Postuma uscì la sua ultima fatica letteraria: l’edizione dei romanzi e delle novelle di A. Albertazzi (Milano 1950), antico e, sebbene più anziano, non dimenticato sodale della scuola carducciana.
Opere: Un teologo dell’ultimo Trecento, Trani 1897; Il vecchio e il nuovo nell’insegnamento secondario, in Per la scuola secondaria classica, Roma 1905, pp. 53-71; Francesco Crispi, Napoli 1926; Vincenzo Fiore commemorato alla Scuola militare di Napoli il 25 apr. 1937 da F. D., ibid. 1937.

Fonti e Bibl.: G. Carducci, Lettere (Ed. naz. delle Opere), XX, p. 251; XXI, p. 135; T. Rovito, Letterati e giornalisti ital. contemporanei, Napoli 1922, p. 135, ad vocem; I deputati e senatori del primo Parlamento repubblicano, Roma-Milano- Catania 1949, pp. 507 s., 654, 785; Senato della Repubblica, In memoria del senatore F. D., seduta del 21giugno 1949, Roma 1949; E. R. Papa, Storia di due manifesti. Il fascismo e la cultura italiana, Milano 1958, pp. 100, 147.

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