OSANNA MASSIMO

nuova puglia d'oro_total white

OSANNA MASSIMO

Lucania_d_oro bianco

Venosa (PZ), 23 maggio 1963

Direttore Generale dei Musei Statali, archeologo, docente universitario. In qualità di Soprintendente e Direttore del Parco archeologico di Pompei è stato promotore della rinascita del sito UNESCO.

Massimo Osanna nasce a Venosa, in provincia di Potenza, il 23 maggio del 1963. La mamma è insegnante, il papà medico. Il bambino cresce circondato dalla Storia. Su Venosa, infatti, aleggia lo spirito di antiche genti, ben visibile dai reperti che testimoniano la loro passata presenza. A cominciare dal poeta latino Quinto Orazio Flacco nato qui nel 65 a.C. Ma è dal Paleolitico in avanti che il territorio, ai piedi del monte Vulture, conserva meraviglie antiche, preziose per chi studia e visita questo “libro aperto”, suddiviso da tanti capitoli quanti sono le stratificazioni storiche. Della preistoria ci racconta il Parco archeologico di Notarchirico, il più antico della Basilicata che ha restituito numerosi resti fossili di animali estinti, il femore dell’homo erectus e diversi strumenti litici. Di Venusia, importante colonia romana del III secolo a.C., ci dà testimonianza l’omonimo Parco archeologico in cui è possibile camminare tra le sue rovine e tra i monumenti riferibili all’età cristiana, come la suggestiva chiesa dell’Incompiuta il cui tetto è il cielo.

Venusia è prossima all’attuale Venosa la quale, fra le bellissime architetture, annovera il Castello aragonese Pirro del Balzo, sede del Museo Archeologico Nazionale dove sono esposti i reperti dei due suddetti Parchi. Inaugurato nel 1991, il museo è intitolato al famoso archeologo ed accademico, “Mario Torelli”, nome che tornerà più avanti e in maniera significativa.

L’area di Venusia è facile da raggiungere per il piccolo Massimo e i suoi compagni che, in bicicletta, vi si aggirano, curiosando tra i suoi ruderi. Non è ancora Parco. La città fu scavata negli anni ’30 in occasione del bimillenario di Orazio, ma poi null’altro era stato fatto.

Per il bambino sono momenti divertenti e spensierati che, ad ogni modo, lo portano ad entrare in confidenza con il mondo del passato. Presto, purtroppo, perde il papà, la mamma si risposa con un insegnante e la sua casa continua a somigliare sempre più ad una biblioteca. I libri occupano ogni angolo della casa. L’amore per la cultura e per la conoscenza inizia, naturalmente, a farsi largo nella mente del giovane. Le sue prime letture parlano di Omero, dell’Iliade e di antichi eroi.

Durante l’adolescenza legge i grandi romanzi classici. È un ragazzino quando il nuovo papà decide di portare la famiglia in gita fra l’antica Pompei e Paestum. Un viaggio probabilmente senza aspettative, che invece fa maturare in lui l’interesse per il passato. Camminando tra quelle strade, edifici, templi ne immagina, estasiato, gli antichi fasti e, nel contempo, si configura il suo futuro da archeologo.

Dopo aver conseguito con il massimo dei voti la maturità classica al liceo “Q. Orazio Flacco” della sua città, si iscrive alla facoltà di Lettere Classiche all’Università degli Studi di Perugia. Qui frequenta i corsi di Mario Torelli, docente di Archeologia e di Storia dell’arte greca e romana, nell’ambiente considerato un luminare della disciplina. Le sue lezioni hanno dell’innovativo. Con lui l’archeologia assume una visione globale che integra più discipline: storia, religione, iconografia, antropologia, finanche economia e politica. Con questo metodo è come se il professore alzasse contemporaneamente più veli, al fine di illuminare meglio il passato che, grazie all’intensificarsi delle ricerche archeologiche, sta mostrando il suo articolato mondo. Già dalla prima lezione, lo studente lucano, lo eleva a suo maestro. Capisce di aver fatto la scelta giusta e si immerge totalmente negli studi.

Nel 1985 si laurea con 110 e lode proprio con Torelli, discutendo la tesi sulla necropoli di contrada Casino di Lavello, comune con cui Venosa è confinante. Subito dopo è alle prese con uno scavo in Basilicata nel sito dell’antica Banzi. Nel 1986 va ad Atene, grazie ad una borsa di studio annuale che gli consente di frequentare la Scuola archeologica italiana. L’esperienza è caldeggiata dal suo professore, convinto delle promettenti capacità professionali dell’allievo. Il periodo è di quelli che non si dimenticano mai. Studia con Ettore Lepore, Marcello Gigante, studiosi affermati che accrescono la sua formazione scientifica, mentre prende parte agli scavi nel Peloponneso, in Turchia e a Creta.

Nel 1987 lascia la Grecia e torna a Perugia per seguire un dottorato di ricerca. In questi tre anni si occupa di archeologia greca e romana e frequenta, tra l’87 e l’88, l’Università di Tubinga in Germania. Alla fine del corso presenta una dissertazione sui territori coloniali dell’Italia meridionale da Taranto a Locri, relatori Pietro Orlandini e Mario Torelli.

Nel 1993 una borsa di ricerca annuale lo porta nuovamente in Germania, all’Archäologhisches Institut dell’Università di Heidelberg, dove si dedica alla ricerca e tiene un corso semestrale di Archeologia greca.

Nel 1994, e fino al 2000, prosegue l’attività presso l’Università degli Studi della Basilicata in qualità di ricercatore di Archeologica classica. Per tre anni svolge seminari ed esercitazioni di Archeologia romana.

In contemporanea prende parte, per un triennio, alla missione archeologica di Itanos sull’isola di Creta, alla quale partecipano università belghe, francesi, greche ed italiane.

Nel 1995 consegue un secondo dottorato di ricerca presso la Scuola Superiore di Studi Storici dell’Università di S. Marino. Discute la tesi “Santuari e culti dell’Acaia antica” pubblicata, l’anno seguente, con lo stesso titolo per le Edizioni Scientifiche Italiane.

Nel 1997 è titolare dell’insegnamento di Archeologia greca presso la Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università degli Studi di Basilicata che ha sede a Matera. Il periodo dell’insegnamento nella città dei Sassi lo porta nel cuore. Ricorda sempre l’entusiasmo degli studenti nell’apprendere l’importanza del ritrovamento.

Nel 2000 diventa professore di II fascia di Archeologia classica presso la stessa Università. È responsabile, inoltre, degli accordi bilaterali Socrates/Erasmus (Archeologia) con le Università di Paris, École pratique des hautes études, Rennes 2, Pau, Tübingen, Heidelberg, Libera Università di Amsterdam, Granada, Toledo.

Ad ogni modo, l’impegno per la ricerca è sempre vivo. Fino al 2011 porta avanti, da condirettore, indagini in Sicilia e, precisamente, sull’insediamento antico punico-romano di Pantelleria (TP). La missione è organizzata dalle Università di Tübingen (Germania) e della Basilicata, in collaborazione con la Soprintendenza BB.CC.AA. di Trapani.

Contemporaneamente e fino al 2014 è direttore, per conto dell’Università lucana, del progetto di archeologia globale sull’insediamento antico di Torre di Satriano, tra i Comuni di Tito e Satriano di Lucania (PZ). Le ricerche, condotte dalla Scuola di specializzazione in Archeologia di Matera e finanziate dallo stesso ateneo, dalla Regione Basilicata e dal Comune di Tito, sono multidisciplinari. La torre, situata su un’altura sovrastante un esteso territorio ricadente nell’Appennino lucano, è riferibile al periodo normanno ma la frequentazione del sito è parecchio più antica. Testimonianze in tal senso retrodatano la presenza umana al II millennio a.C. anche se, una vera e propria comunità stabile ed organizzata, nascerà a partire dalla metà dell’VIII sec. a.C. Prima con i Peuketiantes, poi con i Lucani di stirpe osco-sabellica che animeranno il luogo fino alla fine del III/inizio del II sec. a.C. Quindi il sito viene abbandonato, in conseguenza alla romanizzazione del territorio che polarizza le attività intorno alla nuova città di Potentia. Bisognerà aspettare l’Alto Medioevo per vedere rinascere Satrianum, nuovo centro organizzativo e sede di diocesi destinato, però, al definitivo declino nel XV sec. d. C. L’area, i cui scavi sono partiti negli anni ’60, riveste un elevato valore storico. Qui emergono oggetti fittili, resti di fattorie, di un santuario, di una necropoli e del palazzo del principe con il tetto, i fregi, il portone in legno riccamente decorato. Sono i segni tangibili dell’importanza dell’abitato che aveva contatti con le civiltà delle coste. E che danno la misura della vitalità dell’allora entroterra lucano, allontanando ogni precedente deduzione circa la sua marginalità nel contesto antico. Da adesso in avanti si parlerà di questo sito in convegni di tenore, anche, internazionale.

Gli esiti di tali campagne di scavo sono contenuti in due testi: “Lo spazio del potere. La residenza ad abside, l’anaktoron, l’episcopio a Torre di Satriano” (Ed. Osanna) del 2009, curato dal professore di Venosa insieme a Lucia Colangelo e Gianfranco Carollo; “Lo spazio del potere II.

Nuove ricerche nell’anaktoron di Torre di Satriano” del 2012 (Ed. Osanna), curato sempre da lui e da Vincenzo Capozzoli.

Nel frattempo, diventa direttore della Scuola di Specializzazione in Archeologia di Matera. Durante il mandato, che dura dal 2002 al 2014, dirige la rivista “Siris. Studi e ricerche” dell’omonima Scuola, dirige un progetto archeologico nel territorio delle colonie greche di Siris e di Herakleia nei Comuni di Policoro, Tursi e Rotondella (MT).

Tra il 2003 e il 2010 è condirettore, in una missione di studio congiunta tra l’Università di Basilicata e di Roma “Tor Vergata” in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, sul sito antico della città magnogreca di Taurianum a Palmi (RC).

Tra il 2005 e il 2008, con lo stesso titolo, è impegnato in un progetto di ricerca del CNR IBAM e della Scuola di Specializzazione di Matera, sul territorio di Grottole (MT), finalizzato allo studio delle dinamiche insediative sviluppatesi nel comprensorio tra evo antico ed età medievale.

E ancora, tra il 2007 e il 2012, è protagonista di una nuova direzione congiunta fra l’Università lucana e di Roma “Tor Vergata”, organizzata dalla Soprintendenza speciale per i Beni Archeologici di Roma, diretta ad indagare l’antico insediamento latino della città di Gabi, ubicato in prossimità della Capitale.

Nel 2007 diventa soprintendente per i Beni Archeologici della Basilicata. È una carica breve, un anno, eppure densa di iniziative. Promuove, infatti, scavi e ricerche in vari siti della sua regione, inaugura le catacombe ebraiche della sua città, Venosa, organizza convegni internazionali, mostre archeologiche nei Musei Nazionali lucani, e incoraggia convenzioni e accordi di ricerca con varie Università e Istituzioni, al fine di incrementare nuove indagini e di pubblicare precedenti ricerche rimaste inedite.

Nel 2009 è condirettore, insieme a Olivier de Cazanove dell’Université de Paris 1 Panthéon-Sorbonne, di indagini archeologiche in territorio francese e, l’anno dopo, ha un incarico temporaneo di professore di Archeologia classica all’Università di Heidelberg, Archaeologisches Institut.

Nel 2014 il Ministero dei Beni Culturali guidato da Dario Franceschini, lo nomina Soprintendente speciale delle aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Stabia. La sua nomina rientra in una delle 9 misure di intervento, immediatamente operative, atte a proteggere la città pompeiana, patrimonio UNESCO, dai preoccupanti crolli. Il cedimento dell’edificio Schola Armaturarum e il seguito di polemiche nazionali ed internazionali, fomentano interventi urgenti atti a scongiurare episodi simili.

Sotto di lui si apre una stagione di “resurrezione” per l’antica Pompei. Riprendono gli scavi interrotti dall’800 perché c’era troppo da conservare. Una linea di pensiero che andava assolutamente sovvertita, come andava assolutamente accantonata la pratica di interventi conservativi sommari e poco adeguati. Prende corpo, allora, il “Grande Progetto Pompei” che dà avvio ad una serie di azioni mirate, progettate ed attuate da un team di professionisti multidisciplinari (archeologi, architetti, ingegneri, geologi, storici dell’arte, vulcanologi, paleobotanici, restauratori) in collaborazione con rappresentanti delle Istituzioni civili e militari, di ogni livello. Si mette in piedi una vera e propria task force che, utilizzando i cospicui fondi europei stanziati per questo progetto, lavora alacremente e bene per rimettere in sesto l’esistente e portare alla luce quanto ancora sepolto. L’ambizioso Piano, la cui attuazione avviene sotto gli occhi del mondo, è un successo.

In poco tempo l’antica Pompei cambia volto, man mano che vanno avanti le opere di sistemazione ed emergono nuovi reperti. Tra tutti, quello che colpisce di più il soprintendente venosino è un mosaico ritrovato sul pavimento di una casa. Qui è raffigurato Orione, il gigante cacciatore, nell’atto di trasformarsi nell’omonima costellazione.

La determinazione del soprintendente è tanta da riuscire, addirittura, a far restituire reperti portavi via tempo prima. Pompei torna ad animarsi. I visitatori passano da 2 milioni all’anno a 4 milioni, dimostrazione del grande fascino che tale luogo ha suscitato nella gente fin dalla sua scoperta. Si sperimenta anche il valore terapeutico della Cultura incoraggiando l’ingresso di persone con problemi di salute.

Alla luce di tutto ciò cresce, meritatamente, il prestigio accademico del funzionario lucano. Nel 2015 diventa professore ordinario di Archeologia classica presso l’Università degli studi “Federico II” di Napoli.

Nel 2016 il Mibact lo riconferma alla guida di Pompei, nominandolo Direttore generale della Soprintendenza Speciale Pompei, carica che detiene fino al 2020 e che lo rende, di diritto, direttore della «Rivista di Studi Pompeiani».

Nel quadro del ripensamento di Pompei un ruolo importante lo gioca la modalità della comunicazione e della fruibilità del luogo che, necessariamente, deve essere eterogenea e seguire i tempi. È così si torna all’idea di riaprire l’anfiteatro ai concerti. Nell’estate del 2016 si esibisce David Gilmour, chitarrista dei Pink Floyd. Vi ritorna da solista dopo aver suonato, nel 1971, nella registrazione dello storico film-concerto “Pink Floyd: Live at Pompei”, ripresa da Adrien Maben. Allora il pubblico non c’era, ora si. Ed è così che l’innovativo e lungimirante Direttore avvia la stagione concertistica nel luogo un tempo deputato ai giochi gladatori.

Nel 2018 vince la sezione Management culturale del Premio “Capo d’Orlando” e, l’anno dopo, il Premio Italia del Premio “Pasquale Rotondi”. Quest’ultimo riconoscimento viene a lui conferito per aver riscattato l’immagine di Pompei e dell’Italia nel mondo, avendone salvaguardato l’inestimabile patrimonio. Tale impegno lo allinea al suo collega del 1939, Pasquale Rotondi appunto, Soprintendente alle Gallerie e alle Opere d’Arte delle Marche che, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, nella massima segretezza, coordinò le operazioni di salvataggio e di trasporto delle opere d’arte in luoghi sicuri. Si conta che circa diecimila opere d’arte italiane furono sottratte alla distruzione e al saccheggio dei nazisti.

Sempre nel 2019 esce il libro “Pompei. Il tempo ritrovato. Le nuove scoperte” (Ed. Rizzoli) in cui Massimo Osanna, descrive tutto quanto è stato realizzato e scoperto nei recenti anni di scavo. Affreschi, mosaici, pitture, graffiti, architetture, sontuose domus sono presentati per la prima volta al grande pubblico, insieme ad oggetti di uso quotidiano e alle abitudini di vita degli abitanti di allora. Con stile scientifico e divulgativo l’autore, avvalendosi di immagini, si incammina in una narrazione atemporale, fra i meandri di una città “congelata” al 79 d.C., ma da noi avvertita come straordinariamente prossima.

Il libro esce in seconda edizione nel 2022 ed ottiene il Premio “Elsa Morante” nella sezione saggistica. A presiedere la rassegna è la scrittrice Dacia Maraini.

Nel frattempo, la carriera del professore lucano non ferma la sua corsa. Nel 2020, infatti, ancora il Ministro del Mibact Franceschini gli affida la Direzione generale dei Musei dello Stato. È un incarico di alto prestigio che giunge come giusto riconoscimento per le sue comprovate ed innovative capacità professionali, dirigenziali ed amministrative. Da Direttore generale deve sovrintendere a 480 musei statali italiani e parchi archeologici, coordinare le politiche di gestione, fruizione e comunicazione dei musei statali, garantire un’offerta culturale di qualità accessibile a tutti, e portare a compimento il Sistema Museale Nazionale. Quest’ultimo progetto guarda al futuro. Si basa su una piattaforma virtuale adatta a mettere in rete musei di ogni categoria non solo statali ma anche civici, regionali, privati e diocesani, universitari. Una volta accreditati, tali enti hanno modo di condividere e utilizzare dati, comunicare più agevolmente, operare per una semplificazione degli accessi. Questo punto, in particolare, è molto sentito dal Direttore Osanna, convinto dell’enorme contributo che ha la conoscenza del patrimonio culturale, alla crescita civile di un Paese.

Il nostro, poi, ne vanta un vastissimo che annovera, oltre ai beni archeologici, anche chiese, palazzi, opere d’arte a cui spesso prestiamo poca attenzione, pur avendoli vicini. Renderli noti, invece, è il primo passo verso la consapevolezza di quanto abbiamo che è, d’altronde, la premessa di un’efficace e condivisa valorizzazione e tutela. Da qui l’impegno a renderlo facilmente e diffusamente fruibile, attraverso tecniche di comunicazione moderne e linguaggi diversificati a seconda dei differenti livelli di apprendimento. Con questa visione si allontana l’idea dei musei polverosi e statici, a favore di una concezione dinamica ed interattiva affidata a personale numericamente adeguato e professionalmente preparato. Solo così si riuscirà a trasferire al visitatore la conoscenza ottimale dei beni culturali e il patrimonio emozionale che racchiude.

Massimo Osanna, ormai, è l’orgoglio lucano e lo è maggiormente per la sua città che lo omaggia con una onorificenza mai deliberata prima. Nel 2021 l’amministrazione comunale di Venosa gli conferisce le chiavi della città in una cerimonia all’interno del Castello Pirro del Balzo.

Nel 2022 esce “Il mondo nascosto di Pompei” (Ed. Rizzoli). Nel libro, scritto con Luana Toniolo, emerge il tema della protezione del patrimonio archeologico, e in generale culturale, da chi agisce nella clandestinità per trafugarlo. Il saggio si concentra sulla campagna di scavo condotta, dai ricercatori del Parco Archeologico di Pompei, a Civita Giuliana località situata oltre le mura di Pompei. E, in particolare, su una villa antica studiata già agli inizi del Novecento. L’attività si contrappone a quella condotta dagli scavi abusivi, sulle cui “tracce”, si sono mossi gli archeologi del direttore Osanna, su sollecitazione della Procura di Torre Annunziata, intenzionata ad interrompere gli illeciti.

Tra l’entusiasmo della scoperta e l’amarezza di non essere arrivati in tempo, si sviluppa il lavoro degli autori che, attraverso questa pubblicazione, provano a condividere i momenti di quella che è prima di tutto, una passione.

Nel 2022 La “Foundation for Italian Art & Culture” gli conferisce a New York, il FIAC Excellency Award, premio assegnato annualmente ad una personalità del nostro Paese che si è distinta per la promozione del dialogo culturale tra Italia e Stati Uniti. La FIAC, fondata nel 2003, è un’organizzazione non profit che si propone l’obiettivo di favorire la conoscenza del patrimonio artistico italiano oltreoceano, portando nei musei americani alcuni grandi capolavori e, in certi casi, favorendone il restauro.

Ancora nel 2022, il Direttore riceve, nella sua edizione inaugurale, il Premio Appennino 2030 fest, ideato e promosso dalla Fondazione Appennino di Montemurro (PZ).

Massimo Osanna è la prova che la determinazione, la costanza, la passione sono il motore che spinge verso il raggiungimento degli obiettivi. Una lezione che ci consegna il professore lucano, fermamente convinto che la vita è un insegnamento continuo. Il dialogo, il confronto, poi, sono indispensabili per la crescita professionale ed umana, come lo è lo studio a cui ci si deve approcciare con continua dedizione. Dello stesso parere era il padre del suo antico concittadino, Orazio. Un liberto pare benestante, che cercò per il figlio la migliore istruzione a Roma.  Quel credere nell’alto valore della cultura del padre, e quella abnegazione per lo studio del figlio, consegnarono il poeta venosino alla Storia. Orazio stesso ebbe a dire: “Là dove l’Ofanto strepita violento, diranno che io, da umile divenuto grande, per primo ho composto su ritmi italici i carmi greci …” (ODI III,30).

Anna Mollica

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • MASSIMO OSANNA Santuari e culti dell’Acaia antica, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1996
  • MASSIMO OSANNA, LUCIA COLANGELO, GIANFRANCO CAROLLO (a cura di) Lo spazio del potere. La residenza ad abside, l’anaktoron, l’episcopio a Torre di Satriano, Osanna Edizioni, Venosa (PZ), 2009
  • MASSIMO OSANNA, VINCENZO CAPOZZOLI (a cura di) Lo spazio del potere II. Nuove ricerche nell’area dell’anaktoron di Torre di Satriano, Osanna Edizioni, Venosa (PZ), 2012
  • MASSIMO OSANNA Il tempo ritrovato. Le nuove scoperte, Rizzoli libri, Segrate (MI), 2019 – 2022
  • MASSIMO OSANNA Il mondo nascosto di Pompei”, Rizzoli libri, Segrate (MI), 2022

 

 

LINK

POTREBBE INTERESSARTI