RISPOLI CAROLINA

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RISPOLI CAROLINA

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Melfi 9 maggio 1893 – Roma 28 novembre 1991

Scrittrice di molti romanzi spesso ambientati nella sua terra di origine; Quasi mezzo secolo di intensa attività culturale, dunque, che fa di Carolina Rispoli una delle voci femminili più interessanti nella letteratura lucana e, forse, nazionale.

Nacque a Melfi il 9 maggio del 1893 e morì a Roma il 28 novembre del 1991 Fece il suo esordio come scrittrice giovanissima, pubblicando la novella “Lotta elettorale” sulla rivista “Vita femminile italiana, con lo pseudonimo di Aurora Fiore e ricevendo i complimenti della redattrice, Sofia Bisi Albini che la accosto a Grazia Deledda.

Continuò a scrivere su riviste varie. Nel 1916 pubblicò, a soli ventitré anni, il primo romanzo, “ragazze da marito” con prefazione della stessa Bisi Albini. Sette anni dopo, nel 1923 diede alle stampe il suo secondo romanzo “Il nostro destino” che fu molto lodato dalla critica.

Fu poi la volta del libro “Il tronco e l’edera” che risale al 1927, quindi nel 1933 vide la luce “La terra degli asfodeli” e qualche tempo dopo, nel 1938 l’ultimo suo romanzo “La torre che non crolla”, opere ambientate nella sua terra di origine.

Successivamente la Rispoli di dedicò esclusivamente alla scrittura di saggi, influenzata forse dal marito, Raffaele Ciasca (vedi scheda), insigne studioso e sensibile uomo politico. A suo nome è stata intitolata la biblioteca comunale di Melfi.

 

Opere:

  • Ragazze da marito(1916)
  • Il nostro destino(1923)
  • Il tronco e l’edera(1927)
  • La terra degli asfodeli(1933)
  • La torre che non crolla(1938)
  • Uomini Oscuri del Mezzogiorno nel Risorgimento(1962)

La giovinezza di Raffaele Ciasca tra Giustino Fortunato e Gaetano Salvemini (1977)

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Carolina_Rispoli

https://www.aptbasilicata.it/Rispoli-Carolina.1244.0.html

 

Rispoli Carolina

a cura di Giovanni Caserta

Quando Carolina Rispoli fece il suo ingresso in letteratura, aveva appena diciassette anni compiuti. Era nata a Melfi il 19 maggio 1893. La sua prima esperienza letteraria fu una novella, Lotta elettorale, pubblicata sulla rivista “Vita femminile italiana”, anno V, fascicolo V. Uscì con lo pseudonimo di Aurora Fiore e con una prefazione di Sofia Bisi Albini, che nella giovinetta vedeva una nuova Grazia Deledda.

Incoraggiata da quel successo letterario, Carolina Rispoli pubblicava, cinque anni dopo, il 1916, un ampio romanzo che portava il titolo di Ragazze da marito (Milano, Quintieri), in cui si narrava della condizione di cinque sorelle, che, emblematicamente rappresentando la condizione femminile in un paese del Sud, Melfi, suona denunzia e accusa circa la condizione di inferiorità che la donna aveva in una società in cui non c’era posto se non per l’uomo. Il romanzo, in tal modo, nato in provincia e dalla fantasia di una ragazza di paese, acquistava una risonanza notevole nel contemporaneo dibattito femminista. Il libro, peraltro, pur tra lungaggini e alcuni tributi pagati a luoghi comuni, si faceva apprezzare per la novità e il coraggio della denunzia, oltre che per la lingua fluida e facile.

Nel 1922, il 26 aprile, Carolina Rispoli faceva un felice matrimonio, che risolveva anche la sua condizione di donna “da marito”. Lo sposo era Raffaele Ciasca, nato a Rionero in Vùlture nel 1888, giovane di alta cultura e dalle brillanti prospettive, tanto più meritevole, perché di origini umili. Divenuto professore universitario, fu costretto a continui trasferimenti tra Messina, Cagliari, Genova e Roma.

 

 

Letteralmente affascinata dalla figura del marito, Carolina Rispoli cambiò il suo registro di narratrice, innalzando un monumento all’uomo amato, colto ma semplice, spesso lontano dal suo paese, ma sempre legato alle proprie radici, superiore intellettualmente alla sua donna, ma sempre rispettoso della sua dignità. I romanzi successivi della Rispoli, infatti, ruoteranno intorno alla figura di un gentile professore deluso, per cattiveria di altra donna, nel suo amore schietto per l’amica di questa (Il nostro destino, Milano Unitas 1923), o si muoveranno intorno alla figura di Alessandro, ragioniere vissuto a Firenze, che a Firenze preferisce la quiete della sua città di origine, Melfi, cui rimane, in un tutt’uno con una donna del luogo, avvinghiato come l’edera al tronco (Il tronco e l’edera, Milano, Cèschina, 1926).

Con La terra degli asfodèli (Milano, Cèschina, 1933), la scena si sposta a Cagliari, ove una giovane donna arrivata da Melfi, Maria, sposa un giovane professore universitario, che insegna nella stessa Università in cui insegna lo zio della ragazza. Si tratta di un matrimonio su cui vigila la fede religiosa e la quieta accettazione di tutto ciò che la vita in comune comporta. Con La torre che non crolla (Milano, Cèschina, 1938), ultimo romanzo della Rispoli, si passa a Genova. Il protagonista, che ha interrotto una relazione amorosa con una donna del luogo, capricciosa e volitiva, si rifugia a Melfi, suo paese natale, dove sposa una donna tutta buona, umile e paziente. È un matrimonio felice e sereno, che però, purtroppo, viene turbato dal terremoto che sulla cittadina si abbatte nel 1930. La giovane donna muore sotto le macerie, ma il suo bambino sopravvive. Quella nuova vita indica la continuità col passato, come la torre normanna che non è crollata. Il giovane marito, ritrovata la fede religiosa, ha una ragione in più per vivere e rimanere nel suo paese.

La torre che non crolla fu l’ultimo romanzo della Rispoli, che ormai aveva esaurito tutto il suo cammino spirituale e letterario di donna del Mezzogiorno, acquietatasi accanto ad un marito famoso e comprensivo, che ai suoi occhi rimase semplice, nonostante i grandi successi di politico e studioso.

 

Fu infatti senatore del collegio di Melfi dal 1948 al 1958; fu presidente del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione; infine, fu fondatore delle Deputazione di Storia Patria della Lucania e suo primo presidente. Sarebbe morto nel 1975. Due anni dopo, nel 1977, a tanto marito Carolina Rispoli dedicava un saggio, che era, in forma ragionata, la stessa celebrazione, che, indirettamente e allusivamente, ne aveva fatto in vari romanzi. Pubblicava, infatti, La giovinezza di Raffaele Ciasca tra Giustino Fortunato e Gaetano Salvemini. Era la conferma di una certa “costanza” di interessi e di sentimenti intorno a cui, da cinquant’anni, giravano la fantasia e il cuore della scrittrice, che appare, perciò, piuttosto ripetitiva, spesso sopraffatta da intenzioni pedagogiche e moralistiche, non lontana da inutili rigonfiamenti e superfetazioni del racconto, che spesso indugia tra digressioni non necessarie, o si arena in stagnanti acque paesane. Di molte pagine si potrebbe fare a meno. Del resto, che la mano sua fosse stanca già nel 1938, lo dice il fatto che, dopo quell’anno, scrisse ben poco e solo di saggistica. Oltre La giovinezza di Raffaele Ciasca, restano, infatti, Gerardiello (Roma, Sales, 1946), racconto della vita di San Gerardo Maiella e Uomini oscuri del Mezzogiorno nel Risorgimento (Roma, 1962). Il meglio, a guardar bene, si trova sempre e solo in Ragazze da marito, mentre, sul piano ideologico, appare definitivo, e quindi il più completo, La torre che non crolla. Intatta, naturalmente, rimane la serietà dell’impegno e delle intenzioni di una donna che seppe ritagliarsi un posto nel mondo letterario del primo Novecento, nonostante le difficoltà ambientali in cui era costretta ad operare.

Carolina Rispoli è morta, quasi centenaria, il 6 dicembre 1991.

Nata a Melfi nel 1893 nel 1922 sposò lo storico rionerese Raffaele Ciasca.

Venti anni fa, il 28 novembre 1991, assistita amorevolmente dalla figlia Amalia, moriva a Roma Carolina Rispoli quasi centenaria.

Carolina Rispoli è, senza dubbio, una delle rare voci femminili della letteratura lucana. Pur essendo dotata nella poesia ella rinunziò al verso per fare la scelta della prosa. E fu romanziera di successo occupando un posto di rilievo nella letteratura del ’900.

Carolina Rispoli, nata a Melfi il 9 maggio 1893 da Eugenio e Amalia Mancini, rivelò subito grande intelligenza e talento di scrittura. Nel 1911, quando aveva appena 17 anni, pubblicò sulla rivista “Vita femminile italiana”, con lo pseudonimo di Aurora Fiore, una lunga novella, ambientata a Melfi, dal titolo ” Lotta elettorale”. Ebbe notevole successo, tanto che Sofia Bisi Albini, nel presentarla ai lettori, la paragonò a Grazia Deledda.

Nel 1916, a soli 23 anni, diede alle stampe “Ragazze da marito”. Un affresco della condizione femminile meridionale tempo. Si tratta di un lungo romanzo in cui narra la storia di cinque sorelle melfitane: Emilia, Elena, Margherita, Elvira e Amalia, figlie dell’avvocato Forgiele il quale, per le limitate possibilità economiche, poteva consentire solo al figlio maschio, Ciccillo, di studiare e frequentare l’Università. Le cinque sorelle erano destinate, quindi, a condurre vita ritirata in casa, dedicarsi al ricamo nell’attesa di un marito, non importava se bello o brutto, giovane o vecchio, purché in grado di assicurare loro un minimo di sicurezza e di benessere.”

 

La donna meridionale – scriveva in tale romanzo la Rispoli – è abituata da secoli ad amare solamente, a soffrire senza ribellione la signoria e la volontà del marito. Nessuno ha educato e sviluppato in lei le sue qualità individuali, il diritto e la forza di ribellione”. Un romanzo di grande impegno, dunque, di notevole respiro ed interesse, largamente elogiato dalla solita Sofia Bisi Albini e che ebbe meritati riconoscimenti da parte della stampa dell’epoca.

 

Nel 1923 pubblicò ” Il nostro destino”, anch’esso ambientato a Melfi e anch’esso dedicato alla condizione della donna meridionale. ” Ma la trama del romanzo – come scrisse Sergio De Pilato – è per dir così come il pretesto per pagine assai interessanti di vita provinciale, per descrizioni assai vive di scene e di personaggi, per numerose e svariate figure e macchiette”.
Nel frattempo ( il 26 aprile 1922) Carolina Rispoli si era sposata con Raffaele Ciasca di Rionero in Vulture ( 1888-1975 ), storico, economista, professore universitario e senatore della Repubblica (1948-1958) per il collegio di Melfi, che certamente la incoraggiò nella sua attività di scrittrice.
Così, nel 1926, fu pubblicato il terzo romanzo: “Il tronco e l’edera” la cui vicenda si svolge in gran parte a Firenze, anche se il protagonista, il capitano Alessandro Ruvo, parte da Melfi e qui, dopo lunghe peripezie, ritorna per trovare l’amore vero e la serenità.
Così, in una lettera dell’11 ottobre 1926, l’anziano Giustino Fortunato ( 1848-1932) scriveva, fra l’altro, alla giovane scrittrice meflitana la quale aveva inviato all’illustre senatore, il romanzo “Il tronco e l’edera”:

“Dunque, m’è costato leggere l’elegante volume, ognora ammirando, sì ammirando la scrittrice, sotto tanti aspetti originale e vivida di chiarezza e di naturalezza”.

Nel 1933 uscì il romanzo “La terra degli asfelidi” (la Sardegna) in cui esalta la vita di provincia. Ancora nel 1938 pubblicò ” La torre che non crolla”, dedicato al nonno e al padre, entrambi sepolti nel cimitero di Melfi (“Uniti come furono nella vita –scrisse nella dedica – come prego siano nell’eterna pace, così voglio, nella prima di questo libro, un fiore di gratitudine, di ricordo della loro vita di lavoro e di sacrificio”).

 

La torre è chiaro riferimento alla torre di Roberto il Guiscardo, a Melfi, rimasto in piedi dopo il violento terremoto del 1930 (e anche di quello del 1980). Nei due romanzi, come scrisse Tito Spinelli, restano “immutati i contrassegni ideologici nei rapporti di classe, la provincia come fondamento morale, con la sua saggezza e la sua forza, elementi tutti riconducibili alle radici e alle motivazioni di una civiltà, con la quale la scrittrice è pienamente consentanea”.

Successivamente Carolina Rispoli non scrisse più romanzi ma solo tre saggi: “Gerardiello”, 1946 racconta la leggenda di san Gerardo Maiella), “Uomini oscuri del Mezzogiorno nel Risorgimento”, e “La giovinezza di Raffaele Ciasca tra Giustino Fortunato e Gaetano Salvemini”, nel 1977.
Quasi mezzo secolo di intensa attività culturale, dunque, che fa di Carolina Rispoli una delle voci femminili più interessanti nella letteratura lucana e, forse, nazionale.

Carolina Rispoli, morta a Roma il 28 novembre 1991, all’età di 98 anni, è stata sepolta, per sua espressa volontà, nel cimitero del suo paese natale, nella tomba di famiglia ove riposano il nonno e il padre, oltre che il marito sen. Raffaele Ciasca ed il figlio Eugenio Antonio nato a Melfi il 2 febbraio 1931 e morto pure a Melfi il 3 dicembre 1996.

Ad oggi, purtroppo, quasi nessuno si è ricordata di lei e dei suoi meriti letterari.” Non è uscita tuttavia dall’oscurità – ha scritto, fra l’altro, il materano Giovanni Caserta, nel gennaio 1992 dopo aver appreso la morte di Carolina Rispoli, e che della scrittrice melfitana ha tracciato un interessante profilo nel volume “Storia della letteratura lucana” – Edizioni Osanna, Venosa, 1993 -; anzi, se da viva fu scrittrice oscura nel panorama della letteratura nazionale, dove pure meriterebbe un posto, almeno come esponente della letteratura femminile del Novecento, oggi sembra oscura anche nel suo paese, dove non una menzione, non una celebrazione è stata organizzata”.

 

Salvo la lodevole e meritoria opera del collega giornalista Franco Cacciatore che ha fatto, qualche anno fa sulla stampa, ampia ed interessante biografia della sua illustre concittadina.
In effetti, Melfi, pur così orgogliosa del suo glorioso passato ” remoto (i concili papali, Federico II ecc.), non sembra avere altrettanta sensibilità per il suo passato “prossimo” dal quale pure tanto lustro riceve dai suoi non pochi figli illustri. A onore del vero, bisogna riconoscere che l’Amministrazione comunale di Melfi, negli ultimi tempi, ha intitolato a Carolina Rispoli la biblioteca comunale. Però si potrebbe fare di più.

È auspicabile una ripubblicazione delle opere più significative della Rispoli, oggi pressoché introvabili, che vanno ben oltre i limiti di una narrativa regionale. I suoi romanzi, infatti, s’inseriscono in problematiche, ancora oggi non del tutto risolte, delle condizioni della donna meridionale alla ricerca di una giusta collocazione nella vita sociale.

 

Michele Traficante

Basilicata Cultura

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