COCCA GIULIO

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COCCA GIULIO

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Grottole 7 febbraio 1941 – Matera 21 ottobre 2018

Comandante Regionale del Corpo Forestale dello Stato di Basilicata e Puglia, gli fu attribuito dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali il riconoscimento di dottore Agronomo e Forestale Emerito in virtù della brillante carriera a servizio del settore forestale sia per la regione Basilicata che per la regione Puglia.

Giulio Cocca, Ufficiale del Corpo Forestale dello Stato, nato a Grottole il 7 febbraio del 1941 e deceduto il 21 ottobre 2018, ha rappresentato per la Basilicata, e in particolare per la provincia di Matera, un indiscutibile riferimento tecnico culturale per la difesa del territorio e per le politiche ambientali. Appassionato del mondo forestale e rurale sin da bambino, dopo una breve permanenza nel suo paese di origine a cui è rimasto sempre legato, si è trasferito per gli studi ad Avellino dove conseguì licenza media, a Bari presso il Convitto Nazionale Cirillo dove conseguì licenza liceale classica e a Napoli dove si laureò in Scienze Agrarie a Portici. Successivamente conseguì anche la laurea in Scienze Forestali presso la Facoltà di Agraria di Bari.
Da sempre attento allo sviluppo della Basilicata, ha speso le sue energie culturali nel settore forestale dove ha realizzato numerosi progetti di sistemazioni idraulico forestali nell’entroterra lucano che consentono ancora oggi di salvaguardare interi paesi da frane e smottamenti. Non in secondo piano è risultato il lavoro svolto nella protezione civile ottenendo diploma di benemerenza dal Ministro competente per l’attività di soccorso svolta nel novembre 1980 per il terremoto che colpì la terra lucana e nel sociale essendo stato Governatore del Serra Club e Sindaco di Grottole.
Infatti, a corredo dell’importante lavoro svolto nella difesa della comunità lucana attraverso il suo ruolo nel Corpo Forestale dello Stato, ha operato nel mondo del volontariato sociale promuovendo le vocazioni al ministero sacerdotale attraverso la Presidenza del Serra Club di Matera negli anni 1989/91 e diventando poi Governatore del Distretto 73 Puglia e Basilicata 1992/94.
Nello stesso periodo, è stato eletto Sindaco di Grottole, suo amato Comune di origine, nel quale si è speso per rilanciare in ambito nazionale la bellezza del paese stesso, ricco di storia e tradizioni nelle quali ha sempre creduto. Ed è in quel periodo che da Sindaco organizza un concorso di musica classica nel quale si sono esibiti numerosi artisti di rilevanza nazionale.
In sostanza non ha mai abbandonato il suo territorio spendendosi nel mondo della cultura e del volontariato e ricoprendo incarichi lavorativi di rilievo: Capo del Coordinamento Regionale del Corpo Forestale dello Stato della Basilicata, Capo del Coordinamento Regionale del Corpo Forestale dello Stato di Puglia e Capo del Coordinamento Provinciale del Corpo Forestale dello Stato Basilicata di Matera. E la riconoscenza verso un territorio dal quale ha ricevuto tanti encomiabili esempi è stata restituita attraverso la redazione di due libri pubblicati dall’Editore Laterza che si ambientano in Basilicata. Il primo, “La forza della speranza” che parla della vita degli anni ’50 di una Basilicata contadina dove il tempo viene scandito attraverso l’annata agraria e il secondo, “Ambiente e tradizioni fra boschi e popolazioni” dove vi è un resoconto tecnico e sociale di una Basilicata che ha voluto riscattarsi attraverso il lavoro nei boschi e in agricoltura conservando l’integrità del paesaggio che oggi viene speso in termini turistici, paesaggistici e ambientali. Valori, questi, verso i quali ha speso gran parte della sua vita lavorativa a servizio della Basilicata e a tutela di una popolazione che gli ha sempre portato lo stesso rispetto che lui ha restituito nella quotidianità, nel lavoro e attraverso la scrittura che è stata una componente costante della sua vita, in ogni tempo. Da non dimenticare le tante collaborazioni con riviste specializzate del settore, ad esempio Economia e Territorio della quale fu coordinatore, gli articoli pubblicati su quotidiani e periodici e le tante monografie che restano importanti riferimenti per il settore forestale e ambientale.
Raffaele Nigro

https://www.sassilive.it/cronaca/istituzioni-cronaca/si-e-spento-il-forestale-materano-giulio-cocca-il-ricordo-di-vincenzo-viti/..

Si è spento il “Forestale” materano Giulio Cocca, il ricordo di Vincenzo Viti
23 Ottobre, 2018

Si è spento domenica 21 ottobre a Matera all’età di 77 anni il materano Giulio Cocca, già Comandante Regionale del Corpo Forestale dello Stato di Basilicata e Puglia. Nel settembre 2010 Giulio Cocca aveva ricevuto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali un alto riconoscimento nel corso del 13° Congresso svolto nelle città di Bologna, Parma e Reggio Emilia dal 22 al 26 Settembre. A Cocca fu attribuito il riconoscimento di dottore Agronomo e Forestale Emerito in virtù della brillante carriera lavorativa svolta a servizio della pubblica amministrazione sin dal 1967 nella quale ha operato nel settore forestale sia per la regione Basilicata che per la regione Puglia.
Di seguito il ricordo del “forestale” Giulio Cocca a cura dell’ex parlamentare materano Vincenzo Viti.
“Ieri ho voluto ricordare, nella Chiesa di San Paolo, Giulio Cocca, esponente di quel mondo sortito dal paese, vissuto come patria civile e come romanzo di formazione, e approdato poi alle responsabilità regionali e interregionali di guida dell’Amministrazione forestale. Un settore assolutamente vitale nella economia di una regione interna e boschiva.
Ho inteso ricordare una personalità generosa e garbata, testimone di una misura civile ormai rara nel tempo della “dismisura”, agitato dal rancore e dalla violenza verbale.
Un protagonista discreto e operoso, coerente con un’idea di natura non intesa come “suolo sangue e confini” ma come orizzonte umano, come luogo della rigenerazione e perciò come ricchezza da coltivare fuori di visioni estreme e conflittuali.
Giulio Cocca, sia nel servizio civile sia nell’impegno politico, cui è stato più volte chiamato forzando la sua discrezione, ha sempre saputo declinare le virtù del rigore e della offerta di sé con una disponibilità gratuita, generosa che ha lasciato tracce nei mondi che ha frequentato e nelle pagine che ha scritto e nelle quali ha trasferito pagine di diario, osservazioni disincantate e severe sui costumi e sui valori professati talvolta insidiati dalle trasformazioni sociali, insieme con notazioni erudite e curiosità professionali.
Ricordarne figura e lascito morale diviene perciò un dovere della coscienza e della memoria in una città, ma non quella delle istituzioni probabilmente distratta, che invece lo ha voluto salutare non facendo mancare un diffuso e sincero tributo di stima.”

https://giornalemio.it/eventi/giulio-cocca-forestale-per-sempre/..

Ne ricorderemo sorriso, educazione e competenza soprattutto quando si trattava di dire cosa andava fatto e non era stato fatto nella ”Basilicata sulle stampelle” per gestire il territorio, frenarne il degrado dai dissesti idrogeologici all’erosione costiera. Giulio Cocca, scomparso a 77 anni, resterà un ”forestale” per sempre come ci aveva più volte detto quando lo incrociavamo in bici, dopo la pensione, per mantenersi in forma o durante convegni o per la presentazione di libri altrui o propri come “Ambiente e tradizioni fra boschi e popolazioni (1950-2000)” e quello più recente, che abbiamo recensito, come ”La forza della speranza. Ricordi ed emozioni di un lucano”. Lo ricordiamo nella Caserma, ora in abbandono, di via Nazionale a Matera, in un ufficio dall’arredo datato e interamente inventariato, ma in buono stato, tra mappe e foto in bianco e nero di opere eseguite ”a regola d’arte” per regimare le acque dei canali o bloccare le frane, con interventi di forestazione, briglie, scolmatori e via elencando. Ricordava date, importi, luoghi e circostanze, segnalazioni e la lungimiranza della politica del tempo di ascoltare i suggerimenti di quanti – come lui – operavano sul campo e avevano contezza delle cose da fare.”
“I fiumi – diceva – devono fare il loro corso, ma occorre evitare di stravolgerne i corsi, territori. Tutto ha un senso e una funzione, comprese le attività silvo pastorali”. E ci parlava del ruolo delle podoliche, anche se qualche volta scantonavano sui binari della ferrovia creando rischi per sè e per i treni. Era amato dai suoi collaboratori, alcuni dei quali stanno portando avanti una eccellente carriera e altri che abbiamo visto stringersi accanto ai figli, come Carmine che ha seguito gli insegnamenti paterni e l’amore per il territorio.
Don Giulio, come lo chiamavano in tanti, si era impegnato anche in politica nelle fila della Dc ed era stato sindaco di Grottole (Matera) negli anni Novanta. Aveva contribuito alla nascita di testate specializzate come ”Economia&Territorio” edita da I.E.M srl per l’ex Consorzio dei Comuni non montani e redatto note interessanti per gli speciali di varie testate dal settimanale Città domani a Basilicata Regione. Lo ricordiamo impegnato anche nelle attività di associazioni come il Serra Club.
Se n’è andato un pezzo della storia del Corpo Forestale dello Stato della Basilicata e del Mezzogiorno, prima che la riforma ”voluta dall’alto” decidesse altro posizionamento. Lo ricorderanno in tanti, per le attestazioni e i riconoscimenti ricevuti come dottore Agronomo e Forestale Emerito in virtù della brillante carriera lavorativa, svolta a servizio della pubblica amministrazione sin dal 1967 nella quale ha operato nel settore forestale sia per la regione Basilicata che per la regione Puglia. E l’articolo che riproponiamo ne confermano competenze e attenzione alla tutela del territorio.

EROSIONE COSTIERA E RIMBOSCHIMENTO
di Giulio Cocca da “Basilicata Regione”

Il rapporto fra l’uomo e il territorio, da sempre, è stato difficile e laborioso, passando da un uso indefinito e senza particolari regole e comportamenti ad un uso più ragionato ed ispirato e legato a rigorosi parametri di gestione.Tutto questo, allo scopo di evitare sconvolgimenti o degradi irreversibili e dannosi per la stessa sopravvivenza dell’uomo. In questa ottica si inserisce il problema dell’arretramento delle coste lungo il litorale jonico di Basilicata e interessa non solo gli operatori turistici e rurali della zona, ma l’intera comunità.
Esso, al momento, ha assunto una rilevanza non più trascurabile in quanto gli effetti negativi dell’arretramento delle coste si concretizzano nell’avanzata delle acque del mare, nell’erosione delle coste e nel danneggiamento delle bellissime spiagge sabbiose del Mar Jonio, con grave pregiudizio per gli investimenti e i territori retrostanti i quali sono collegati con le aree più prossime al mare da strettissimi nessi non facilmente distinguibili e selezionabili.
Gli oggetti economici più a rischio, di fronte a tale emergenza, sono, soprattutto, le strutture turistiche e le bellezze naturali, fonti inesauribili di ricchezza e di benessere economico, qualora vengano amministrate saggiamente e con idee più chiare e lungimiranti. L’intero problema della aggressione del mare nei confronti del territorio va, certamente, risolto attraverso una più stretta relazione di studio fra le dinamiche delle acque marine e quelle fluviali, concertando un più stretto confronto su basi razionali e su più approfondite riflessioni.
Al riguardo, però, pur condividendo che il controllo e la disciplina dei parametri di governo delle acque marine e delle acque fluviali sono essenziali ed importantissimi per assicurare un valido contributo e concorso per la soluzione delle questioni delle quali si discute, ritengo che il problema vada affrontato attraverso una analisi ed una riflessione di maggiore portata e di più vasta valenza che coinvolga altre componenti che, seppure più modestamente influenzano comunque, il comparto in maniera positiva.
Volgere l’attenzione alle dune marine, dando ad esse una maggiore consistenza, può costituire un ausilio maggiore per la difesa delle devastanti forze che tendono a favorire e a facilitare l’avanzata del mare. Al momento l’erosione delle coste, probabilmente, non è né maggiore e né minore di quanto si è verificato, mediamente, nel passato.
Pur tuttavia, le preoccupazioni e l’allarme sono al di sopra del livello di guardia per amministratori, imprenditori e comuni cittadini che operano nei vari settori lungo il litorale jonico di Basilicata in quanto l’avanzata delle acque marine mette a rischio i notevoli investimenti, di carattere pubblico e privato, che negli ultimi decenni sono stati attuati lungo l’intera fascia costiera metapontina.
Percorrendo i circa 40 chilometri di costa, si ha modo di osservare come le onde del mare, in più punti, minacciano o, ancor peggio, hanno gia distrutto, strutture turistiche e attività sociali di carattere pubblico e privato senza che alcun efficace strumento o schema difensivo possa aver avuto modo di essere realizzato e abbia, quindi, potuto sperimentare e manifestare la sua efficacia e capacità di contenimento. Sicché l’allarme, alla luce delle nuove situazioni e condizioni create dall’uomo, effettivamente, è evidente ed obiettivo.
A maggior rischio sono tutte quelle innumerevoli strutture pubbliche e private, soprattutto di carattere turistico, localizzate in prossimità della battigia.
È doveroso far rilevare, però, che la pubblica amministrazione già nel passato aveva colto l’interesse su questo problema e attraverso il Corpo Forestale dello Stato, nell’immediato dopoguerra, aveva avviato una serie di interventi di sistemazione idraulico-forestale finalizzati alla difesa delle attività rurali che si avviavano verso una forte politica di trasformazione e di miglioramento fondiario nell’ambito della piana metapontina.
L’azione difensiva espressa dal popolamento arboreo forestale posto in opera aveva lo scopo principale di difendere gli insediamenti rurali e le colture dal sorrenamento operato dalle sabbie molto mobili e di costituire una valida ed efficace barriera frangivento contro le brezze marine cariche di salsedine. Nel contempo, si valorizzò un suolo non utilizzato e si migliorò un ambiente che mai nessuno, a quel tempo, pensò che, successivamente, sarebbe stato al centro di grandi e rilevanti attività turistiche e ricreative. La fissazione delle dune, originariamente instabili e molto mobili, rappresentò il primo problema da risolvere per assicurare l’attecchimento della vegetazione erbacea, prima, e arborea, poi. Il tutto fu impostato nell’ambito di una logica che teneva conto del dinamismo della linea di spiaggia, legato, strettamente ed indissolubilmente, alle azioni idriche sotterranee della terra ferma e, parimenti, all’idrodinamismo di carattere marino.
Il rimboschimento delle dune e la sistemazione di esse rappresentavano, in quel momento, il nodo intorno al quale poteva stabilizzarsi un equilibrio. La pubblica opinione non si sentì coinvolta, se non fosse stata interessata dalla occupazione che ne derivò. La pubblica amministrazione, invece, pur adottando il programma, lo inquadrò, più che in una rigorosa visione di controllo costiero, nell’ambito delle finalità e degli scopi che la pianificazione e la trasformazione fondiaria, che nell’immediato dopoguerra si stava attuando, volevano perseguire in applicazione delle leggi disciplinanti la bonifica integrale. Il diverso ragionamento e la diversa visione dei problemi, tanto da parte della pubblica opinione quanto da parte delle amministrazioni, è da porre in relazione alla forte differenza di interessi esistente fra la esigenza sociale ed economica dell’immediato dopoguerra rispetto alle esigenze attuali. L’instabilità della linea di spiaggia che si evidenzia attraverso l’alternanza, nel tempo, fra l’arretramento e il ripascimento, a causa del trasferimento di materiale, è, come prima si è detto, un problema antico che non ha mai creato grandi difficoltà.
L’assenza di sensibilità nei confronti dell’aggressione del mare, che in passato si è pure verificato, si giustifica per la inesistenza quasi assoluta, in quell’epoca, di insediamenti turistici e sociali in prossimità delle coste. Lo studio e il controllo della linea di spiaggia erano appannaggio esclusivo e riservato a studiosi e agli addetti ai lavori.
È fuori di dubbio che allora erano prioritari ed essenziali altri interessi, collegati alle trasformazioni fondiarie e al miglioramento delle condizioni sociali nei centri abitati e nel campo rurale. Tali interessi, di grandissima e fondamentale importanza prevalevano su ogni altra attività o iniziativa, in quanto costituivano un caposaldo importante per lo sviluppo che, successivamente, si è verificato lungo l’intero arco meta pontino della Regione Basilicata.
È rilevante, poi, sottolineare che nell’immediato dopoguerra pochissime persone si recavano in vacanza durante il periodo estivo, a mare e non vi erano insediamenti turistici o di altro regime economico, fissi, o anche precari, in prossimità delle coste. In conseguenza, nessun concreto problema si poneva alla gente qualora la linea di spiaggia arretrasse o avanzasse di qualche metro in più o in meno rispetto a qualche eventuale punto preso a riferimento.
Pur tuttavia, per gli addetti ai lavori, già nell’immediato dopoguerra si ponevano i problemi che, collegandosi alle attività sociali e rurali che si dovevano sviluppare lungo la fascia interna metapontina, evidenziavano e conducevano alla necessità di dover fermare la duna marina in continuo movimento e in possesso di un elevato grado di instabilità e dinamismo. La forza dei venti, l’azione del mare, la mancanza di copertura vegetale, la scioltezza e l’incoerenza delle sabbie marine erano le cause principali che generavano la mobilita delle dune sabbiose e potevano creare grandi difficoltà alle attività agronomiche e agli insediamenti umani che dovevano svilupparsi nell’entroterra, anche attraverso lo smeriglia mento operato sulla vegetazione agraria. Le dune assumevano forme e sezioni caratteristiche in dipendenza dello spirare del vento dominante. La loro disposizione a codoni, perpendicolari al vento principale, era modificabile facilmente e nel loro moto, a volte per diecine di metri all’anno, potevano sommergere strutture realizzate dall’uomo.
Sicché si ritenne di intervenire lungo tutto il litorale con la realizzazione di opere di difesa idrogeologica e di sistemazione forestale aventi lo scopo di fissare le dune marine, inerbire la prima fascia prospiciente il mare e, immediatamente dopo, far affermare la vegetazione arborea.
Tutte queste opere, ideate e progettate dal Corpo Forestale dello Stato furono attuate nell’ambito di un più vasto disegno tecnico integrato, ove la trasformazione fondiaria per concretizzarsi razionalmente aveva la necessità di collegarsi al riassetto territoriale, inteso e attuato nella sua più ampia accezione.
L’attività si iniziò, in prossimità del mare, con la fissazione delle dune che avvenne attraverso la realizzazione di cannucciate, graticciate ed altre rudimentali barriere e con lo scopo, anche, di proteggere le giovani piantine dall’azione del vento e dallo smerigliamento operato dalla sabbia trasportata.
Durante la stagione estiva la aridità è stata sempre notevole sicché, per assicurare l’attecchimento, le piantine furono soccorse con adacquamenti, utilizzando acqua riveniente da improvvisati pozzi realizzati sul posto.
Tutte le specie utilizzate avevano caratteristiche di spiccata resistenza alla aridità, alla facilita di attecchimento, alla frugalità, Rimboschimento litoraneo di conifere realizzato su mazzuoli, allo scopo di affrancarlo dalla salinità dell’acqua affiorante, e distrutto dal fuoco alla salinità e alle notevoli difficoltà della stazione.
Fra le specie più importanti e diffuse vanno ricordate la Psamma Arenaria, Arundo Donax, Tamarix Gallica e numerose specie erbacee appartenenti alla famiglia delle graminacee, ciperacee, chenopodiacee, crocifere, cariofillacee, ombrellifere.
L’affermazione di detta vegetazione oltre a consentire la fissazione della sabbia, assicurava un relativo stato di freschezza al suolo, molto utile per quelle piante più esigente che, contestualmente ad esse stesse, venivano poste a dimora.
Dopo aver conseguito un primo consolidamento delle dune con l’intervento e l’impiego della vegetazione indicata si avviò la costituzione, più internamente e immediatamente dopo, di una fascia vegetale che doveva costituire il vero baluardo difensivo per il rimboschimento litoraneo che si intendeva realizzare a difesa del metapontino.
Si posero a dimora arbusti e piante arboree, anche esse, dotate
di alta resistenza alla ingrata stazione. Si piantò, principalmente, Acacia saligna, Juniperus Oxycedrus, Pittosporum Tobira, Pistacia Lentiscus.
Tutte queste piante oltre a possedere una notevole capacità di resistenza, posseggono una forte potenzialità di recupero di fronte a possibili e frequenti situazioni estreme e di emergenza, e, a volte anche esiziali.
La più vasta area, posta più internamente e costituente il vero e proprio rimboschimento, fu interessata dalla piantagione di essenze arboree, in prevalenza, Eucaliptus Camaldulensis, Eucaliptus globosus, Pinus Pinea, Pinus Pinaster, Pinus Halepensis, Pinus Brutia, Pinus Canariensis, Cupressus macrocarpa, Cupressus arizonica e qualche fenotipo di casuarina e myoporo.
In alcune aree, ove la falda del mare affiorava, si fece ricorso alla mazzuola tura per porre le piantine in condizione di affrancamento dall’acqua e dalla salinità marina. Ove questa operazione non fu possibile realizzare si favorì la conservazione dell’habitat naturale preesistente. L’intero complesso boscato, così come è stato composto e realizzato, si è sviluppato con positivi risultati ed ha estrinsecato tutte quelle funzioni che i progettisti avevano indicato fra gli obiettivi prioritari
del programma. Da alcuni anni, purtroppo, a causa di una mancata serie di interventi
manutentori, l’intero comparto boscato è sottoposto all’attacco indiscriminato
di agenti patogeni e parassitari che mettono a rischio la validità e la funzione dell’area boscata di cui si tratta.
È necessario che la pubblica amministrazione si renda pienamente conto dell’importanza che il
complesso forestale litoraneo riveste nei confronti della difesa idrogeologica, oltre alle altre importanti funzioni. Non si può abbandonare agli eventi distruttivi un patrimonio che per la sua sopravvivenza richiede interventi di manutenzione e conservazione relativamente modesti, rispetto agli altissimi costi che furono sostenuti per la originaria sistemazione.
Esso rappresenta ancora l’unica difesa terrestre esistente che, nonostante
tutto, continua a confrontarsi ed a combattere contro le onde marine, quanto mai, aggressive e devastanti.
L’auspicio è che una azione programmatica integrata e combinata, che
tenga conto delle interferenze e delle azioni dinamiche che emergono dal
mare e dalla terra ferma, sviluppi un pensiero e una filosofia di intervento capace di governare e controllare un evento della natura che, in mancanza di adeguate misure di controllo, potrebbe compromettere una economia che è fortemente tesa a conseguire un grado di efficienza e di operatività di notevole interesse e spessore.

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