SQUITIERI ITALO

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SQUITIERI ITALO

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Potenza, 10 febbraio 1907 – Cortina d’Ampezzo (BL), 28 dicembre 1994

Pittore famoso con numerose mostre nelle più rinomate gallerie italiane ed estere: Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma, e poi Londra, Berlino, Dusseldorf, Monaco, Francoforte, Ginevra, Zurigo e Parigi, città questa dove incontra intellettuali ed artisti come Chagall, Cocteau, Max Ernst, Severini, Camus, Picasso e Braque. Stretta è l’amicizia con Hemingway, più volte soggetto dei suoi dipinti, poi consolidata a Cortina, dove l’artista lucano deciderà di risiedere stabilmente.

Italo Squitieri, pittore, nasce a Potenza il 10 febbraio del 1907. Inizia a dipingere già da bambino ma questa sua inclinazione non è ben accetta dalla famiglia, soprattutto dal padre, imprenditore edile, che immagina per il figlio un futuro da ingegnere. Ancora adolescente va a Pavia dove, completati gli studi superiori, si iscrive alla Facoltà di Ingegneria. Sembra tutto definito ed, invece, ecco riaffiorare la sua pittura, nel frattempo mai dimenticata. Nella città sorta sulle sponde del Ticino, Italo trova il modo di dedicarsi seriamente all’arte frequentando, sebbene non iscritto, le lezioni di Giorgio Kienerk, storico insegnante e direttore della Civica Scuola di Pittura di Pavia.

Oramai il suo futuro è segnato. Presto lascia l’università per trasferirsi nella vicina Milano, dove inizia a frequentare la prestigiosa Accademia di Brera. Per dimensioni, vivacità e spirito innovativo, la città è considerata una capitale europea sotto più punti di vista, compreso quello artistico come testimoniano le tante mostre allestite nelle sue prestigiose gallerie. Qui vengono esposte, tre le altre, opere di Felice Casorati, Carlo Carrà, Ferruccio Ferrazzi, Mario Sironi. Quest’ultimo, poi, significa tanto per il giovane lucano il quale lo sceglie come maestro, abbandonando gli iniziali interessi per l’Impressionismo e il Futurismo per seguirne le orme. Intanto si guadagna da vivere realizzando pannelli decorativi, illustrazioni per libri e cartelloni pubblicitari, continuando sempre a praticare la pittura.

La frenetica vita milanese, tuttavia, non ha oscurato il ricordo della sua città alla quale torna spesso. Nella familiarità del suo territorio e dei suoi ambienti trova l’ispirazione per dipingere, tra gli altri, paesaggi e donne lucane. A Potenza, inoltre, rivede il medico Federico Gavioli, amico e suo convinto mecenate che, credendo nelle sue capacità, oltre a commissionargli affreschi per la clinica, lo sprona ad allestire mostre collettive e personali in città. Nel 1927 Italo, insieme ad altri artisti lucani, partecipa alla collettiva di pittura allestita nel foyer del teatro “Francesco Stabile” che ottiene un buon riscontro di pubblico. Tre anni dopo, in un palazzo della centralissima piazza Sedile (oggi piazza Matteotti), espone la sua prima personale i cui toni sono ancora quelli tipici dell’Impressionismo e del Futurismo. Anche se giovanissimo è già un valido esponente della cultura lucana. Con l’amica e conterranea Italia Volpiana, attrice nota con il nome d’arte Neda Naldi, presenta libri e collabora ad attività culturali. Nel ’31 entrambi partecipano alla “prima serata di arte futurista” presso il Circolo Lucano del Littorio di Potenza.

Si può, dunque, affermare che, tra gli anni Venti e Trenta, ha inizio la sua scalata artistica. Le mostre successive fino al 1930 consegnano all’artista lucano una buona notorietà tra la critica e gli ambienti del collezionismo, tale da renderlo uno dei migliori giovani talenti italiani. Nel 1929 brilla alla Prima Mostra nella Galleria “La Permanente” di Milano ed espone alla Mostra Sindacale di Napoli mentre, l’anno dopo, allestisce una Personale nella Galleria “La Barcaccia” di Roma.

A questo punto si trasferisce a Roma ma, nel 1931, il fratello Aurelio lo chiama a Beirut presso l’Ambasciata italiana in Libano. La sosta si protrae per cinque anni durante i quali viaggia tantissimo, spingendosi oltre l’Asia Minore, verso est. Il suo peregrinare lo porta ad apprendere culture antichissime, a vedere nature incontaminate abitate da popolazioni che vuole conoscere da vicino. Un’attrazione inesplicabile lo induce a cercare nelle pietre il fascino del loro lontano passato, attraversato da raffinate civiltà che, proprio le pietre hanno consegnato alla Storia. Assiri, Babilonesi, Sumeri. E poi c’è l’antica Petra, in Giordania, l’emozione più grande, città che porterà sempre nella mente e nel cuore e che, molti anni dopo, illuminerà una delle sue opere più belle. Squitieri dipinge cose e persone che incontra lungo il suo cammino ed espone anche, accrescendo la fama che diventa sempre più internazionale.

Nel 1936 rientra a Roma dove apre uno studio in Via Margutta, presto punto di riferimento di tanti autorevoli esponenti della cultura del tempo. Tra di loro vi è il pittore Mario Mafai, il regista Mario Massa, l’attore Marcello Mastroianni, il poeta Eugenio Montale e l’editore lucano Renato Angelillo, futuro fondatore e direttore del quotidiano “Il Tempo” con cui stringe una forte amicizia.

Da ora in avanti si apre per lui una stagione ricca di incontri, grazie alle numerose mostre nelle più rinomate gallerie italiane ed estere: Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma, e poi Londra, Berlino, Dusseldorf, Monaco, Francoforte, Ginevra, Zurigo e Parigi, città questa dove incontra intellettuali ed artisti come Chagall, Cocteau, Max Ernst, Severini, Camus, Picasso e Braque. Stretta è l’amicizia che instaura con Hemingway, più volte soggetto dei suoi dipinti, poi consolidata a Cortina, dove l’artista lucano deciderà di risiedere stabilmente.

Nel 1940 l’intensa attività artistica si ferma poiché viene arruolato nella Seconda Guerra mondiale, terminata la quale, lascia Roma per trasferirsi in un luogo più tranquillo in cui riordinare i pensieri maturati nelle straordinarie esperienze vissute in giro per il mondo. La proposta giunta dal collezionista d’arte Mario Rimoldi di andare ad abitare nella sua cittadina, Cortina d’Ampezzo, lo alletta. E così parte alla volta delle Alpi bellunesi. Da adesso, la sua vita artistica si svolgerà all’ombra di queste altere montagne che non fatica ad accostarle ai suoi luoghi natii, alle alture di Potenza, alle atmosfere lucane che lo hanno sempre accompagnato, sin da ragazzino quando fu costretto ad allontanarsene.

Le tele diventano gli specchi di quei paesaggi e di tutto ciò che la sua memoria gli restituisce in termini di immagini e sensazioni provate ovunque sia stato. Colori e forme danno vita ad una pittura di rara profondità dai contenuti, a seconda dei casi, non sempre familiari, soprattutto se riferiti a luoghi geograficamente lontani. Solo lo sfondo alpino ridimensiona le distanze e le differenze, grazie ai toni più definiti e conosciuti del cielo, della roccia, dei prati, dei fiori, facendosi, inoltre, base di partenza per ulteriori mostre in Italia e all’estero. Espone a Zurigo, Vienna, Monaco, Parigi, Beirut, Damasco, Aleppo, Il Cairo, Alessandria d’Egitto, Rodi e Gerusalemme.

Rinomato luogo di vacanza, Cortina d’Ampezzo richiama un turismo d’élite con cui l’artista lucano prende presto confidenza.  Ritrova, come già detto, Hemingway, che torna spesso in questa località. È poi amico di Arnoldo Mondadori, Malaparte, della pittrice Colette Rosselli (parente dei famosi Carlo e Nello Rosselli) e del marito Indro Montanelli la cui firma compare, al pari di quella di tanti giornalisti anche esteri, sotto i numerosi articoli a lui dedicati.

Tra il 1955 e il ‘56 partecipa alla VII Quadriennale di Roma, un’imponente evento che, tramite gli oltre mille espositori, vuole offrire una visione complessiva dell’arte italiana.

Italo Squitieri, ormai, è in piena maturazione artistica. A 50 anni elabora un espediente figurativo con cui comunicare quel mondo di miti che, partendo dalle origini delle civiltà arriva fino al presente. Dà vita, quindi, ai cicli pittorici, insieme di dipinti a tema di cui il primo ha per titolo “ARCAICO”. Siamo nel 1956 e fino al 1973, il suo universo pittorico celebra la Lucania attraverso volti e luoghi caratteristici di una terra che è riuscita a conservare il fascino di antiche genti e che, proprio per questo, rende possibile ricostruirne il vissuto. Dalla Magna Grecia in avanti, il pittore lucano fa sì che ogni sua opera ricalchi l’aurea di arcaico presente negli atteggiamenti delle persone, nelle case spesso diroccate, nei diversi paesaggi, elementi di un mondo portato dentro e che ora rievoca con orgoglio e tenerezza.

Nel periodo compreso tra il 1973 e il 1979 Squitieri realizza “IL POTERE”, secondo ciclo pittorico composto da 26 dipinti. Qui il cambiamento con il filone precedente è netto. A “parlare”, adesso, è il senso di disagio per il declino morale vissuto dalle società contemporanee compresa quella italiana. Tele dai toni ironici restituiscono una realtà dove la tecnologia, i nuovi costumi e fenomeni hanno preso il sopravvento nella società definita del benessere. Miti come l’automobile, l’industria, i sindacati, la moda, per citarne alcuni, dominano l’agire delle persone, assoggettati ad un potere dai mille volti senza nemmeno esserne consapevoli. L’artista rappresenta tutto questo con la bonomia di chi non vuole giudicare ma solo evidenziarne il sottofondo grottesco, al fine di ridestare il senso di discernimento su cose o situazioni create dalla mente umana, richiamata a riprenderne il controllo. L’imponente opera, nota in tutto il mondo, ispira un libro curato da Italo Sesti che esce nel 1978.

Dopo circa cinquant’anni dal viaggio tra gli incanti mediorientali, l’artista lucano realizza “PETRA”, ciclo pittorico dedicato all’antica città giordana dei Nabatei. Diciotto tele dipinte tra il 1979 e il 1985 rendono omaggio alla città senza tempo di cui serba ancora l’emozione, resa ancora più forte dalla similitudine con i Sassi di Matera. Quel mondo raggiunto attraversando il deserto assolato, al seguito di una carovana di mercanti cammellieri e visitato per 22 giorni, rivive in disegni e dipinti realizzati allora, ma custoditi lontano dagli sguardi del mondo. Una ritrosia dovuta al senso di protezione verso sensazioni che l’artista vuole tenere solo per sé ma che, tuttavia, viene superata in seguito ad un secondo viaggio a Petra dove, con rammarico, nota un turismo di massa che ne ha cambiato il volto e stravolto le secolari atmosfere. Da qui l’esposizione di quei dipinti e disegni, un richiamo alla sensibilizzazione nella speranza di poter preservare l’originaria essenza di questo micro cosmo che, l’isolamento e le condizioni fisiche, hanno protetto nei millenni.

Nel 1985 realizza “IL PRECARIO”, ultimo ciclo pittorico dedicato alla caducità della vita e all’inutile corsa verso ambizioni dalla felicità solo apparente. In questo effimero contesto, l’artista prova con le sue opere ad interrogarsi sul domani e su quali basi si dovrà progettare il futuro.

Nel 1989 torna a Potenza dove, presso lo storico edificio della Biblioteca Provinciale, espone il lavoro che lo ha consegnato alla storia dell’arte. I 26 quadri di ‘Potere’ tornano a manifestarsi al pubblico in quella che è la sua ultima personale.

Italo Squitieri muore il 28 dicembre 1994 nella sua villa di Cortina d’Ampezzo, fra i monti innevati che lo hanno adottato. Il “pittore che costruisce”, come amava definirsi, lascia i suoi disegni, i suoi dipinti, le sue poesie con cui ha comunicato i propri pensieri e valori, il proprio modo di vedere il mondo. Un mondo “pietrificato”, “scolpito” dentro tele in cui, l’alternanza di colori caldi e freddi, ha contribuito a definire la realtà naturale o artificiale del mondo, sempre osservato con scrupolosa attenzione. Con sguardo indagatore è andato alla ricerca di dettagli, particolari attraverso cui scendere nell’essenza delle cose per poi risalire al contesto incanalato in miti, abbiamo visto, non sempre edificanti.

La pietra, dunque, come cifra distintiva di un modello artistico che esalta la monumentalità della Storia, la granitica presenza della Natura, la salda dignità delle persone, la ferma disarmonia di egoistici propositi. Ma anche disegni dal tratto deciso, realizzati su ogni pezzo di carta disponibile, al fine di immortalare il momento.

“Il cavallo di Metaponto” è il libro, pubblicato per volere del fratello Ugo, che raccoglie appunti autografi della vita dell’artista lucano, le cui opere possono essere ammirate, fra gli altri, nei Musei Civici di Padova, nel Museo d’arte moderna “Mario Rimoldi” di Cortina d’Ampezzo e nella collezione d’arte della Banca Carime.

Nel 2017 nel Catello di Lagopesole (PZ), residenza estiva dell’imperatore Federico II di Svevia, viene allestita la mostra “PETRA: la città rosa degli arcani misteri di Italo Squitieri”. È la prima volta che la Basilicata, la sua Lucania, ospita le diciotto tele di questo suo incantevole periodo artistico.

Anna Mollica

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