LABRIOLA GINA

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LABRIOLA GINA

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Chiaromonte (PZ), 23 settembre 1931 – Aubagne (Francia), 2 aprile 2011

Poetessa, scrittrice, pittrice di fama internazionale, docente universitaria, ha lavorato presso l’Istituto Italiano di Cultura di Teheran ed è stata collaboratrice dell’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente.

Gina Labriola nasce a Chiaromonte, in provincia di Potenza, il 23 settembre del 1931. Il suo futuro pare essere stato scritto proprio allora. Appena nata, infatti, qualcosa “va come non doveva andare”. Secondo un’antica usanza del suo paese, se si nasceva femmina bisognava buttare un po’ d’acqua del primo bagnetto nel focolare, se maschio per strada. Tale pratica rimarcava il logico destino che attendeva i nascituri: la casa e le faccende domestiche per le bambine, lavori fuori casa o in giro per il mondo per i bambini. Ebbene, per la piccola Gina le cose si invertono. Vuoi per distrazione, vuoi per la concitazione del momento o per la confusione generata dalle troppe persone presenti in casa, l’acqua viene versata oltre l’uscio di casa. E adesso? Sarà stata una curiosa coincidenza ma è un fatto che Gina, crescendo, vivrà oltre le mura domestiche, tra Chiaromonte e il mondo, sempre in viaggio tra Paesi ricchi di storia e mitiche città. Tra culture diverse alla continua ricerca delle fonti ispiratrici della sua brillante opera letteraria.

Studia all’Università di Bari laureandosi in Lettere classiche. Da adesso in poi abiterà in posti ogni volta diversi anche se la sua residenza abituale è Parigi, in un appartamento da cui ammira la collina di Montmartre. Da qui si sposta verso Est. Vive dal 1962 al 1973 in Iran lavorando per l’Istituto Italiano di Cultura di Teheran e, in qualità di lettrice, per la locale l’Università.

Diventa collaboratrice dell’IsMEO, Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente, e corrispondente dell’ANSA. Negli anni ‘70 torna in Europa per vivere prima in Spagna, precisamente a Barcellona, e nuovamente in Francia, dove insegna Lingua e Letteratura italiana all’Università di Rennes II, attività che svolge per oltre quindici anni fino al 1994.

Nel frattempo, sposa Fernando Caruso e con lui va in Persia dove incontra la regina Farah Diba, moglie dello Sciàh Reza Pahlevì.

Ha tre figli Alessio, Dario e Valerio che raggiunge appena può nelle città europee dove abitano. Tuttavia, torna spesso a Chiaromonte, nella casa di famiglia, che ha ristrutturato, e dove ha allestito uno studio molto particolare ricavato dall’antico catoio (magazzino) da lei ribattezzato “cat-atelier”. Qui, in questo suggestivo spazio condensa il suo universo conosciuto. Un universo in miniatura dove cimeli di vari paesi risaltano accanto a quelli della tradizione chiaromontese, a significare una continuità tra mondi eterogenei ma pur sempre appartenenti ad un unico pianeta. In questo suo regno, dipinge. Con pitture o ricami fissa sulla seta meravigliosi colori ed anche poesie. Lei stessa ne compone affidandosi ad un estro tutto suo, profondo, divertente e stilisticamente elegante.

Con questo timbro sigilla anche i suoi racconti, sorretti a loro volta dalla “nuvola” poetica che li eleva verso livelli di spiritualità laica che, altro non è, che l’amore per le cose, per la natura. Cantastorie si definisce, non poetessa, e proprio le storie connotano la sua produzione letteraria, tradotta in francese, spagnolo, inglese e persiano. Storie di altre terre e della sua terra da tramandare nel passaggio generazionale che le rende eterne.

Nel 1972 pubblica “Istanti d’amore ibernato” (Ed. Laterza), la sua prima raccolta poetica con cui prova a comunicare pensieri, ricordi, sogni, sentimenti, presentimenti, ma anche malinconia. Il volume vince nello stesso anno il Premio Gatti di Bologna e, l’anno successivo, il Premio San Valentino di Terni.

A distanza di due anni segue “Alveare di specchi” (Ed. Laterza), seconda raccolta di poesie che vince il Premio il “Ceppo Proposte”, sezione del Premio Letterario internazionale Ceppo Pistoia dedicato a nuovi e giovani autori.

Il suo eterogeneo, vitale, contraddittorio e amorevole mondo interiore torna a manifestarsi nel 1980 con le poesie di “In uno specchio la fenice”, (Ed. Laterza), Premio Letterario “Dino Campana”, Marradi 1982, e con quelle di “Fantasma con flauto” (Ed. La Madia D’Oro) del 1981, con cui vince il Premio La Madia d’oro di L’Aquila.

Nel 1988 pubblica “Poésie sur soi/e” (Ed. Scena illustrata Editrice) con cui l’autrice si interroga sulle ragioni della propria esistenza, ritorna con la mente ai luoghi dell’infanzia e a tutto ciò che risveglia la sua memoria. Alcuni estratti della silloge sono trascritti ed illustrati su seta e presentati alla Galleria Marescalchi di Bologna. L’opera vince il Premio “Alfonso Gatto” di Salerno nel 1989. Tale pratica nasce in Iran e dall’abitudine di Gina di comprare tele dipinte, bellissime, con l’intento di tradurne le storie illustrate che avrebbero, poi, ispirato le sue narrazioni. Tale arte pittorica, appresa da appositi corsi, avrebbe reso tangibili i suoi versi.

Nel 1995 esce “L’exil immobile” (Ed. Folle Avoine) ancora un volume di poesie tradotte in francese comprendente composizioni tratte da precedenti pubblicazioni, oltre ad una poesia inedita.

Nel 1996 presenta, per le Edizioni dell’Oleandro, la versione teatrale di “Istanti d’amori ibernati”. Si tratta di una commedia in due atti i cui attori, Enzo Vetrano e Stefano Randisi, mettono in scena la prima raccolta di poesie di Gina Labriola.

Intanto la stampa inizia ad interessarsi di lei. Nello stesso anno il quotidiano francese Le Figaro le dedica un lungo articolo.

Nel 1999 la scrittrice sbarca alla narrativa con un racconto lucano surreale ma divertente. Si intitola “Il diavolo nel presepe” (Ed. Interlinea) e narra le disavventure dell’angioletto impertinente Albus che si ritrova all’inferno, e del diavoletto buono Focus che invece fa bella mostra di sé nel presepe. È un mondo alla rovescia quello che leggiamo in questa favola adatta a grandi e piccini, eppure allineato alla solita dicotomia degli opposti. Il più classico: il bene e il male tipico del vivere quotidiano. Il libro vince il Concorso Letterario “Storia di Natale 1999” di Novara dedicato alla letteratura per l’infanzia.

Nel 2000 torna alla lirica con “Poesie su seta” (Ed. Arti Grafiche Racioppi), ovvero testi per i pannelli dipinti.

Nel 2001 delizia i lettori con “Storie della pignatta”, (Ed. Il Grappolo), un insieme di racconti avvolti intorno alle figure di zia Capitolina e di zio Giosuè, solida coppia di anziani coniugi alle antitesi, idealmente divisa da proprie convinzioni basate, rispettivamente, sulle credenze popolari e sugli assiomi della Conoscenza. Fantasia e ricordi di bambina si intrecciano nel fiabesco mondo di Montedoro, paese i cui fatti hanno stranamente come fulcro una vecchia pignatta di terracotta, divenuta per l’autrice un cimelio da cui non staccarsi mai più. Il libro vince il Premio nazionale di letteratura, cultura, giornalismo, arti e ambiente “Franco Corbisiero” di Mercato San Severino.

Nel 2003 pubblica “Storie del pappagallo”, (Ed. ArtEuropa). Il libro, a metà tra poesia e prosa, raccoglie storie d’amore un po’ strane “riferite” da un narratore molto speciale: il pappagallo. La raccolta tra l’ironico, il tagliente e il dissacrante, dissimula la realtà in formule originali ed irreali che riescono a strappare sorrisi, a volte, anche amari. Esaurita subito la prima edizione, nel 2006 ne viene stampata la seconda. Tre anni dopo risulta unica vincitrice del Premio “Parola di donna”.

Nel 2003 tornano pure i racconti di “Storie del Samovàr” (Ed. Capitello – Piccoli). Questo libro ci porta in Iran, e precisamente a Teheran, luogo a lungo vissuto dall’autrice di cui riporta le favole dei poeti e le storie popolari. Il risultato è un mosaico dove affiorano le mille sfaccettature di una cultura antica dal grande fascino, percorsa fino al Novecento. Il volume vince nel 2001 il Premio di Letteratura per ragazzi “Giovanna Righini Ricci” di Conselice valido per gli inediti e, nel 2004, il Premio Cassa di Risparmio di Cento per volumi editi.

Nel 2009 è ancora la narrativa ad impegnare l’estro della scrittrice lucana che redige “Il pianeta Faidatè” (Ed. AltrEdizioni), libro illustrato da Lucrezia Ruggieri e dedicato a bambini e ragazzi. Il fine educativo è alla base di questa favola tesa a sensibilizzare i giovani e i giovanissimi al rispetto del pianeta, affinché maturino presto l’indole ecologista.

Nel 2010 dedica a loro un altro libro, “Il monachicchio e altri racconti” (Ed. Osanna) con cui Gina, attraverso quattro favole illustrate da Antonella Codagnone, accompagna i piccoli lettori negli angoli del mondo dove ha abitato. I protagonisti sono un uccellino, due bambini e un monachicchio, il mitico spiritello dalle sembianze di un bambino, noto in diversi posti della Lucania per il suo fare continuamente dispetti.

Gina Labriola si spegne ad Aubagne, in Francia, il 2 aprile del 2011 dopo una breve malattia. Le sue ceneri vengono sparse tra le valli della Provenza.  Nel 2012 esce l’e-book “Sherazade lucana… ed altre storie di scarpe, lune, cuori spinati, sassi, zanzare” (Ed. INDEX), una biografia romanzata che la scrittrice lucana riesce a completare poco prima di spegnersi con l’aiuto dei figli Alessio, Valerio e Dario. Quest’ultimo è, tra l’altro, autore delle fotografie inserite nel libro che, più che illustrare eventi o luoghi, evocano la surreale poetica della mamma. Il volume si presenta con un titolo che ha a che fare con l’Iran e la Lucania, due delle sue quattro patrie. Da un lato c’è il paese che più la corrisponde per via di quel suo essere mutevole, sfumato, eterogeneo, mitico; dall’altro ci sono le sue origini che per tutta la vita l’hanno tenuta ancorata al suo borgo nel quale abitualmente tornava. Eppure, nonostante questa distanza fisica ed ideale, Gina è riuscita ad accostarli scorgendone nei modi di vita, negli sguardi delle persone, nei riti, nel mondo magico di arcane origini, similitudini da cui ha tratto gli inediti intrecci per i suoi racconti. Esperienza, del resto ripetuta, in ogni posto del mondo visitato ed abitato in virtù di quella condizione di “esiliata” che il destino, forse, le aveva conferito non ancora in fasce.

Nel 2013 Chiaromonte, suo paese natio, decide di omaggiarla indicendo il Premio Letterario Internazionale “GINA LABRIOLA – un ponte tra l’Oriente e l’Occidente” patrocinato dal Comune e curato dall’Associazione a lei intitolata. È un concorso di fiabe e racconti diviso in due sezioni di autori: 6 – 18 anni, adulti dai 19 anni in su. A loro viene richiesto come trama l’incontro tra le diverse culture. Le opere arrivano da ogni parte del mondo.

Nel 2015 la stessa amministrazione comunale finanzia “Fantasma di un fiore”, un cd musicale realizzato dal pianista Walter Proni sui testi della poetessa chiaromontese, sua grande amica. La composizione viene presentata in prima nazionale a Bologna nel salone d’onore del Circolo Ufficiali dell’Esercito.

La musica va, dunque, a coronare la singolare vita di una donna che è riuscita a rendere arte la sua stessa esistenza. È stata un’artista difficile da etichettare, da imbrigliare in schemi predefiniti, dopotutto da lei stessa costantemente sovvertiti. Una dote non comune come lo è stato il suo modo di approcciarsi al mondo, con ironia e in maniera scanzonata, anche se mai superficiale. Appassionata di fotografia e pittura, traduttrice di opere letterarie, la cantastorie lucana ha lasciato ai posteri la sua capacità di analisi, il suo entusiasmo, il suo continuo meravigliarsi anche per le piccole cose, per le piccole storie da lei colorate di sublime. Come quelle contenute nel libro “Storie della pignatta” dove l’autrice fa dire a zio Giosuè: “La vera ricchezza, è l’immaginazione. Il più grande tesoro? È la fantasia”.

Anna Mollica

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • GINA LABRIOLA Istanti d’amore ibernato, Editori Laterza, Bari, 1972
  • GINA LABRIOLA Alveare di specchi, Editori Laterza, Bari, 1974
  • GINA LABRIOLA In uno specchio la fenice, Editori Laterza, Roma-Bari, 1980
  • GINA LABRIOLA Fantasma con flauto, Edizioni La Madia D’Oro, L’Aquila, 1981
  • GINA LABRIOLA Poésie sur soi/e, Editrice Scena Illustrata, Roma, 1988.
  • GINA LABRIOLA L’exil immobile, Folle Avoine Éditions, Presses Universitaires de Rennes, 1995
  • GINA LABRIOLA Il diavolo nel presepe, Edizioni Interlinea, Novara, 1999
  • GINA LABRIOLA Poesie su seta, Arti Grafiche Racioppi, Chiaromonte-Potenza, 2000.
  • GINA LABRIOLA Storie della pignatta, Edizioni Il Grappolo, S. Eustachio di Mercato S. Severino, (SA), 2001
  • GINA LABRIOLA Storie del pappagallo, ArtEuropa Edizioni, Roma, 2003
  • GINA LABRIOLA Storie del Samovàr, Casa Editrice Il Capitello – Piccoli, Brescia, 2003
  • GINA LABRIOLA Il pianeta Faidatè, AltrEdizioni Editore, Milano, 2009
  • GINA LABRIOLA Il monachicchio e altri racconti, Osanna Edizioni, Venosa (PZ), 2010
  • GINA LABRIOLA Sherazade lucana… ed altre storie di scarpe, lune, cuori spinati, sassi, zanzare, Digital INDEX Editore, 2012

 

 

TEATRO

  • GINA LABRIOLA Istanti d’amori ibernati, Commedia in due atti, con Enzo Vetrano e Stefano Randisi, Edizioni dell’Oleandro, Roma 1996.

 

 

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