LINZALATA DONATO

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LINZALATA DONATO

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Genzano di Lucania 1942 – 2022

Artista lucano noto in tutto il mondo, avendo esposto in Svizzera, Canada, Brasile e alla Biennale di Venezia.

È nato il 12 febbraio 1942 a Genzano di Lucania dove ha vissuto per la maggior parte della sua vita.  Si diploma all’Istituto d’Arte di Bari e frequenta l’Accademia di Belle Arti di Napoli come allievo di Emilio Greco.

Nel 1972 tiene la prima mostra personale nei Sassi di Matera. Dopo di che svolge un’intensa attività grafica e calcografica, ed è tra i soci fondatori della Scuola Libera di Grafica dell’associazione La Scaletta di Matera.

La sua scultura tende a far uscire dal legno figure drammatiche attinte dalla civiltà contadina lucana e dai suoi drammi esistenziali: nasce così il totemismo che interpreta il tendere della materia verso il cielo. Ne nasce un’ode scultorea, nella quale raffigura con rara forza e maestria ogni aspetto della vita. Non c’è dubbio che nel campo della scultura abbia data inizio a una nuova corrente, il totemismo arcaico, come la critica l’ha definito.  L’arcaismo non scaturisce, come per Van Gogh o Gauguin o Picasso, dalla diffusione dell’arte tribale, ma dalla conoscenza e dallo studio del territorio e dell’arte pastorale e, soprattutto, dall’elementarità dei simboli, utilizzati dal padre carpentiere. Un’arte semplice e in grado di tradurre la realtà nella linearità delle forme, nelle quali scopre una dimensione fascinosa. Mentre Picasso vede nelle maschere africane «cose magiche» e «mediatrici» tra l’uomo e le forze scure del male, Linzalata ravvisa nell’arte pastorale l’appropriazione della sua appartenenza e la rivendicazione di una originalità perduta nell’era dell’appiattimento globale.

Appartiene a questo periodo delle sculture “a grappolo”, La Porta degli Dei lucani (a.1969, legno di quercia e del paradiso, cm.165x30X260), scolpita su due legni diversi per forma e tipologia, che si staglia in verticale, quasi a sfidare il cielo. In esse realizza ciò che Gauguin crea con la pittura: un passaggio dal realismo alla dimensione intellettuale e immaginativa, per cui scolpisce “a memoria” non dal vero. Le figure si aggrovigliano ai tronchi, fuoriuscenti dal legno vergine, spinte da un forte dinamismo verso un «oltre»; al di là di ogni dialettica temporale o di ogni sentimento ideologico. I grovigli nascono da una carica interiore e si protendono entro lo spazio, allungandosi per una conquista. Totem diventano racconto della dannazione del presente, vissuta con lucida angoscia. «Il figurativo, afferma l’artista, colpisce con rapidità l’animo dello spettatore. Ma questo figurativo rifugge da ogni piacevolezza stilistica». Sono figure estratte da quel realismo sociale, riprodotte nella loro purezza e semplicità, senza alterare il messaggio di rassegnazione e speranza. Rispetta nello scolpire le venature del legno, che nella forma spaziale contornano seni, ventri, occhi di giovinette, di uomini e donne. In questa fase produttiva fantasiosa e prorompente, se da un verso è legato a una cultura antropologica, dall’altro trasforma questo mondo contadino in un archetipo universale.

Il contatto con la ricerca plastica europea gli fa abbandonare la figurazione di stampo realistico a favore della stilizzazione simbolica, tipica delle culture primitive mediterranee.  Le figure perdono la corposità per assottigliarsi nella leggerezza di emblemi geometrici e simbolici, in cui la materia si perde e tutto si spiritualizza in un rapporto intellettivo: mente- cuore.

 

All’estero espone presso varie città del mondo intero: Palazzo delle Nazioni di Ginevra, Museo di Osasco in Brasile, Galleria del Bello di Toronto, Centro Studi Italiano di Zurigo, Maison de la Culture di Pétage. Nel 2004 ottiene: il Premio Fidapa, con la scultura Le Ninfe in occasione della XIX Edizione del Premio Città di Belluno e il Premio per la scultura alla Triennale di Arte Sacra di Lecce. È invitato a tre edizioni (X, XI, XII) della Biennale Internazionale del Bronzetto Dantesco di Ravenna.

Nel 2005 è invitato alla prima Biennale Internazionale di Ankara in Turchia e nel 2007 viene pubblicato il volume della Storia dell’Arte Italiana del ‘900, a cura di Giorgio Di Genova, in cui è presente nel tomo degli artisti della Generazione Anni Quaranta. 

In questi ultimi anni la sua ricerca è rivolta ad istallazioni basate sulla sperimentazioni di materie dissimili (legno, fieno, neve ) ubicate in ambienti naturali: La Via del grano e del pane nella Valle della Tresenda a Livigno, Fienarte (2006) e Art in Ice a Livigno; Euterpe nelle Cave di Statte (Ta), e Riciclarte a Livigno (2012).

Nel 2010 è premiato alla Prima Biennale Internazionale di Lecce.

Nel 2011 è invitato alla 54° Biennale di Venezia curata da Vittorio Sgarbi, padiglione Italia Regione Basilicata e contemporaneamente a Torino, regione Piemonte

Sotto il segno di Ankh (l’opera esposta alla 54ᵃ Biennale di Venezia, Iniziativa speciale per il 150ᵃ Anniversario dell’Unità d’Italia) è un totem dall’impostazione segnica e semantica di grande rilevanza.

Si riconosce a Linzalata una unicità nel campo dell’arte per la capacità di utilizzare e reinterpretare una materia così antica, il legno, che Tommaso Trini, definisce axis mundi.

La ricerca giunge a un linguaggio criptico di forte effetto visivo, come nell’opera La città di mezzo (premio della critica internazionale alla X Florence Biennale 2015), nella quale intaglia con l’ascia frammenti, insenature, tagli piatti e tagli dolci, figure geometriche, che raccontano di paesaggi mentali come luoghi della memoria. Lavorando sui rilievi materici, aggiunge alla dimensione visiva quella tattile, invitando a rivivere emozioni e a tracciare una mappa aperta a personali interpretazioni.

La scultura si evolve verso una struttura rigorosa con l’abbandono dei particolari descrittivi, Nascono sculture come La stele di Metaponto, Sotto il segno di Ankh, La città di mezzo, Alexidamos che si pongono come sintesi tra l’essenzialità e la purezza. L’artista crea situazioni spaziali suggestive, nelle quali la simbologia, inscritta attraverso sfere, losanghe, occhi slabbrati, determina un metafisico lirismo razionale altamente accattivante.  Alexidamos (a. 2006, acciaio inox, m. 6,15×4,50×40), svetta sul lungomare di Metaponto, nell’essenzialità della forma volumetrica. «La semplicità e la simbolica riduzione del modulo plastico», come annota Giuseppe Appella su Alexidamos, determinano «forme essenziali e vigorose, cariche di energiche oscillazioni trasmesse da linee sinuose, da sottili ramificazioni e articolazioni di segni, dalle saldature assunte quali decorazioni atte a visualizzare il ritmo e lo slancio dell’intera struttura liberandola del peso corporeo. Il procedimento utilizzato è evidente, vitalizia tutto il monumento che dichiara di accogliere le suggestioni di poetiche coniugate lungo tutto l’arco dell’ultimo cinquantennio, aggiungendovi la singolare disposizione al ritmo del metallo nell’aria, alle vibrazioni delle forme nel soffio indescrivibile del vento e nella luce cangiante di un mare pronto a collaborare alla loro costante tessitura, tra i guizzi segreti della storia e i semplici elementi della natura».

Nel 2011 è invitato alla 54° Biennale di Venezia curata da Vittorio Sgarbi, padiglione Italia Regione Basilicata.

Nel 2015 è invitato alla Florence Biennale dove è insignito di una menzione speciale su indicazione della direzione artistica del premio

Nel 2016 è invitato alla Biennale Internazionale di Benevento aggiudicandosi il premio per la scultura.

Nel 2018 riceve Menzione speciale alla carriera artistica alla   Biennale Internazionale d’Arte di Bari ed è invitato ad esporre alla 45esima edizione del Premio Sulmona

Nel 2021 è insignito del Mediterranean Contemporary Art Prize organizzato da Porta Coeli Foundation presso il Castello di Monteserico di Genzano di Lucania (Pz).

Uno sguardo particolare va alle opere sacre tra le quali ricordiamo le prime sculture: La Madonna Addolorata e la Via Crucis. L’opera La Madonna Addolorata (a. 1965, gesso patinato, cm. 170x70x40), collocata nella cappella del cimitero di Campomaggiore, si presenta con forme classicheggianti, nette e precise, con un’espressione di sublime serenità, viva e palpitante.

La Via Crucis (a. 2009, cotto, m. 25,85×148) composta da 14 stazioni, che si srotolano, come la pellicola di un film, lungo un nastro in cemento armato, che fascia la parte superiore della chiesa Immacolata Concezione di Maria di Tito Scalo e finisce sul frontale del presbiterio, dove s’innalza una pala d’altare con il Cristo Risorto.

È un’opera mastodontica e, così pensata, unica nel suo genere.  È evidente nel racconto della Passione la scansione per blocchi narrativi che vanno dalla violenza della folla all’estremo silenzio del Cristo uomo, violato nel suo essere fisico. Le stazioni vengono divise da colonne, che pausano ritmicamente lo spazio, i paesaggi fanno da sfondo ai personaggi, che prendono tra l’altro il volto dell’artista, che vuole testimoniare il suo commosso coinvolgimento al dramma della Passione, e della gente comune, prestati per l’occasione al descrittivo dramma del Calvario, ma anche di San Pio ai piedi della croce, di Madre Teresa di Calcutta tra le pie donne e di Papa Woytila nel personaggio del Cireneo; una cifra questa della modernità da tramandare ai posteri.

L’aver privilegiato il cotto è una forma per tornare alle origini, quando con l’argilla essiccata al sole o cotta nelle fornaci, venivano realizzati i manufatti di vita quotidiana. «È questo, afferma l’artista, un modo per meditare sull’essenzialità della vita, dove è presente il dolore, la violenza, la morte ma anche la Resurrezione».

Nel ’72 inizia un ciclo d’importanti mostre presso gallerie, fondazioni, pinacoteche e musei. Ricordiamo le opere presenti nelle più importanti collezioni permanenti: Magi ‘900 di Pieve di Cento (Bo), Museo d’Arte Contemporanea di Olevano Romano, Pinacoteca Comunale d’Arte Moderna di Bernalda, Fondazione Vito Mele di Santa Maria di Leuca, Pinacoteca Comunale d’Arte Contemporanea di Ruffano, Civica Galleria di Arte Moderna di Gallarate (Mi), Collezioni Genius Bononiae dei Musei di Bologna.

Donato Linzalata si è spento a Genzano di Lucania il 23 maggio 2022.

https://www.portacoeli.it/venosa/it/international-art-gallery/mostre-concluse/progetti-espositivi/genesis/donato-linzalata

 

Scultore, pittore e incisore si è diplomato all’Istituto d’Arte di Bari, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Napoli alla scuola di Emilio Greco e Augusto Perez.

È stato definito “artista del mito” per la suggestione delle sue sculture in legno, materiale predominante, ferro, marmo, cotto. Attinge dalle sue radici etno-antropologiche; che hanno per icona la verticalità dell’albero e come materiale il legno – essenziale nell’arcaico, diffuso nell’antico e marginale nel moderno.

Affascinato dalla figurazione tridimensionale romanica e dalla conclusa e atemporale immutabilità egizia, elabora uno stile sintetico e ancestrale, che riscopre nella tradizione pastorale dell’aspra terra lucana, nella cultura mediterranea.

Dai suoi intagli affiorano totem in cui talvolta è ancora riconoscibile la figura umana, ma realizza anche sculture in cui il geometrismo ha il sopravvento e combinazioni che contengono istanze figurative e astratte a un tempo.

All’attività scultorea ha affiancato quella grafica e calcografica, avendo pubblicato numerose cartelle di acqueforti con poesie di scrittori lucani. Nel 2011 espone alla 54ª biennale di Venezia, Regione Basilicata, e alla Sala Nervi Torino.

Premiato alla Prima Biennale Internazionale di Lecce e alla Triennale d’Arte Sacra di Lecce, ha ricevuto il Premio speciale del Presidente alla X Florence Biennale (2015) e il II Premio ex-aequo per la scultura alla Biennale di Benevento (2016).

Le sue opere sono in prestigiose collezioni di fondazioni, pinacoteche, musei, e gallerie d’arte in Italia e all’estero.

PANDORA

SCULTURA

Scultura sottrattiva
50 x 64 x 25 cm
2015

Lo scultore di Genzano è morto all’età di ottant’anni. Ha esposto in

Svizzera, Canada, Brasile e alla Biennale di Venezia 26/05/2022

Nel servizio, la voce di Donato Linzalata, in un’intervista rilasciata alla TGR

https://www.rainews.it/tgr/basilicata/video/2022/05/bas-donato

https://www.suditaliavideo.it/news/2022/05/si-e-spento-lartista-lucano-donato-linzalata-fra-i-primi-scultori-dellitalia-meridionale/

Si è spento l’artista lucano Donato Linzalata, fra i primi scultori dell’Italia meridionale

Metaponto rende omaggio alla memoria di Donato Linzalata, l’artistadi Genzano di Lucania scomparso lunedì scorso, autore della scultura posta sul lungomare di Metaponto nel 2006, su commissione dell’amministrazione comunale di Bernalda. Essa ritrae Alessidamo, il giovane atleta, che nel V secolo a.C. gareggiò per Metaponto nelle competizioni di lotta e riuscì vincitore ai giochi pitici di Delfi. L’opera fu realizzata nel laboratorio artigianale di Lucio D’Auria a Bernalda e fu inaugurata il 22 luglio 2006 dal sindaco Francesco Renna ed al maestro Salvatore Sebaste, insieme all’autore.

Numerose le sue partecipazioni in Italia e all’estero a mostre ed esposizioni permanenti con opere ispirate alla civiltà contadina di Basilicata con riproduzioni di soggetti sacri e della vita

quotidiana. Nel 2011, insieme ad altri 10 artisti lucani, fu invitato alla 54^ Biennale di Venezia curata da Vittorio Sgarbi, nel padiglione Italia Regione Basilicata.

Nel 2005 partecipò alla prima Biennale Internazionale di Ankara in Turchia e nel 2007 venne pubblicato il volume della Storia dell’Arte Italiana del ‘900, a cura dello storico Giorgio Di Genova, in cui è presente nel tomo degli artisti della Generazione anni ’40.

Il contatto con la ricerca artistica europea rappresentò per Linzalata “il definitivo abbandono della figurazione di stampo realistico a favore di una stilizzazione simbolica presente nelle culture primitive mediterranee”. La sua scultura esce dalla materia in cui sembra imprigionata, creando volti umani particolarmente carichi di patos e porta nel legno momenti drammatici delle genti di Lucania legati all’emigrazione, alla fatica sui campi arsi di sole ed intrisi di sudore, ai dolori quotidiani, sempre tesi verso il cielo. Quello che in arte si chiama totemismo.

“Egli aveva il dono semplice e profondo di cogliere subito i palpiti dell’umanità nel suo evolversi quotidiano ed era sempre spinto alla curiosità come quella di un bambino”, chiosa commosso il figlio Angelo, scenografo a Milano. “Un artista, secondo il Maestro Salvatore Sebaste, fra i più bravi d’Italia e segnatamente il più immediato nelle rappresentazioni dei sentimenti più intimi e coinvolgenti”.

Pino Gallo

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