FERRARA ANDREA

nuova puglia d'oro_total white

FERRARA ANDREA

Lucania_d_oro bianco

Tursi (Matera) 11 novembre 1882 – Roma 1 luglio 1954

Giurista, primo presidente della Suprema Corte di Cassazione.

Entrò nella carriera giudiziaria il 10 giugno 1905. Nel 1911 fu nominato giudice di Tribunale, nel 1923 consigliere di Corte di appello, nel 1929 consigliere di Cassazione, nel 1936 presidente di sezioni di Cassazione.

Dal 12 novembre 1947 è primo presidente della Corte suprema. È stato altresì presidente della Commissione che ha redatto il libro delle obbligazioni del nuovo codice civile del 1942 e del Comitato ministeriale che ha preparato il testo del decr. legge 5 maggio 1948, n. 483 per modificazioni e aggiunte al codice di proc. civ. del 1942.

Autore di studî monografici pubblicati sulle riviste di Diritto Pubblico, Diritto Commerciale e Giurisprudenza Italiana.

 

Onorificenza

https://www.quirinale.it/onorificenze/insigniti/31995

Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana

Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione

Data del conferimento: 29/11/1952

https://www.cortedicassazione.it/corte-di-cassazione/it/prt.page?contentId=PPR18209

Ferrara Andrea

Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione dal 12 novembre 1947 all’11 novembre 1952, data di collocamento a riposo.

Nasce a Tursi (Matera) l’11 novembre 1882. Percorre tutti i gradi della carriera in magistratura fino a presidente di sezione della Corte di cassazione, della quale diverrà primo presidente del 1947. Nello stesso anno fu nominato Capo di Gabinetto del Ministro di Grazia. e Giustizia e presiedette il comitato interministeriale per la riforma del Codice di procedura civile che sarà poi approvata con il d.lgs. n. 483 del 1958. Sulle linee fondamentali della riforma il Ferrara pubblicherà nel 1948 una sua monografia. Fu in particolare studioso del diritto commerciale. Muore a Roma il 1° luglio 1954.

https://www.treccani.it/enciclopedia/andrea-ferrara_%28Dizionario-Biografico%29/

 

di Carlo Bersani – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 46 (1996)

 

FERRARA, Andrea. – Nacque a Tursi (Matera) l’11 nov. 1882, da Luigi e Rachele Capitolo. Entrò in magistratura nel 1905. Nel 1908 fu giudice aggiunto presso il tribunale di Matera e dal 1919 al 1913 pretore a Pisticci (in provincia sempre di Matera). Dal 1914 fu giudice presso il tribunale di Taranto. Venne nominato nel 1923 consigliere di corte d’appello, nel 1928 presidente di sezione presso il tribunale di Roma e nel 1929 consigliere di Cassazione. Nel 1936 divenne presidente di sezione della Corte di cassazione, carica che manterrà fino al 1947. In quegli anni fu in rapporti con Ettore Casati – all’epoca primo presidente alla Cassazione e futuro ministro di Grazia e Giustizia nel governo Badoglio -, figura che avrà modo di incidere sulla sua collocazione politica.

Suoi contributi scientifici appaiono per lo più a partire dalla fine degli anni Venti, generalmente nella forma della nota a sentenza, che resterà caratteristica di quasi tutta la sua produzione. Scorrendo le pagine della Rivista di diritto commerciale, del Foro italiano, di Giurisprudenza civile e di altre riviste, si trovano le tracce di una costante e sistematica attenzione allo sviluppo del diritto commerciale come vissuto nelle aule dei tribunali. Vi sono tuttavia suoi interventi anche sulla Rivista di diritto pubblico: nel 1930, ad esempio, sostiene con forza la natura di giudice ordinario della magistratura del lavoro, nata con la l. 3 apr. 1926, n. 563, la cui istituzione e collocazione all’interno del sistema giudiziario fu senz’altro tra le operazioni più complesse e significative del regime, nel quadro della spinta ad attuare quel principio dell’unità della giurisdizione caro alle prospettive più radicalmente riformatrici.

Il F. imposta la questione a partire dalla sua importanza, oltre che scientifica, anche politica, “perché si tratta di sapere se lo Stato nell’apprestare il presidio della funzione giurisdizionale ai nuovissimi rapporti del lavoro, abbia attuata o proseguita la sua opera di eliminazione delle magistrature speciali ritornando al giudice ordinario, cui si riconoscono le maggiori garanzie di esperienza e di imparzialità; ovvero abbia ancora una volta, per la specialità della materia, creato novella giurisdizione speciale, accanto alle moltissime che va recidendo” (La magistratura del lavoro. Giudice speciale o giudice ordinario specializzato?, in Rivista di diritto pubblico, XXII [1930], pp. 370-376). Nonostante la sua particolare composizione – inclusiva di consiglieri “esperti nei problemi della produzione e del lavoro” (ibid., p. 374), esterni all’ordinamento giudiziario – per il F. la magistratura del lavoro, in forza della sua natura di organo della corte d’appello, resta perfettamente incardinata nel sistema della giurisdizione ordinaria, e appunto perciò non è giudice speciale, ma “giudice ordinario specializzato” (ibid.).

Tra le opere del F. va inoltre segnalata la voce Amministrazione (atti di) per il Nuovo Digesto italiano (I, Torino, pp. 393-403), che apparve nel 1937 ed è forse il suo contributo più organico e significativo.

Col ministero Grandi, nella commissione per la riforma dei codici, il F. presiedette il comitato per la riforma del diritto delle obbligazioni (nella sottocommissione per il codice civile), i cui lavori incroceranno più volte quelli della sottocommissione per la riforma del codice di commercio, presieduta da Alberto Asquini.

Stando alla testimonianza di Asquini, già a partire dal 1939 le due sottocommissioni avevano lavorato per “fare un passo decisivo verso l’unificazione del diritto delle obbligazioni attraverso la recezione nel codice civile delle norme generali sulle obbligazioni commerciali, contenute nel codice di commercio (commercializzazione del diritto civile)” (A. Asquini, Codice di commercio, in Enciclopedia del diritto, VII, Milano 1960, pp. 250-255, specie p. 252). Difatti Asquini testimonia la concertazione del “trasferimento al codice civile delle norme generali sulle obbligazioni commerciali contenute nei precedenti progetti di codici di commercio, conservando tuttavia nel codice di commercio i contratti tipicamente e naturalmente collegati all’esercizio della impresa commerciale, con la fonte integrativa degli usi, e i titoli di credito” (ibid., p. 253).

Nell’estate del 1940 vennero presentati i progetti preliminari del codice di commercio e del libro delle obbligazioni del codice civile. Ma già nella relazione di Grandi, che li accompagna, venne avanzata l’ipotesi di una ridefinizione del disegno complessivo della riforma. Nel dicembre successivo, nel corso di una riunione presso il ministero di Grazia e Giustizia, Filippo Vassalli propose di unificare il diritto delle obbligazioni, scorporato fra codice di commercio e IV libro del codice civile (R. Teti, Codice civile e regime fascista, Milano 1990, pp. 164 s.). Una prima ipotesi di soluzione, stando alla testimonianza di Asquini, si orientava verso l’unificazione del diritto delle obbligazioni entro il IV libro del codice civile, “e col rinvio della disciplina dell’impresa e delle società commerciali a leggi speciali” (ibid.). La soluzione a cui si arrivò portò com’è noto all’abbandono di un autonomo codice di commercio, ma anziché scorporare il diritto commerciale in una messe di leggi speciali tutte da scrivere, si preferì intervenire sul codice civile con l’aggiunta di un nuovo libro sul lavoro, e con l’unificazione del diritto delle obbligazioni nel libro IV.

La vicenda testimonia l’inevitabile prevalere, nella temperie culturale di quegli anni, di una prospettiva di unificazione del diritto privato entro un solo corpo normativo, dominato dalla centralità del lavoro e della nozione di imprenditore. Si trattò di un processo che necessariamente coinvolgeva gli istituti del diritto commerciale e del diritto delle obbligazioni, come del resto è confermato dalle testimonianze di Vassalli e Grandi (I). Grandi, Codice civile. Relazione al libro delle obbligazioni, Roma 1941, p. 206). Un processo al quale, come si è visto, partecipò lo stesso F., portando nel lavoro di riforma dei codici la propria cultura di magistrato e di giurista, pronto a recepire quelle esigenze di integrazione e ridefinizione del diritto delle obbligazioni che hanno dato vita ad un complesso normativo che nelle sue linee fondamentali ha pienamente risposto alle necessità di sviluppo del paese.

Che la prossimità del F. al regime fascista sia stata solo parziale, parte della più generale vicenda della cultura moderata dei magistrati italiani, lo prova anche il testo di una nota della guardia repubblicana indirizzata il 21 aprile 1944 al gabinetto del ministero di Grazia e Giustizia della Repubblica sociale italiana. a causa della sua nota vicinanza ad Ettore Casati, nel 1944 ministro di Grazia e Giustizia per il governo Badoglio, il F. viene incluso in un minaccioso elenco di “ex-eccellenze” ostili al regime, ma la cosa non pare abbia avuto conseguenze.

Nel 1947 fu capo di gabinetto del ministro di Grazia e Giustizia G. Grassi e presiedette il comitato ministeriale incaricato di preparare la riforma del codice di procedura civile, cui avevano già lavorato la commissione ministeriale presieduta da F. Curcio (per il ministro U. Tupini) e il comitato presieduto da F. Pellegrini (per il ministro F. Gullo). A seguito dei lavori del comitato presieduto dal F., la riforma prese finalmente corpo e venne attuata col decreto legislativo 5 maggio 1948, n. 483. Sulle Linee fondamentali della riforma del Codice di procedura civile il F. pubblicherà una monografia (Roma 1948).

Nell’ottobre 1947 primo presidente della Corte suprema di cassazione, venne collocato a riposo per raggiunti limiti di età nel 1952. Morì a Roma il 1º luglio 1954.

Oltre a quelli citati vanno ricordati i seguenti lavori del F.: Concordato preventivo e riporto (nota alla sent. della Cassazione del Regno del 22 maggio 1928, Banca italiana di credito e valori c. Vivanti), in Riv. di diritto commerciale, XXVI (1928), pp. 519-529; Limite iniziale di tempo per la valida conclusione del concordato fallimentare di massa (nota alla sent. della Cassazione del Regno del 28 luglio 1928, Dogliotti e Sacco c. Precerutti), ibid., XXVII (1929), pp. 52-67; Ilfallimento ed i sequestri penali (nota alla sent. del Tribunale di Roma del 31. 12. 1928, Verga c. Colasanti), ibid., XXVIII (1930), pp. 83-101; Ilrapporto d’impiego nell’Istituto internazionale di agricoltura ed il potere di giurisdizione dello Stato italiano, ibid., XXIII (1931), pp. 531-540; Le deliberazioni di esclusione dei soci ed il sindacato giudiziario (nota alla sent. della Cassazione del Regno del 25 luglio 1930, Cappello c. Istituto cooperativo per le case economiche di Brescia), ibid., XXIX (1931), pp. 237-245; Liquidazione amministrativa e in concorso con la liquidazione ordinaria fallimentare, in Studi in onore di M. D’Amelio, Roma 1933, II, pp. 73-81; Abuso di mandato. Responsabilità del mandante e del mandatario di fronte al terzo. Concorso di diritti (nota alla sent. della Cassazione del Regno del 5 marzo 1937, Sacerdote c. Mark), in Giurisprudenza italiana, XXIX (1937), parte 1, sez. 1, pp. 331-336; Questioni di competenza tra giudice penale e giudice civile: organo supremo regolatore. Responsabilità civile del denunciante in caso di proscioglimento dell’imputato (nota alla sent. della Cassazione del Regno del 15 aprile 1937, Governatorato di Roma c. Proietti), ibid., LXXXIX (1937), parte 1, sez. 1, pp. 513-520.

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Min. di Grazia e Giustizia, Gabinetto, b. 75, fasc. 189; Necrologio, in Il Tempo, 3 luglio 1954; Encicl. Italiana, Seconda App., I, p. 915; Dizionario encicl. italiano, IV, p. 695.

https://iris.unica.it/retrieve/handle/11584/249629/303246/TesiDiDottorato_FrancescaCuccu.pdf

Tratto da DOTTORATO DI RICERCA Storia Moderna e Contemporanea Ciclo XXVIII Profilo della magistratura italiana: la Corte di Cassazione dal fascismo alla Repubblica Settore scientifico disciplinare di afferenza 14 – Scienze politiche e sociali Presentata da: Francesca Cuccu Coordinatore Dottorato prof. Giovanni Murgia Tutor prof.ssa Mariarosa Cardia Esame finale anno accademico 2015 – 2016 Tesi discussa nella sessione d’esame marzo – aprile 2017

4.4.5 FERRARA Andrea nacque a Tursi (Matera), l‟11 novembre 1882, da Luigi e Rachele Capitolo. Si laureò in Giurisprudenza alla Regia Università di Napoli il 16 luglio 1903 (dal fascicolo risulta che sapeva scrivere la lingua francese). Si sposò con Rosa Fischetti nel dicembre 1913. Collaborò con la Rivista di diritto commerciale dell‟Editore Vallaroli. Si presentò una prima volta al concorso per uditore giudiziario nel 1903, ma non fu ammesso alle prove orali. Si presentò una seconda volta nel 1904 e si classificò 21° tra i vincitori, con 235 su 280 voti. Fu quindi nominato uditore giudiziario il 10 giugno 1905 e il 20 luglio dello stesso anno fu destinato alla Corte d‟Appello di Napoli.

Il procuratore generale di Napoli, nel suo rapporto del 23 dicembre 1905, scrisse che Ferrara si era “dimostrato atto a reggere una Pretura perché giovane distinto per molta capacità, per grande operosità e per ottima condotta, nutrito di buoni studi giuridici, di carattere serio e fermo”. Venne destinato con le funzioni di vice pretore all’ottavo mandamento di Napoli l‟8 febbraio 1906 e il 22 dello stesso mese fu inviato in missione al mandamento di Sant’Arcangelo di Basilicata, con l’incarico di reggere l’‟ufficio. Nei rapporti del mese di giugno 1906 ebbe giudizi lusinghieri: il procuratore generale di Napoli lo qualificò “magistrato di capacità distinta, di molta dottrina civile e penale, di grande operosità, di ottima condotta, e di carattere dignitoso” e il primo presidente scrisse che Ferrara era magistrato “di molta capacità ed operosità, di più che sufficiente cultura giuridica, di carattere serio e fermo, di ottima condotta”. Venne approvato all’esame pratico il 28 gennaio 1907, classificato all‟11° posto con 22 5/7 voti e fu quindi nominato aggiunto giudiziario con destinazione alla Regia Procura del Tribunale di Matera il 24 febbraio 1907. (…)

Venne trasferito alla Regia Procura di Napoli il 12 gennaio 1908 e nel mese di maggio dello stesso anno fu destinato con funzioni di pretore nel mandamento di Borbona (non prese però possesso perché venne tramutato a sua domanda al mandamento di Pisticci l‟11 giugno). Il Consiglio Giudiziario presso il Tribunale di Matera lo giudicò “di ottima capacità, dottrina, operosità e condotta”, attribuendogli la qualifica di ottimo, con idoneità alle funzioni requirenti il 25 novembre 1908. Anche nel 1909 venne confermata da parte del Consiglio Giudiziario di Potenza la classificazione dell’anno precedente.

In seguito alla sua richiesta di ammissione al concorso di merito, il Consiglio Giudiziario di Matera il 23 novembre 1910 confermò la classificazione già data e dichiarò l’istanza meritevole di accoglimento. Il 25 marzo 1911 vinse il concorso, risultando 2° classificato con 69 su 90 voti. Venne quindi nominato giudice di seconda categoria il 24 agosto 1911, continuando nelle sue funzioni di pretore a Pisticci. Nel 1913, in occasione del suo matrimonio con Rosa Fischetti, di Pisticci, chiese un trasferimento e nel suo rapporto il presidente della Sezione di Potenza, il 23 luglio 1913, propose che fosse destinato a Melfi, dichiarando che Ferrara era “giovane di valore, operoso e di condotta irreprensibile”. Anche il procuratore generale lo qualificò magistrato distinto nella sua nota del 1° agosto 1911, in occasione della trasmissione di alcune istanze di trasferimento. Il 4 agosto fu trasferito, a sua domanda, al Tribunale di Taranto. Venne chiamato alle armi nel maggio 1916, col grado di tenente di Artiglieria da fortezza.

Nel trasmettere un’istanza di trasferimento a Roma, il presidente del Tribunale di Taranto si espresse nel seguente modo: “Oso opporre il mio favorevole voto, ispirato al riconoscimento dei molti meriti di questo valoroso magistrato, che pur superò l’arduo cimento del concorso nel 1910 da aggiunto giudiziario a giudice, ed è esempio mirabile di operosità, di distinzione e diligenza nelle funzioni giudiziarie”. Fu quindi tramutato col suo consenso al Tribunale di Roma il 24 settembre 1923. Venne dichiarato promovibile per merito distinto nella carriera giudicante, con un voto per la promovibilità a scelta, nell’adunanza del 17 novembre 1923 del Consiglio Superiore Sezione seconda. Il Ministero dell’Economia Nazionale chiese, il 4 gennaio 1924, l’autorizzazione a nominare Ferrara membro della Commissione per lo studio della materia concernente i diritti esclusivi di pesca ma il Ministero della Giustizia fece presente che era in quel momento inopportuno destinarlo alla Commissione, vista l’imminenza della sua promozione a consigliere d’Appello. Infatti, meno di un mese dopo (il 3 febbraio) fu nominato consigliere d’Appello con l’incarico di istruire i processi penali presso il Tribunale di Trieste.

Si presentò al concorso per referendari al Consiglio di Stato e nel rapporto del 28 febbraio 1924 il Ministero della Giustizia riferì a quello dell’Interno che Ferrara, durante la sua carriera, aveva “riportato sempre le più distinte qualifiche per ingegno, dottrina, condotta, laboriosità e diligenza veramente eccezionali, in modo da farsi apprezzare per elemento prezioso in ogni collegio di qualsiasi magistratura”. (…)

Il Ministero dell’Interno comunicò il 25 settembre 1924 che Ferrara, nonostante non fosse risultato vincitore al concorso, era stato incluso nella graduatoria degli idonei, avendo riportato 26 punti. Il 14 agosto 1925 il procuratore generale di Trieste riferì di essere venuto a conoscenza dell’aspirazione di Ferrara per ottenere il posto di consigliere istruttore in Roma e che “credeva suo dovere segnalarlo al Ministero per l’opera veramente degna di encomio prestata a Trieste distinguendosi per capacità, dottrina, attività e spiccate attitudini alle funzioni direttive, nonché all’espletamento di complesse indagini istruttorie da lui personalmente condotte con la piena soddisfazione dei suoi superiori, col plauso dell’opinione pubblica e con alto senso di serena ed imparziale giustizia non disgiunta dalla necessaria fermezza ed energia”. Fu tramutato al Tribunale di Roma il 5 novembre 1925, con le funzioni di presidente di Sezione. Con decreto ministeriale del 14 marzo 1928 fu nominato presidente del Collegio dei probiviri per dirimere le controversie fra gli utenti costituiti in Associazione nazionale per il controllo della combustione. In occasione della sua richiesta per l’‟ammissione al concorso per titolo a sei posti di consigliere di Cassazione bandito il 3 febbraio 1928, i capi di Corte scrissero il 14 maggio il seguente rapporto: Fin dall’inizio della sua carriera il Ferrara si rivelò giovane di eletto ingegno, studioso di scienze giuridiche e sociali, argomentazione efficace, di condotta ottima, di carattere serio e dignitoso, tanto da far prevedere la sua ascesa sicura in breve volger di tempo ai più alti gradi della magistratura.  (…)

Il 5 luglio 1928 chiese di essere ammesso allo scrutinio per la promozione.

Il Consiglio Giudiziario di Roma il 2 agosto 1928 espresse all’unanimità parere per la promovibilità in entrambe le carriere. […]. Il Consiglio Superiore prima Sezione lo classificò promovibile per merito distinto, a unanimità di voti, nella carriera giudicante il 12 novembre 1928. Con decreto del 13 giugno 1929 fu nominato consigliere della Corte di Cassazione del Regno. Il 23 luglio 1930 fu delegato dal Ministero presso il Comitato per la mobilitazione civile per la Commissione suprema di difesa. Il presidente del Comitato, Generale Dallolio, si mostrò compiaciuto della designazione, comunicando che Ferrara avrebbe assunto la presidenza della Sezione legislativa.

Con rapporto del 10 dicembre 1932 il presidente della terza Commissione per il concorso ai posti di amministratore giudiziario riferì che Ferrara lo aveva coadiuvato in modo efficace nel difficile lavoro della Commissione “il quale per avere in passato ricoperta la carica di giudice delle sezioni fallimentari del Tribunale di Roma, aveva potuto ancora più strettamente apprezzare la capacità e correttezza della gran parte dei concorrenti”. Il 15 ottobre 1936 fu nominato primo presidente della Corte di Appello di Catania e il 21 dicembre fu collocato fuori ruolo per attendere a studi legislativi. Il 21 febbraio 1938 venne richiamato in ruolo (a partire dal 2 marzo 1938), con la nomina a presidente di Sezione della Corte di Cassazione del Regno. Fu presidente della Commissione per la redazione del libro delle obbligazioni del nuovo Codice Civile del 1942 e del Comitato ministeriale che preparò il testo del decreto legge 5 maggio 1948, n. 483 per modificazioni e aggiunte al Codice di Procedura Civile del 1942. In merito, il 13 dicembre 1939 Grandi scrisse al primo presidente della Corte di Cassazione chiedendo un esonero di Ferrara dalle funzioni di presidente di Sezione della Corte Suprema per portare a termine il progetto del IV Libro del Codice Civile. Nel fascicolo personale di Ferrara non si rintracciano notizie relative al concitato periodo che l’Italia visse a cavallo tra il 1943 e l’inizio del 1944, ma si trova la sua nomina a presidente supplente della Commissione per l‟epurazione del personale dipendente del Ministero dell‟Africa Italiana, avvenuta il 20 agosto 1944.

Nel giugno 1947 fu nominato capo di Gabinetto del Ministero di Grazia e Giustizia. Il 31 ottobre 1947 fu poi nominato primo presidente della Corte Suprema di Cassazione (non si rintraccia nel fascicolo personale il giuramento alla Repubblica italiana). Nel verbale di immissione in possesso della funzione di primo presidente della Corte Suprema di Cassazione del 12 novembre 1947 si possono leggere il discorso che il procuratore generale Massimo Pilotti pronunciò in quella occasione: […] a succedere alla nobile ed austera figura di Giuseppe Pagano è stato chiamato un uomo del valore di Andrea Ferrara. I suoi alti meriti, la sua dottrina ed il suo fermo carattere danno sicuro affidamento che egli sarà un ottimo Capo della Corte Suprema di Cassazione, in questo difficile e travagliato periodo. Al concorde sforzo di tutti gli Italiani per ricondurre la Patria, dopo le sventure che l’hanno colpita, al sereno benessere ed all’austero costume di un tempo, i Giudici possono e devono portare un contributo di importanza suprema, perché, solo nel generale rispetto della legge, è possibile ogni più ardito progresso civile e sociale. Possa nell’adempimento di questo compito arduo, sempre la Divina Provvidenza illuminare le nostre menti e sorreggere i nostri cuori.

Anche il primo presidente Salvatore Messina intervenne con le seguenti parole: Signor Primo Presidente, io devo dire che per la Vostra ascesa al supremo fastigio dell’Ordine, noi siamo particolarmente fieri e lieti e incorati perché nella nostra assunzione noi vediamo una vittoria nostra, vediamo e sentiamo una speranza, sentiamo soprattutto un presagio. È una vittoria perché – parlo soprattutto di noi uomini dai capelli bianchi – perché noi vediamo premiate in voi quelle virtù che sono la suprema religione della nostra funzione di giudici, di giuristi e di cittadini. È una speranza perché la Vostra quadrata, cristallina, rettilinea fermezza di magistrato perfetto, risponde alle più severe, alle più rigorose esigenze in questo delicato momento in cui la sorte e le funzioni dell’Ordine giudiziario costituiscono il tema più alto di discussioni dei poteri politici, che dicono quale è e come deve essere il compito della Magistratura italiana. […]

Vi saluto con particolare affetto, e desidero che voi sentiate nelle mie parole vibrare il convincimento profondo che viene da un legame di amicizia di più di 30 anni: dai giorni remoti in cui il destino fece incontrare le nostre ansie giovanili nell’anticamera di quel pauroso esame di merito distinto che si doveva aprire la via alle maggiori ascese fino a questa felice mattinata in cui il vostro antico compagno di studi e di lavoro e di ardue prove, felicemente superate, considera come sua grande personale fortuna di potervi salutare come Capo e come il più alto custode del divino e terribile compito di giustizia che è insieme onore ed impegno della giovane Repubblica Italiana. Tra gli altri, anche il ministro di Grazia e Giustizia, Avv. Giuseppe Grassi, porse il suo saluto e su Ferrara disse: […] riconoscono in Andrea Ferrara la nobiltà dello spirito, l’acume giuridico che lo ha reso degno di essere oggi il Capo della Magistratura Italiana. E prendo questa occasione per dichiarare come io segua col massimo 90 interesse l’azione della Magistratura. Attraversiamo un momento difficile, è stato detto, è vero, mentre Governo e assemblee sono nel travaglio della ricostruzione giuridica del nostro Paese fin dalla legge fondamentale che deve essere la base del nostro ordinamento giuridico repubblicano. Si impone il compito di ricreare, risorgere la coscienza giuridica di tutto il paese e ristabilire quelli che sono i principi fondamentali di un Governo libero, democratico, ossia il culto della libertà e della giustizia […].

Ferrara quindi concluse rivolgendosi all’uditorio: Le lusinghiere espressioni rivoltemi mi hanno profondamente commosso. Gli affetti che esse han ridestato nel mio cuore, l’intima voce che imperiosamente ammonisce: “reggi il viril proposito ad infallibil segno”, attenuano il turbamento del mio spirito agitato dall’immane responsabilità che mi viene dalle funzioni conferitemi […]. Nell’accenno agli “altri poteri dello Stato”, è implicito il concetto che uno dei poteri sia quello giudiziario, diretto e fondamento depositario di una frazione della sovranità dello Stato. Perché tale, il potere giudiziario non può concepirsi come autonomo e isolato dagli altri due, tutti convergono e si unificano nella Sovranità dello Stato e se da questa tutti discendono, come da Madre comune, per operare armonicamente, armonia non può essere se essi dovessero reciprocamente ignorarsi. La legge trinitaria non è soltanto una dottrina teologica, ma è principio che regola anche l’organizzazione politica dello Stato ove i tre poteri si coordinano e si riassumono nella Sovranità. Quello che occorre, che tutti sentono e tutti invocano, è la indipendenza dei giudici, questo “duro privilegio”, che impone a chi ne gode il “coraggio di restare solo con sé stesso”, come affermò il mio eminente predecessore in una Relazione sul tema. Servirà tale indipendenza per desistere ad eventuali interferenze morbose, per fortuna molto rare, piuttosto che per immunizzare arbitrii, questi anche più rari. Oggi il problema si dibatte davanti all’Assemblea Costituente. La saggezza del grande Consesso rappresentante del Popolo sovrano, affida che la invocata indipendenza sarà solennemente consacrata, anzi rinvigorita per assicurare, sostanzialmente assicurare, la libera e meditata esplicazione della funzione di giudicare i nostri simili, che ha meno dell’umano e più del divino, per tutte le aspre difficoltà che incontra l’esercizio di un’attività che è un sacerdozio civile il quale sta tra il divino e l’umano e deve essere tuttavia esercitata da uomini.

Al vertice della funzione giurisdizionale, disimpegnata fondamentalmente dagli organi dell’ordine giudiziario ed eccezionalmente da giudici speciali, è la Corte Suprema, la quale è qui per assicurare l’uniforme interpretazione ed applicazione delle norme giuridiche che regolano la convivenza umana, qualificate dalla sapienza di Salomone “lampada e strada di vita”. […] Con tali sentimenti e propositi, in un ardente anelito di speranze e di fede nell’affermazione della nostra giovane repubblica, e nella conquista di un mondo migliore che si muova costantemente sulle rotaie della Giustizia, io assumo le funzioni che mi sono state conferite.

Il 4 luglio 1948 venne designato a presiedere la Commissione per lo studio delle riforme da apportare all’Ordinamento giudiziario e di un disegno di legge a riguardo. Venne collocato a riposo per limiti d’età il 30 ottobre 1952 e il 29 novembre gli venne conferita, dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi, l’onorificenza di Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Morì a Roma nel 1954.

POTREBBE INTERESSARTI