DE ROSA GABRIELE

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DE ROSA GABRIELE

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Castellammare di Stabia (NA), 24 giugno 1917 – Roma, 8 dicembre 2009

Docente universitario della prima cattedra italiana di Storia Contemporanea, Senatore e Deputato della Repubblica Italiana, biografo ufficiale di don Luigi Sturzo, esperto di storia del cattolicesimo.

De Rosa Gabriele, storico, docente universitario e politico, nasce a Castellammare di Stabia (NA) il 24 giugno del 1917. Adolescente si trasferisce con la madre a Potenza dove frequenta il Liceo Classico “Quinto Orazio Flacco”, conseguendo la licenza ginnasiale nel 1932. Completati gli studi superiori a Roma, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza a Torino.

Nel 1941, in piena Seconda Guerra Mondiale, ancora studente universitario è chiamato alle armi e, l’anno successivo, partecipa da volontario e come sottotenente dei Granatieri, alla battaglia di El Alamein in Egitto. Sopravvissuto alla tragica disfatta, ne stila il resoconto in “La passione di El Alamein – taccuino di guerra 6 settembre 1942 – 1º gennaio 1943”, un manoscritto che resterà privato per molti anni.

Rientrato in Italia nel 1943, viene ricoverato in un ospedale romano dove inganna la degenza leggendo. Si imbatte nel saggio di Benedetto Croce «Perché non possiamo non dirci “cristiani”» uscito l’anno prima. Quella lettura, che evidenzia l’opera rivoluzionaria del Cristianesimo infusa dai suoi valori morali, fa breccia nella coscienza del giovane tanto da cambiarne radicalmente il pensiero, fino ad allora legato alle ideologie fasciste. Si fa largo in lui una visione più ottimistica della vita. Inizia ad intravedere un futuro migliore per l’Italia, nonostante il tormentato periodo funestato anche dalla guerra interna che vede contrapposti i nazifascisti e le eterogenee forze della Resistenza a cui aderisce per liberare Roma.

Nel 1944 si lega al partito della Sinistra cristiana che, però, ha vita breve. Già l’anno successivo, infatti, il partito si scioglie e De Rosa entra nelle file del Partito Comunista Italiano. Intraprende la strada del giornalismo diventando redattore del quotidiano l’Unità, fino al 1952, poi del mensile letterario «Spettatore italiano» diretto da Elena Croce (figlia di Benedetto), quindi della rivista «Rassegna di politica e storia» dal 1951 fino al 1971.

Nel frattempo, si chiude la militanza nel PCI e ciò avviene nel 1949 in seguito al decreto di scomunica dei comunisti voluto da papa Pio XII. De Rosa passa, allora, alla Democrazia Cristiana continuando, tuttavia, ad esprimere l’indole progressista, che le è propria, all’interno dell’ala sinistra del partito, più attenta all’evoluzione della politica, alle riforme sociali e al rinnovamento.

In questo periodo un altro cambiamento lo attende. Laureato in Legge sente che non è quella la sua strada. L’attività giornalistica svolta sulle colonne politiche, fa maturare in lui interessi nuovi, come quello per la Storia e, soprattutto, per le fonti, le uniche in grado di ricostruire, quanto più fedelmente possibile, il passato. Da lì in avanti la sua vita professionale sarà dedicata alla Storia moderna e contemporanea, e ancora di più, alla storia del movimento cattolico italiano e della Democrazia Cristiana, agevolato in questo, dall’incontro di due sacerdoti illuminati, Luigi Sturzo e Giuseppe De Luca (v. Scheda).

Tale interesse è presto espresso nell’opera in due volumi “L’Azione Cattolica. Storia politica dal 1874 al 1904”, del 1953, e “L’Azione Cattolica. Storia politica del 1905 al 1918” dell’anno successivo (Ed. Laterza). L’opera nasce per l’interessamento dello stesso editore barese che lo invita a sviluppare le tematiche di un articolo, non firmato, pubblicato sullo «Spettatore italiano». Qui, l’anonimo autore invita a rivedere il mondo cattolico sotto una visione meno austera e clericale e più legata, invece, a quella semplice ed autentica della spiritualità collettiva. A De Rosa si chiede, pertanto, di formulare un approccio storiografico che analizzi il movimento cattolico italiano secondo tale orientamento, fino allora mancato. Cosa che il giovane effettivamente fa, partendo dalla «questione romana» fino al decennio giolittiano del primo Novecento.

Questo nuovo percorso lo avvicina a don Giuseppe De Luca, fondatore della casa editrice Edizioni di Storia e Letteratura. I contatti tra i due diventano sempre più stretti tanto da sfociare nella collaborazione di De Rosa nelle stesse Edizioni, che pubblicano alcune delle sue opere e di cui ne diviene direttore. Del sacerdote lucano apprezza in particolare le “Introduzioni al primo volume dell’Archivio italiano per la storia della pietà”.

Tramite lui, lo studioso campano conosce don Luigi Sturzo, è il 1954. Con il fondatore del Partito Popolare Italiano avvia intensi colloqui durati cinque anni, durante i quali De Rosa ha la possibilità di entrare nella mente di un uomo straordinario, dotato di fede salda, di lucidità d’analisi e di nobili valori democratici. Di un uomo che ha fatto la storia della politica italiana e del quale ha il privilegio di redigerne la biografia raccogliendo, dalla sua viva voce, ricordi, pensieri ma anche delusioni ed amarezze.

Sturzo e De Luca sono fondamentali per lui, le figure di riferimento per le sue future analisi storiche con cui cercherà di ricomporre il quadro degli eventi, tenendo conto del ruolo della società cristiana all’interno delle dinamiche economiche, politiche, civili e culturali dell’età contemporanea.

Nel 1957 pubblica il libro “Giolitti e il fascismo in alcune sue lettere inedite” (Ed. Storia e Letteratura) e, l’anno dopo, il volume “Storia del Partito Popolare Italiano” (Ed. Laterza). Sempre nel 1958 acquisisce la libera docenza.

Nel 1959 esce “Filippo Meda e l’Età Liberale” (Ed. Le Monnier) dedicato al banchiere milanese, due volte ministro, protagonista del movimento cattolico italiano tra l’800 e il ‘900.

Nel 1961 vince il concorso per la prima cattedra italiana di Storia contemporanea, materia che insegna nelle Università di Padova e di Roma “La Sapienza”, e pubblica il saggio “Rufo Ruffo della Scaletta e Luigi Sturzo” (Ed. Storia e Letteratura) che contiene lettere e documenti inediti, tratti dall’archivio del nobile antifascista romano, esponente del PPI e poi della DC.

Nel 1963 presenta “I gesuiti in Sicilia e la rivoluzione del ’48” (Ed. Storia e Letteratura), libro che raccoglie documenti sulla condotta della Compagnia di Gesù e gli scritti inediti del gesuita Luigi Taparelli d’Azeglio, filosofo e sociologo torinese vissuto tra il 1700 e il 1800, ideatore del termine «giustizia sociale».

Nel 1966 vi è una doppia pubblicazione: “Storia del movimento cattolico” (Ed. Laterza) opera in due volumi, e “Antifascismo e resistenza” (Ed. Ares). Nello stesso anno fonda a Padova il «Centro Studi per le fonti della storia della Chiesa nel Veneto nell’età contemporanea», allo scopo di avviare ricerche sul vissuto religioso di queste aree. La costituzione del Centro risponde all’esigenza del professore di dare vita a gruppi di giovani studiosi specializzati nel recupero della storia locale. Ed infatti, l’esperienza è ripetuta l’anno successivo a Salerno quando promuove la fondazione del «Centro studi per la storia del Mezzogiorno» al fine di incoraggiare le ricerche sulla storia della società meridionale. «È mia radicata convinzione – dirà in futuro –  che la storia del Mezzogiorno occorre viverla anche come esperienza civile, umana e culturale, verificata sul posto e questa ‘verifica’ porta dritto alla affermazione che molta parte della questione meridionale non si spiega senza una piena consapevolezza del significato di tempo storico per il Sud». Dell’Ente, nato nell’ambito dell’Istituto di Storia della Facoltà di Magistero dell’Università di Salerno, ne sarà sempre il direttore.

Nel 1968 presenta “Giuseppe Sacchetti e la pietà veneta” (Ed. Studium) dedicato al pensiero del filosofo e giornalista padovano cattolico vissuto nell’800.

Nel 1969 e fino al 1974 è rettore dell’Università degli Studi di Salerno, ateneo dove insegna Storia medievale e moderna e, nel 1970 pubblica “Il movimento cattolico in Italia. Dalla Restaurazione all’età giolittiana” (Ed. Laterza).

Nel 1971 esce “Vescovi, popolo e magia nel sud. Ricerche di storia socio-religiosa dal XVII al XIX secolo” (Ed. Guida), un saggio nel quale il professore si allontana dai toni politici con i quali ha affrontato il cattolicesimo italiano a favore di una visione più vicina alla gente comune e al loro modo di esprimere la fede. Con questo lavoro, l’autore comunica l’interesse ritrovato per il fenomeno della religione di massa, della pietà popolare, nel Meridione, sconfinante sovente nel magico e nel superstizioso. Un’indagine che include anche il contesto più illuminato delle Istituzioni cattoliche.

Nel 1973 pubblica con lo storico Antonio Cestaro “Territorio e società nella storia del Mezzogiorno” (Ed. Guida) e, anche con lui, promuove, nel 1974, l’istituzione a Potenza di una sezione staccata del «Centro studi per la storia del Mezzogiorno» grazie alla convenzione stipulata tra l’Università di Salerno e la Regione Basilicata. L’intento è il medesimo: offrire ai giovani studiosi opportunità di approfondire le tematiche relative alla storia sociale della Basilicata e del Sud in generale.

Nel 1975 presenta “L’utopia politica di Luigi Sturzo” (Ed. Morcelliana) e fonda, a Vicenza, «l’Istituto per le Ricerche di storia sociale e religiosa» prolungamento, di fatto, del Centro studi sorto a Padova nove anni prima, ma con un respiro più ampio poiché allarga lo sguardo all’Italia e all’Europa.

Nel 1977 esce il saggio “Luigi Sturzo” (Ed. UTET) a cui segue, l’anno dopo, “Chiesa e religione popolare nel Mezzogiorno” (Ed. Laterza).

Nel 1979 diventa presidente a vita dell’Istituto don Luigi Sturzo di Roma, un riconoscimento naturale per lo studioso che è stato vicinissimo al sacerdote siciliano divenendone amico fedele. A lui dedica ulteriori monografie al fine di far comprende appieno la sua persona a scanso di opportunistici travisamenti.

Pertanto, nel 1982 dà alle stampe “Sturzo mi disse” (Ed. Morcelliana), un libro intervista in cui il fondatore del PPI racconta sé stesso e la storia del cattolicesimo dal Risorgimento alla Repubblica, sottolineando la presenza attiva dei cattolici nella vita reale del paese, sfociata nella nascita dei grandi partiti di ispirazione cristiana.

Nel 1983 nasce a Potenza «l’Associazione per la storia sociale del Mezzogiorno e dell’area mediterranea», diretta prosecuzione del precedente Centro studi, che promuove, tre le altre cose, studi e ricerche a tema con il coinvolgimento delle nuove generazioni di ricercatori. L’Associazione pubblica, inoltre, la “Rassegna storica lucana” bollettino di informazione sulle attività del Centro in cui Gabriele De Rosa è affiancato nella direzione dal collega Antonio Cestaro.

Nel 1984 vince a Potenza il Premio Letterario Basilicata per la saggistica storica, opera omnia.

Nel 1987 pubblica il primo volume di “Tempo religioso e tempo storico. Saggi e note di storia sociale e religiosa dal Medioevo all’età contemporanea” (Ed. Storia e Letteratura), e “Il Mezzogiorno spagnolo tra crescita e decadenza” (Ed. Il Saggiatore). Nello stesso anno è eletto senatore della Repubblica nelle fila della Democrazia Cristiana.

Nel 1988 presenta “Da Luigi Sturzo a Aldo Moro” (Ed. Morcelliana), testo in cui compare la figura dell’illustre esponente pugliese della DC con il quale, da intellettuale, ha strettamente collaborato; quindi, il libro “Il Partito Popolare Italiano” (Ed. Laterza).

Nel 1990 pubblica “Storie di santi” (Ed. Laterza) e, due anni dopo, è nuovamente eletto senatore acquisendo, nel 1993, la nomina di capogruppo della DC.

Nello stesso anno esce il secondo volume di “Tempo religioso e tempo storico. Saggi e note di storia sociale e religiosa dal Medioevo all’età contemporanea” (Ed. Storia e Letteratura).

Nel richiamo alle urne del 1994, De Rosa viene eletto deputato nelle fila, stavolta, del nuovo Partito Popolare Italiano, nato dalle ceneri della Democrazia Cristiana e di cui è tra i promotori. Terminata la legislatura dopo soli due anni, esce dalla vita parlamentare ma non da quella politica dove continua, tenacemente, a portare avanti le sue convinzioni.

Sente forte il dovere morale di perpetuare la vita e l’opera di don Luigi Sturzo anche attraverso l’omonimo Istituto di cui è presidente; di difendere la dignità e il valore etico della Resistenza contro chi cerca di negarli; di portare avanti il progetto del PPI seppur destinato ad avere poca fortuna.

Il ritorno agli studi è sancito nel 1997 con l’uscita del libro “La transizione infinita. Diario politico (1990-96)” (Ed. Laterza) con cui il professore racconta i recenti anni della politica italiana. In queste pagine c’è la testimonianza diretta di quanti hanno vissuto da protagonista quelle fasi di passaggio che hanno cambiato, definitivamente, l’assetto politico del Paese. La sua in primis, ma anche quella di altri influenti esponenti politici.

Nel 1998 pubblica il terzo volume di “Tempo religioso e tempo storico. Saggi e note di storia sociale e religiosa dal Medioevo all’età contemporanea” (Ed. Storia e Letteratura) e, nel 1999, “La storia che non passa. Diario politico (1968-1989)” (Ed. Rubbettino).

Nello stesso anno si concretizza un ambizioso progetto di tenore storico. Esce, infatti, il primo volume di “Storia della Basilicata” (Ed. Laterza), compendio che ripercorre, in versione aggiornata e revisionata, il passato delle terre lucane, dalle epoche antiche fino al presente. La corposa opera si compone di quattro tomi, è curata da De Rosa e Cestaro, e vede la partecipazione di esperti delle varie epoche. Inoltre, si riallaccia alla «Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata» di Giacomo Racioppi e all’inedito manoscritto «Lucania Sconosciuta» del frate agostiniano Luca Mannelli (o Mandelli) vissuto nel ‘600. Il primo volume ha per sottotitolo «L’Antichità» ed è supervisionato dall’archeologo rumeno Dinu Adamesteanu.

Nel 2000 pubblica “La crisi dello Stato liberale in Italia” (Ed. Studium) ed esce, con la supervisione di Antonio Cestaro, “L’Età moderna” terzo volume di “La Storia della Basilicata”.

Nel 2002 è la volta di «La Basilicata contemporanea», quarto volume di “Storia della Basilicata” del quale, De Rosa, segue personalmente la stesura. Nello stesso anno, viene pubblicato “La passione di El Alamein. Taccuino di guerra 6 settembre 1942 – 1º gennaio 1943” (Ed. Donzelli). A distanza di sessant’anni il pubblico viene a conoscenza del diario che scrisse in occasione della sua partecipazione alla disastrosa battaglia in Egitto.

Vincendo la ritrosia per quei ricordi gelosamente custoditi, il professore decide di renderli noti spinto dalla difesa dell’amor di patria che, come un’aura, ha avvolto la storia unitaria dell’Italia fino alla fondazione della Repubblica. È un piccolo capolavoro letterario che, va precisato, di guerresco ha ben poco. Qui, al contrario, si percepisce l’umanità che si muoveva in quei concitati momenti, il senso del dovere e del mutuo soccorso tra persone che si trovavano a condividere pericoli grandi.

Nel 2003 il Comune di Potenza gli conferisce la cittadinanza onoraria a suggello dell’affetto sincero verso l’eminente storico che, già da giovanissimo, vi ha abitato. “Mi lega alla città di Potenza una lunga consuetudine di studi, qui fatti. – dichiara in un’intervista televisiva rilasciata al giornalista Rocco Brancati (v. Scheda) -. Studi ai quali mi aveva incitato quello che considero uno dei miei maestri, don Giuseppe De Luca che era lucano, di Sasso di Castalda, uomo di grande esperienza e di una cultura sterminata. E con lui ho fatto i primi discorsi su Potenza, sulla Basilicata. E ricordo la prima proposta di lavoro che mi suggerì, il tema su cui lavorare. Il tema era, secondo lui, la vita di Vincenzo D’Elia (v. Scheda), fondatore e direttore della «Provincia», il primo giornale cattolico che si pubblicò a Potenza”.

Nel 2006 esce il secondo volume di “Storia della Basilicata” (Ed. Laterza) sottotitolato “Il Medioevo” curato da Cosimo Damiano Fonseca (v. Scheda).

Nel 2007 presso l’Istituto Luigi Sturzo di Roma viene organizzata la festa per il suo novantesimo compleanno alla presenza dell’allora presidente del Senato Franco Marini. È uno dei suoi ultimi momenti di serenità e spensieratezza. Da lì a due anni il professore non ci sarà più.

Gabriele De Rosa muore a Roma l’8 dicembre del 2009. Ai funerali i fiori bianchi dei cattolici demo­cratici e quelli rossi dell’Istituto Gramsci ornano il feretro a simboleggiare la diffusa stima verso l’uomo, lo studioso, il politico, la cui levatura è riconosciuta da tutti. Oltre alla moglie, i figli e i ni­poti, vi sono i maggiori esponenti del mondo politico ed istituzionale del Paese, mentre l’aula di Montecito­rio gli rende omaggio osservando un minuto di silenzio in piedi. Tantissimi sono gli storici presenti, colleghi, allievi, generazioni di studiosi che sul suo pensiero e sulle sue ricerche hanno dialogato, si sono confrontati e formati.  Vi sono, poi, i Granatieri di Sardegna, il corpo militare di cui aveva fatto parte nella battaglia di El Alamein.

C’è il personale dell’Istituto Stur­zo che, nel 2011, intitola a lui la Biblioteca, scrigno di un vastissimo patrimonio umanistico, italiano ed internazionale, che la Soprintendenza ai beni culturali ha dichiarato essere «d’importanza storica nazionale e di eccezionale interesse culturale». Qui, tra i vari fondi donati, vi è anche quello dello stesso De Rosa. E poi ci sono tanti amici ed estimatori uniti in una comune e sentita commozione.

«Vorrei riuscire a morire oggi o domani con la semplicità e tranquil­lità di una fede divina» aveva scritto il professore, già avanti negli anni, in una pagina del suo diario. In questa semplice frase rinnovava quel credo che lo ha accompagnato in quasi tutta la sua vita e che lo ha ispirato nel lavoro, svolto sempre con assoluta obiettività. Acuto testimone della storia italiana del Novecento, Gabriele De Rosa è ricordato, infatti, per il rigore metodologico con cui portava avanti le sue ricerche, attraverso l’accurata analisi delle fonti che cercava tra archivi e registri a lungo trascurati. Come quelli ecclesiastici, parrocchiali, vere miniere di informazioni tramite le quali ricostruiva il passato di comunità per nulla statiche o avulse dagli eventi storici a loro contemporanei. Un lavoro certosino, il suo, che gli aveva permesso di ribaltare verità acquisite riguardanti fatti o persone di cui era riuscito a mostrarne la vera natura. Lavoratore instancabile, aveva creato reti tra i luoghi in cui aveva operato. Sempre in viaggio tra i Centri Studi da lui fondati al Nord come al Sud, aveva fatto dell’analisi comparativa un paradigma utile a spiegare le diversità di questi due mondi, soprattutto riguardo alla fede e alle modalità con cui veniva manifestata. Per lui era importante il vissuto religioso dei vescovi, del clero, delle parrocchie e delle persone più umili, siano essi contadini del Sud o operai del Nord.

L’argomento religioso e le dinamiche storiche del mondo cattolico avevano condizionato praticamente l’intera sua produzione. Laureato in Legge, abdicò i codici a favore della Storia la cui vocazione non nacque dai testi, da scuole di pensiero o da maestri, ma dall’intensa attività politica e giornalistica che lo spinsero ad approfondire temi e a leggere le fonti della storia contemporanea, in ottemperanza alla sua inesauribile sete di verità. Che si svelava man mano procedeva con lo scavo negli archivi, con l’acquisizione dei documenti grazie ai quali aveva maturato l’idea di società delle intersezioni, dove cultura, pratica religiosa, economia, istituzioni non sono elementi a sé, ma parti di una medesima realtà storica, di un’unica umanità.

Abile divulgatore ha scritto innumerevoli testi di storia moderna e contemporanea anche per le Scuole Superiori; ha collaborato con riviste, quotidiani e programmi televisivi al fine di diffondere cultura al grande pubblico. Ha organizzato seminari ampiamente partecipati da allievi che giungevano da ogni parte d’Italia per ascoltare gli eminenti studiosi invitati, ma soprattutto il loro professore del quale ammiravano il rigore scientifico, l’onestà intellettuale e l’affabilità espressa durante i non rari momenti di convivialità. Eredi del suo metodo di studio e del suo amore per la Storia, anche di ogni più piccolo borgo, alcuni di questi ricercatori furono preziosi, all’indomani del terribile terremoto dell’Irpinia del 1980, nel salvare e recuperare dalle macerie ciò che restava degli archivi parrocchiali, comunali, privati, evitando, così, l’estinzione della storia locale.

«La storia – dichiarava Gabriele De Rosa – non è un esercizio gratuito, la storia non è memoria mummificata, non è informazione passiva di quel che è accaduto, non è raccolta di quel che è morto, è conoscenza nel senso più puro del termine, conoscenza di vita, intreccio di esperienze che si prolungano fino a noi».

Anna Mollica

 

BIBLIOGRAFIA

  • DE ROSA GABRIELE L’Azione Cattolica. Storia politica dal 1874 al 1904, Laterza Editori, Bari, 1953
  • DE ROSA GABRIELE L’Azione Cattolica. Storia politica del 1905 al 1918, Laterza Editori, Bari, 1954
  • DE ROSA GABRIELE Giolitti e il fascismo in alcune sue lettere inedite, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1957
  • DE ROSA GABRIELE Storia del Partito Popolare, Laterza Editori, Bari, 1958
  • DE ROSA GABRIELE Filippo Meda e l’Età Liberale, Le Monnier, Firenze, 1959.
  • DE ROSA GABRIELE Rufo Ruffo della Scaletta e Luigi Sturzo, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1961
  • DE ROSA GABRIELE I gesuiti in Sicilia e la rivoluzione del ’48, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1963
  • DE ROSA GABRIELE Storia del movimento cattolico, Laterza Editori, Bari, 1966
  • DE ROSA GABRIELE Antifascismo e resistenza, Edizioni Ares, Milano, 1966
  • DE ROSA GABRIELE Giuseppe Sacchetti e la pietà veneta, Edizioni Studium, Roma, 1968
  • DE ROSA GABRIELE Il movimento cattolico in Italia. Dalla Restaurazione all’età giolittiana, Laterza Editori, Bari, 1970
  • DE ROSA GABRIELE Vescovi, popolo e magia nel sud, Guida Editori, Napoli, 1971
  • DE ROSA GABRIELE Territorio e società nella storia del Mezzogiorno, (con A. Cestaro), Guida Editori, Napoli, 1973
  • DE ROSA GABRIELE L’utopia politica di Luigi Sturzo, Editrice Morcelliana, Brescia, 1975
  • DE ROSA GABRIELE Luigi Sturzo, UTET Editori, Torino, 1977
  • DE ROSA GABRIELE Chiesa e religione popolare nel Mezzogiorno, Laterza Editori, Bari, 1978
  • DE ROSA GABRIELE Sturzo mi disse, Editrice Morcelliana, Brescia, 1982
  • DE ROSA GABRIELE Tempo religioso e tempo storico, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1987
  • DE ROSA GABRIELE Il Mezzogiorno spagnolo tra crescita e decadenza, casa editrice Il Saggiatore, Milano, 1987
  • DE ROSA GABRIELE Da Luigi Sturzo a Aldo Moro, Editrice Morcelliana, Brescia, 1988.
  • DE ROSA GABRIELE Il Partito Popolare Italiano, Laterza Editori, Bari, 1988
  • DE ROSA GABRIELE Storie di santi, Laterza Editori, Roma-Bari, 1990
  • DE ROSA GABRIELE Tempo religioso e tempo storico. Saggi e note di storia sociale e religiosa dal Medioevo all’età contemporanea II, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1993
  • DE ROSA GABRIELE La transizione infinita. Diario politico (1990-96), Laterza Editori, Roma-Bari, 1997
  • DE ROSA GABRIELE Tempo religioso e tempo storico. Saggi e note di storia sociale e religiosa dal Medioevo all’età contemporanea III, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1998
  • DE ROSA GABRIELE La storia che non passa. Diario politico (1968-1989), Rubbettino Editore, 1999
  • DE ROSA GABRIELE La crisi dello Stato liberale in Italia, Edizioni Studium, Roma, 2000
  • DE ROSA GABRIELE La passione di El Alamein. Taccuino di guerra 6 settembre 1942 – 1º gennaio 1943, Donzelli Editore, Roma, 2002
  • DE ROSA GABRIELE e ANTONIO CESTARO (a cura di) Storia della Basilicata, vol. I-IV, Laterza Editori, Roma-Bari, 1999-2006

 

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