CERABONA PROSPERO

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CERABONA PROSPERO

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In una Torino meta dei disoccupati senza qualifica provenienti dal Sud si raccordò con un Carlo Levi ritrovato, di cui colse la grande capacità di intendersi sui problemi degli immigrati, persino nel linguaggio. Cerabona si trovò ad operare a Torino nella Federazione italiana lavoratori emigrati e famiglie (Filef), sorta ad iniziativa di Levi ed Amendola, con cui cominciò la battaglia contro l’emigrazione forzata per il riconoscimento agli emigrati della qualità di uomini portatori degli stessi diritti di cui godevano i lavoratori del luogo.

Si è a 62 anni dall’arrivo, nel 1959, al binario 18 di Torino Porta Nuova. Prospero Cerabona era un bracciante lucano, cresciuto tra i calanchi del Cristo si è fermato a Eboli. Si era all’inizio del grande fenomeno migratorio a Torino. Tra il 1959 e il1962 vi arrivarono 108.000 Pugliesi, 84.800 Siciliani, 50.000 Calabresi, 24.000 Lucani, 40.000 Campani; 20.000 Sardi, 80.000 Veneti. Fu l’anno dell’assalto dei disoccupati senza qualifica, disposti a tutto pur di avere un posto nella luminosa fabbrica. Era la “riserva indiana” del Sud che dalle città-campagna andava verso la città-fabbrica, massa anonima finita, e anzi alla ricerca della catena di montaggio.

Stordito, ma non impaurito, l’immigrato Prospero colse subito, tra i primi, la drammaticità del contrasto tra il progresso tecnico-materiale del Nord e l’arretratezza economico-culturale del Sud. La riflessione era spontanea e caotica, ma anche dolorosa. Era una amara riflessione sulla dicotomia Nord-Sud, sulle sofferte condizioni dei braccianti del Sud e l’operosità tranquilla degli operai del Nord.

Nel suo travaglio interiore, convivevano ricordi biografici e spunti inconsci di natura sociologica ed esistenziale. Della ormai lontana Lucania-Basilicata ricorrevano i ricordi delle lotte di emancipazione per la conquista degli elenchi anagrafici, per l’imponibile della manodopera, per i primi diritti previdenziali. In quei frangenti, Prospero Cerabona aveva conosciuto Carlo Levi e Giorgio Amendola. Sua fortuna fu che, arrivato a Torino, il giorno dopo già trovò lavoro. Si risolvevano le due prime necessità di emergenza: lavorare e dormire. Ma si respirava aria diversa. Si era pur sempre nella città di Carlo Levi e nella Torino liberata dal Fascismo e dal Nazismo. Era la città del triunvirato organizzatore della rivolta, con a capo Giorgio Amendola, comandante “Palmieri”.

Presto Prospero Cerabona si raccordò con un Carlo Levi ritrovato, di cui colse la grande capacità di intendersi sui problemi degli immigrati, persino nel linguaggio. Intuì che non era vero che egli era legato ad un passato magico, fermo nel tempo. Evidente, invece, gli apparve la sua proiezione verso un futuro di emancipazione e di libertà per tutti. Sulle orme di Gramsci, Levi insegnava che il nuovo mondo andava costruito innanzitutto con il contributo degli intellettuali veri e onesti. I contadini meridionali, dal loro canto, dovevano imparare a scrivere, andare alla scuola del movimento popolare, della classe operaia e dei contadini della Valle Padana, che già si erano liberati dalle nebbie e dai fumi di antiche magie.

All’orizzonte, con Carlo Levi si riaffacciò – e fu figura prepotente – Giorgio Amendola. Carlo Levi fu eletto senatore nel 1963 e nel 1968. In Parlamento portò la sua voce di antifascista, nemico della violenza terrorista, sostenitore, con Amendola, di una Europa unita. Scelse il ruolo di difensore dei nuovi reietti di una società fattasi diversamente iniqua, che portava milioni di infelici ad abbandonare le loro case e i loro paesi in cerca di lavoro. Fu così che, nel 1967, auspice Giorgio Amendola, presente un altro sognatore, il calabrese Paolo Cinanni, già alunno e ammiratore di Cesare Pavese, nacque la Federazione italiana lavoratori emigrati e famiglie (Filef), con cui cominciò la battaglia contro l’emigrazione forzata, che tanto ricordava la diaspora ebraica. Agli emigrati andava riconosciuta la qualità di uomini portatori degli stessi diritti di cui godevano i lavoratori del luogo.

Amendola e Levi, pur da posizioni ideologiche diverse, trovarono un grande accordo nelle loro battaglie civili e politiche per il Mezzogiorno. Sia per l’uno che per l’altro, la questione meridionale, come per Gramsci, era una questione nazionale. Del resto, se Levi, artista, aveva forti propensioni politiche, è vero che Amendola, politico, aveva forti propensioni artistico-letterarie, come dimostrarono i tre bei libri da lui scritti a coronamento della sua vita. Si vuol dire di Lettere a Milano (1973), Una scelta di vita (1976) e Un’isola (1980). Ambedue, Levi e Amendola, avevano la libertà della parola, perché non avevano paura della libertà.

Per quanto detto, presto Prospero Cerabona si trovò ad operare nella Filef, cioè, come d’incanto, al fianco di Carlo Levi, in senso ideale, ma spesso anche in senso fisico, come se non fossero passati gli anni che lo separavano da quel lontano 1956, quando lo aveva incontrato nella sua Basilicata. A Torino colse la lezione di Levi, nel bisogno, da lui espresso, di assistere e organizzare le migliaia di immigrati dal Sud, che lasciavano i campi, le greggi, la zappa, gli aratri (talvolta ancora a chiodo), per entrare nella fabbrica (RIV ora SKF) e vestire la tuta. Pensare di “rimandarli a casa” non sarebbe stato possibile e, del resto, loro non avrebbero voluto, come non voleva lo stesso Cerabona. Nella consapevolezza che si faceva parte di una stessa patria, quella dell’umanità che lavora, per cui, comunque, il problema era di dare a quegli infelici dignità di uomini, con tutti i diritti che ciò comporta, Cerabona fece accoglienza e fu organizzatore. Non si pose mai il problema del ritorno, ma, piuttosto, quello di non cancellare i legami con la terra d’origine.

Certo, l’emigrazione, per chi la visse, fu un fatto doloroso, traumatico e spesso tragico. E come tale la avvertirono Levi e Amendola, che, con uguale slancio umano ed etico, se ne vollero occupare, ma fu anche, a guardar le cose dopo mezzo secolo, una grande rivoluzione. L’emigrato, anche grazie ai movimenti sindacali, conobbe presto i propri diritti e se ne fece difensore: per sé e per tutti. Nel giro di un decennio, raggiunse un umano livello di vita, acquisì una maggiore dignità e i primi riconoscimenti professionali. Entrò nella storia, diventando parte attiva della vita nazionale.

Fu per questo che Cerabona, alla loro scomparsa, volle conservare il nome dell’insegnamento di Levi e Amendola. A Levi fu dedicata l’Associazione Lucana in Piemonte, che ha come obiettivo precipuo quello di mantenere vivo il legame fra i molti lucani del Piemonte e la loro terra d’origine (è noto che Torino è la terza città per presenze lucane); ad Amendola, invece, volle intitolare una Fondazione, che, nel nome del grande politico, europeista e comunista, di formazione liberaldemocratica, intende mantenere desti e vivi quella cultura e quei valori che furono il fondamento della Costituzione e della Repubblica italiana.

Oggi si è a 62 anni dal grande fenomeno migratorio verso Torino, a 52 dal ’68. Quando Ettore Scola andò a Torino a girare il documentario Trevico-Torino: viaggio nel Fiatnam, Prospero Cerabona fu scelto a rappresentare – come ha scritto il saggista Goffredo Fofi – la coscienza “amendoliana” della classe operaia immigrata a Torino. Questa coscienza – ha scritto lo storico Giovanni De Luna il 22 novembre 1995 su “La Repubblica” – fu “efficacemente rappresentata”.

Il film era innanzitutto il modo di comunicare con i paesi di origine; era come scrivere le lettere al paese, alle mamme, alle famiglie, ai fratelli, alle fidanzate.

Intanto continuava il processo di acculturazione di Prospero Cerabona e dei suoi compagni. Era possibile, seppure con grandi sacrifici, riprendere le scuole: quelle serali. Di fabbrica, di partito, sindacali.

Fu la cosa più esaltante di quel periodo. I “cafoni” di ieri, o almeno la parte più consapevole di loro, scoprivano che lo studio non era solo un valore in sé, ma andava finalizzato al ruolo da svolgere nella società; non era fattore di promozione sociale, ma strumento dei mutamenti, parte della visione progressista del mondo.

Cerabona è convinto che di qui bisogna ripartire, mentre altra emigrazione, planetaria, sta sconvolgendo gli equilibri del mondo. Di questo deve prendere consapevolezza la nostra classe dirigente politica ed istituzionale. Da Abramo e Sarah di 38 secoli fa nulla e nessuno è mai riuscito a fermare i grandi spostamenti di popoli, come travaso dai paesi poveri verso quelli ricchi. La guerra e l’odio non risolvono nulla Se Marx scrisse e gridò: “Proletari di tutto il mondo unitevi”, invitando alla lotta di classe, oggi il messaggio può essere solo quello della pace, della concordia e della unità nel diritto di tutti alla vita. Forse è più valido il messaggio di Papa Francesco.

 

 

(1959: arrivo al binario 18 di Torino Porta Nuova. Testimonianza di Prospero Cerabona)

Fondazione Giorgio Amendola

La Fondazione Giorgio Amendola è stata istituita a Torino nel 1982: in oltre 30 anni di esistenza, è diventata un punto di riferimento e di aggregazione del quartiere torinese di Barriera di Milano e di tutta la città, proponendo un vasto programma di attività inclusive, anche di carattere nazionale.

Nella sua evoluzione, la Fondazione si è impegnata in progetti culturali, studi, convegni, pubblicazioni editoriali cartacee e web, mostre d’arte di grande prestigio e gruppi di incontro sui temi più vari: dalla politica nazionale ed europea alle iniziative di sensibilizzazione sociale sulle tematiche civili, dal coinvolgimento delle scuole (con progetti strutturati ad hoc) a conferenze a tema artistico e letterario.

 

L’intitolazione a Giorgio Amendola – partigiano, liberatore d’Italia, Padre Costituente, intellettuale di spicco e dirigente del Partito Comunista Italiano – vuole riproporre nel contesto sociale e politico contemporaneo i valori e le linee guida del pensiero amendoliano, caratterizzate da sguardo prospettico sulle dinamiche contemporanee e da profondo desiderio di studio ed approfondimento dei temi.

 

La Fondazione Giorgio Amendola è dunque aperta al pubblico (lun-ven 9.30-12.30 e 15.30-19.30; sab 9.30-12.00) e mette a disposizione dell’utenza i propri spazi per proseguire la costruzione di una comunità attiva, consapevole, partecipe e solidale.
Le sue attività istituzionali si svolgono sotto la guida e il consiglio del Comitato Scientifico, in cui figurano i massimi esponenti della cultura, della politica e degli Enti Istituzionali torinesi (e non solo).

PRESIDENTE

Prospero Cerabona

Associazione Lucana Carlo Levi

L’Associazione Lucana in Piemonte Carlo Levi si crea nella seconda metà degli anni ’70 del ‘900, poco dopo la morte del poeta e scrittore (avvenuta nel 1975), per volontà dei tanti emigrati lucani presenti in Piemonte e nella città di Torino.
Riconosciuta ufficialmente nel 1981, l’Associazione ha svolto importanti funzioni di coesione sociale e di gemellaggio tra il Piemonte e la Basilicata, nel solco dell’insegnamento di quel “torinese del Sud” che era appunto Carlo Levi.

Il difficile cammino di integrazione della folta comunità meridionale, venutasi a creare a Torino in conseguenza della crescita della città come polo industriale, ha visto una progressiva evoluzione nei decenni, a partire dagli anni ’50 fino ai giorni nostri.

L’Associazione Lucana in Piemonte Carlo Levi è stata protagonista di questa evoluzione, fungendo da punto di riferimento per gli emigrati di prima e seconda generazione: il fenomeno migratorio, vissuto dapprincipio con malcelato fastidio reciproco, doveva invece tramutarsi invece in risorsa reciproca, abbandonando le chiusure mentali e le tentazioni vittimistiche insite in un tale contesto.

L’Associazione Lucana in Piemonte Carlo Levi si è dunque sempre mossa con il fine di favorire l’appianamento di queste tensioni, promuovendo la conoscenza e il riconoscimento dei valori reciproci: i lucani in Piemonte – e in generale, gli emigrati meridionali – hanno smesso di essere “ospiti a Torino”, per diventare compiutamente cittadini protagonisti nel tessuto sociale della principale città industriale italiana.

https://www.fondazioneamendola.it/associazione-lucana-carlo-levi/

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