CARBONE ANTONIO

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CARBONE ANTONIO

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Melfi 23 marzo 1919 – 2 novembre 2000

detto “Tonino”, imprenditore legato al marchio “Monticchio Gaudianello”

Arcangela D’Alessandro e Girolamo Carbone, dalla vicina Cerignola in Puglia, nei primi anni del Novecento, per una fuga d’amore, si trasferiscono a Melfi dove già vengono a fare mercato ambulante di frutta a giorni alterni. Mettono su un banco fisso e incrementano la loro attività di commercio, ampliando la gamma dei prodotti venduti alla verdura, alle primizie, “sono tutti buoni i portogalli di Girolamo”, il loro motto impera sulla piazza ed è sinonimo di qualità.
Comprano una casa a Melfi in piazza D’Addezio e lì mettono famiglia, nascono Michele, Antonio, Vito, Anna e Salvatore, tutti al lavoro al banco in piazza.
Michele sposa Giuseppina Prodigo ed hanno sei figli, una femmina e cinque maschi, tra i quali Antonio che nasce a Melfi il 23 marzo 1919.
Li avviano tutti agli studi, tenendoli comunque legati all’attività commerciale che si ingrandisce a vista d’occhio e si fa complessa, ha bisogno di risorse manuali e intellettuali.
Cominciano a vendere anche baccalà sul banco in piazza, poi, imbroccata la strada giusta, prendono ad importarlo direttamente dalla Norvegia. La merce arriva al porto di Bari, la prelevano e la distribuiscono anche ad altri commercianti della zona. Sono gli anni trenta del Novecento.
Intanto i figli terminano gli studi tecnici presso il “Gasparrini” di Melfi, Antonio si diploma geometra, Luigi si iscrive all’Accademia aeronautica militare, diventerà ufficiale superiore ed andrà in pensione con il grado di generale. Tutti gli altri restano a collaborare nell’attività commerciale che ormai è una vera azienda con vari dipendenti.
Antonio, detto “Tonino”, allo scoppio della seconda guerra mondiale è arruolato nella fanteria con il grado di tenente; come tanti altri è mandato in Grecia a conquistare l’impero per i Savoia e per Mussolini. Dopo l’armistizio, sbandato come tutti gli altri soldati abbandonati da Badoglio sul fronte di guerra, viene accolto e ospitato presso una famiglia greca.
Con l’aiuto dei Greci riesce a tornare in Italia, sposa Clara Romano che resterà con lui per tutta la vita e si dedica all’attività commerciale ed anche alla politica, diventa consigliere comunale.
Diventa anche il fulcro dell’azienda di famiglia che ormai spazia dal commercio della frutta, al pesce, alla pasta a tutti i prodotti alimentari.
I fratelli Carbone avviano anche il commercio all’ingrosso ed aprono un frantoio oleario; sono ormai i signori della piazzetta delle erbe, ma non si sente più il motto di Girolamo.
Sempre in piazzetta, Antonio, in società con un fratello ed un cugino, apre il primo “supermercato”.
Prende in gestione un bar-pasticceria sul viale della stazione ferroviaria che porta il nome del “Vate” Gabriele D’Annunzio. Renata, una sua figlia, è andata in sposa a Silvio Montanarella, di Melfi, ammiraglio e aviatore, fondatore del Battaglione San Marco, tra i protagonisti dell’impresa di Fiume.
Lì apre una pista da ballo, installa il primo televisore per i clienti.
Si rifiuta di comprare un appartamento, è convinto di dover investire i capitali nell’impresa piuttosto che per necessità personali e resta in casa d’affitto. A lui si rivolgono i fratelli e cugini per sanare contrasti e lui che dà la via tirandosi sempre indietro per favorire la soluzione più condivisa; è un pragmatico fin nel midollo, di poche parole, ma secche e decise. Ha il piglio milateresco, lo chiamano per questo il “tenente”, anche per il suo passato militare.
Nei primi anni sessanta del Novecento si presenta un’opportunità per diversificare ulteriormente l’attività d’impresa.
Il Consorzio Agrario Provinciale di Potenza è proprietario dello stabilimento d’imbottigliamento delle acque minerali di Monticchio. Decine di donne della vicina frazione di Foggiano riempiono a mano sotto tante fontanelle in fila bottiglie con l’acqua minerale che sgorga dalle visceri el Vulture naturalmente frizzante; il vetro è così spesso che le bottiglie avrebbero potuto contenere champagne. Si produce con quell’acqua anche l’aranciata, fatta direttamente da arance che arrivano dalla Sicilia. Una squadra di falegnami assembla cassette di legno da 12 bottiglie da litro per l’acqua e 24 bottiglie per l’aranciata. Ogni cassa pesa un macigno e mette a dura prova la forza degli operai addetti al carico e scarico della merce. È un’attività che ha costi di produzione molto elevati ed un mercato di sbocco ancora limitato. L’acqua si vende solo ai signori delle piazze più ricche della Puglia, ovunque si consuma acqua di rubinetto o della fontana pubblica, di domenica l’acqua minerale si fa con “l’Idrolitina”, l’aranciata è un lusso impossibile.
L’attività industriale versa in cattive acque e il Consorzio Agrario proprietario non ha voglia di invischiarsi in un’impresa che richiede piglio, capacità imprenditoriali e capitali.
Direttore del Consorzio è Alfonso Foligno che ha sposato Lina Carbone, sorella di Antonio, alla ricerca di una via d’uscita dall’attività di imbottigliamento, chiama “Tonino” e gli offre la possibilità di rilevare l’attività industriale.
Antonio fiuta l’aria, si è in pieno “miracolo economico”, percepisce che anche l’acqua come la pasta, lo zucchero, il baccalà sta per diventare un bene di largo consumo, interpella i fratelli e cugini, sono restii ma li convince a cogliere l’occasione. Creano una nuova società, coinvolgono anche il direttore del laboratorio chimico dello stabilimento, della famiglia Manuti di Barletta, e altri due soci esterni, in tutto sono dieci soci. Prima prendono in affitto l’azienda poi firmano un pacco di cambiali e l’acquistano esercitando l’opzione del riscatto a fine locazione, scommettono tutto sull’industria di acque minerali. Sono imprenditori nel sangue, i tempi cambiano e loro precedono gli eventi. Ammodernano lo stabilimento con impianti d’imbottigliamento automatici acquistati in Germania e sviluppano le vendite con una rete territoriale di concessionari con l’esclusiva del marchio “Monticchio Gaudianello” in tutto il Sud dell’Italia.
La Puglia è il loro dominio incontrastato, lo dividono solo con la birra Peroni che ha stabilimento di produzione a Bari. Autobus carichi di turisti partono dalle coste pugliesi per riempire bottiglie di acqua minerale alla fontanella all’ingresso dello stabilimento e per raggiungere i laghi di Monticchio poco distanti.
Alla fine degli anni sessanta si arriva a produrre dieci milioni di bottiglie all’anno, quando lo avevano rilevato se ne producevano meno di un milione.
La frazione di Foggiano può contare sulla piena occupazione; uomini e donne lavorano presso lo stabilimento senza smettere di allevare figli e pecore e coltivare vigne. Le donne che hanno figli da allattare possono raggiungere, a turno, in cinque minuti il piccolo a casa, tacitarlo e tornare al loro posto. Antonio Nigro, viene da Rionero, non ha la possibilità di rientrare ogni giorno a casa e può dormire lì in una stanzetta accanto alla sala mensa. Lo “stabilimento” è dei Carbone e soci, ma soprattutto dei Foggianesi, un modello di gestione paternalistico ma efficace. Il pugno di impiegati invece viene dal “Gasparrini” di Melfi.
I Carbone hanno un loro modo di fare impresa, granitici nella conduzione dell’azienda secondo i canoni gestionali del profitto, ma non ad ogni costo, e per questo capaci di fidelizzare una rete di vendita efficiente, sempre più numerosa e selezionata. Sono le lezioni apprese ai banchi della frutta in piazza, con il freddo e con il caldo. Negli uffici non manca mai la bottiglia di acqua minerale sempre fresca sul tavolo degli impiegati e anche una dose di fiducia smisurata in se stessi e nell’azienda.
Le redini sono nelle mani di Antonio e dei fratelli Giovanni e Girolamo che ha il ruolo di direttore dello stabilimento, i soci si riuniscono per approvare i bilanci e quando occorre fare degli investimenti o per dirimere contrasti di vedute nella gestione aziendale; si ricorre allora al pragmatismo di “Tonino” e tutto torna a posto, la famiglia, secondo la sua visione, deve restare unita. All’inizio degli anni settanta, viene realizzato un grande ampliamento dello stabilimento che conserva solo nelle foto quello delle fontanelle, la “Gaudianello” è ormai una realtà industriale tra le più importanti e solide della Basilicata insieme con lo zuccherificio del Rendina che però è a carattere stagionale.

Antonio Carbone guida Emilio Colombo nella visita al nuovo stabilimento della Monticchio Gaudianello

Intanto “Tonino” Carbone si inventa anche albergatore, forma una società con il fratello Nicola e un cugino e si costruisce l’albergo “Due Pini” nei pressi della stazione ferroviaria.
Progetta di realizzare un grande campo da golf a Monticchio Bagni, poco distante dalla Gaudianello, per attrarre il turismo dei ricchi. Il progetto viene approvato ed appoggiato dalle autorità competenti, ma la famiglia non lo segue e resta un sogno.
Il ricambio generazionale fallisce, le forze imprenditoriali si affievoliscono e la Gaudianello viene venduta nel momento migliore del mercato delle acque minerali. L’albergo resta, è gestito da Felice Mallano che ha sposato Giuseppina, una delle sue due figlie, viene da Pomarico.
Antonio Carbone perde la moglie nel 1987 e si ritira da tutto. Muore a Melfi il 2 novembre del 2000.

Francesco Corona

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