DILENGE DON PIERINO

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DILENGE DON PIERINO

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Grassano 1938

Da giovane entra tra i padri Trinitari della Puglia e poi diventa prete rivoluzionario che viene mandato ad Aliano dove si sente il 36° confinato dopo i confinati politici del fascismo. Ma per tutte le iniziative che realizza viene giustamente considerato un protagonista assoluto degli ultimi cinquant’anni della storia della Basilicata e in particolare di Aliano.

Chi viene a contatto con don Pierino Dilenge è colpito dalla sua profonda umanità e dalla carica di attivismo che lo accompagna. Bene ha fatto allora il giornalista della Gazzetta, Emilio Salierno, cultore di rapporti con la Cina a ricostruire la sua vita nel libro Il 36esimo confinato. Un prete rivoluzionario nei luoghi di Carlo Levi, edito nel 2021 da Gangemi.

Proveniente da famiglia benestante di Grassano, dove è nato nel 1938, con Giovanni, un fratello   entrato tra i Trinitari e missionario in Africa, don Pierino entrò da giovane tra i padri Trinitari della Puglia e a 26 anni è un pedagogo che segue il destino di giovanissimi disabili. Ma dopo sei anni, quando è già vicario, gli frulla l’idea di fondare un istituto per disabili in Basilicata, magari in provincia di Matera. Ma incontra purtroppo difficoltà, sia tra i politici locali che tra gli ecclesiastici. Il che lo invoglia ad abbandonare i trinitari e a farsi prete secolare.

La chiesa non accoglie di buon grado questa decisione e per punizione lo sbatte in un posto dimenticato da Dio e dal mondo, ad Aliano. Don Pierino si sente un confinato, il 36° dei confinati politici dopo quelli del fascismo. Aliano non è cambiata molto dopo il romanzo di Levi, la disoccupazione e la fuga dei giovani sono il suo malessere maggiore, la posizione disperata nel cuore dei calanchi, sulla strada che costeggia l’Agri e fugge verso Atena Lucana. Nel 1978 il giovane don Pierino viene folgorato dal progetto di utilizzare la legge regionale 285 sulla disoccupazione giovanile per costituire una Cooperativa agricola calle del Sauro. Perché, ha scritto Beniamino Placido presentando un libro di Giovanni Russo su Aliano, l’autodeterminazione è fondamentale per cambiare il destino di un posto.  Gli sono tutti contro, la sindachessa comunista di Aliano, che vede nell’azione una forma di propaganda in favore della DC, il vescovado, che vede nel prete un seguace del movimento dei Preti Operai se non addirittura della Teologia della Liberazione centroamericana.

Ma don Pierino è ostinato, insieme ad alcuni giovani della cooperativa occupa le terre demaniali dell’Acqua la Cersa, circa 60 ettari di terreni in cui si avviano le colture intensive. Don Pierino non si sottrae al lavoro dei campi, non lo fa per la chiesa ma per i braccianti. Con reazioni di tutti, i proprietari terrieri sono indignati, ce n’è uno che arriva ad investire il prete rivoluzionario con un trattore, gli esterni alla cooperativa affiggono manifesti infamanti, c’è la chiesa che inveisce contro di lui. Gli viene persino comminata una multa di un milione per l’occupazione indebita, una multa che chiama il prete scomodo davanti al tribunale, ma che non verrà mai pagata.

Don Pierino dimostra che l’occupazione è nata in ottemperanza alla legge 285 e i trattori li ha pagati con il denaro della sua famiglia. Ma gli è sempre contro la sindaca di Aliano e don Pierino scrive direttamente a Berlinguer in cerca di giustizia. Il prete è sacerdote ribelle è la linea proposta quarant’anni prima da Carlo Levi. Le cui spoglie, grazie alla volontà di Linuccia Saba e del nipote di Levi, Guido Sacerdoti, vengono tumulate nel caratteristico cimitero di Aliano.  La presenza di Levi comincia ad attrarre appassionati italiani e stranieri e il paese abbandonato diventa sempre più un centro da visitare e amare. Ma don Pierino si muove ormai a 360 gradi. Avvia la raccolta del latte dalle aziende zootecniche del circondario, facendolo convogliare verso la Parmalat.

Accortosi che ogni contadino coltiva poche piante di olivi per il fabbisogno familiare, fa mettere a dimora ben 60.000 piante di olivi, avviando la produzione in larga scala dell’Olio dei calanchi.

Nasce intanto il Circolo culturale Nicola nel sottosuolo di Aliano, con intervento del sovrintendente Dinu Ademesteanu e con la scoperta di numerose tombe magno greche.

Don Pierino è irrefrenabile. Nel 1988, dopo aver creato il Museo della Civiltà contadina, fonda il premio letterario Carlo Levi, che porterà ad Aliano un nugolo di scrittori, tra cui Giuseppe Pontiggia, Raffaele Crovi, Alberto Bevilacqua e il regista Francesco Rosi, autore del film tratto dal Cristo si è fermato a Eboli. A Rosi verrà assegnata la cittadinanza onoraria di Aliano e di Matera.

Ma un momento suggestivo fu l’ottenimento di fondi per il restauro della casa del confino di Levi e la creazione di un Museo Leviano dove approda parte della biblioteca dello scrittore e un bel numero di opere degli anni 1937 – 38. Arricchita dai libri di Umberto Saba? Che fare, partendo da Levi, se non avviare un annuale premio di pittura e una rivista mensile che racconti la vita del piccolo borgo: “La voce dei calanchi”.  Una rivista tirata in 4000 copie e spedita anche agli emigrati d’America ed Australia. Negli anni Novanta approda ad Aliano un ricco lascito di opere del pittore italo americano Paul Russotto, mentre Stanislao Nievo fonda il Parco Letterario Carlo Levi, gestito dal sindaco e da don Pierino. Grazie al Parco si prova a risvegliare l’attenzione nazionale sul piccolo borgo, iscrivendolo al concorso delle Città capitali italiane della Cultura.

La biografia tratteggiata da Salierno non ha l’andamento retorico che un tale lavoro potrebbe assumere. L’autore procede sobrio e pragmatico. E ha fatto sì da dimostrare come un borgo può crescere grazie all’impegno di un uomo, un piccolo uomo ma un grande lavoratore animato dalla passione.

Raffaele Nigro

“Il 36esimo confinato”: il racconto dell’impegno sociale di don Pierino Dilenge nel nuovo libro del giornalista Emilio Salierno

20 AGOSTO 2021 REDAZIONE

Un libro che fa riscoprire un protagonista assoluto degli ultimi cinquant’anni della storia della Basilicata e in particolare di Aliano.

Il racconto dell’impegno sociale di don Pierino Dilenge, sin dagli anni Settanta parroco di Aliano, viene proposto nel libro di Emilio Salierno dal titolo “Il 36esimo confinato” (Gangemi Editore International), che da settembre prossimo verrà presentato in Italia, a cominciare dalla Basilicata.

“Un prete rivoluzionario nei luoghi di Carlo Levi” è il sottotitolo del volume che sarà lanciato a settembre anche nella versione in lingua inglese.

L’ambito della proposta letteraria raggruppa il meridionalismo, il mito leviano, ma soprattutto il Sud che si riscatta ed è protagonista. Al centro del libro c’è un prete cattolico, ma non è una biografia nel senso stretto: attraverso il racconto della vita e delle peripezie di questo “strano sacerdote” anti-sistema che fa pensare ai religiosi della Teologia della liberazione, emerge lo spaccato di una realtà meridionale diversa dall’immaginario collettivo, dove si realizzano percorsi alternativi, sostenibili, orientati alla sperimentazione del benessere, aprendosi alla identità vissuta e a una bellezza declinata in termini nuovi.

L’esempio dell’Italia dei paesi, forse l’Italia giusta perché è unica e può valorizzare i propri miti, senza dover copiare nessuno. Nuovi modi di vivere e di abitare, il senso è questo, dove il valore non è sempre correre, ma fermarsi, dove non bisogna allinearsi a tutti i costi.

Il libro di Emilio Salierno, giornalista, al suo secondo libro dopo il primo dedicato alle vicende di una influente donna cinese (“Io sono l’elemento di mezzo”, Rubbettino editore), consente di scoprire l’esperienza rivoluzionaria di un uomo religioso in un borgo dimenticato da Dio e dagli uomini. Soprattutto chi ha letto il “Cristo si è fermato a Eboli” di Levi può ora scoprire in che modo un uomo del nostro tempo dà vita ad un’esperienza visionaria nel paese che fu di Carlo Levi e come il lascito di un passato buio è oggi ricchezza da coltivare con equilibrio, rispetto della storia e lungimiranza.

Le realtà come Aliano e il valore delle proposte che da loro possono arrivare sono attualissime, mai come in questa fase in cui il mondo è alle prese con gli effetti del Coronavirus. Se la pandemia globale rappresenta uno sconvolgimento, allo stesso tempo fa scattare la necessità di una sorta di migrazione al contrario, dalle città verso zone dalla densità abitativa meno opprimente.

La crisi della società moderna, i problemi dell’affollamento urbanistico e dei modelli disumanizzanti impongono la rivalutazione delle aree decentrate e dei luoghi spopolati.

Il libro è sostenuto dal Circolo culturale Nicola Panevino, dedicato al magistrato antifascista, di origini alianesi, di cui è presidente don Pierino Dilenge.

Giornalemio.it

Giornalemio.it > Cultura > Mr Exile number 36. La storia di don Pierino in inglese

MR EXILE NUMBER 36. LA STORIA DI DON PIERINO IN INGLESE FRANCO MARTINA — 28 DICEMBRE 2021

Non può che farci piacere per don Pierino Dilenge, parroco di Aliano (Matera) per il collega Emilio Salierno e per l’editore Gangemi per la versione in lingua inglese del libro “Il 36esimo confinato. Un prete rivoluzionario nei luoghi di Carlo Levi’’. E così i tanti connazionali all’estero, e non solo quelli legati alla “Voce dei Calanchi’’ potranno apprezzare e leggere ‘’Exile number 36 (A revolutionary priest echoes Carlo Levi’s calling), disponibile anche nella versione e book. C’è anche una novità,con la nuova veste grafica passata dall’azzurro al rosso rivoluzionario…come è stata la storia di don Pierino. Per lui parleranno storie, ricordi, episodi perfettamente tradotti da Victoria Whitehouse Infantino, la figlia dell’indimenticato maestro delle Arti Antonio Infantino che riposa a Tricarico. Uomini e donne del Sud che hanno lasciato una traccia indelebile, come don Pierino, don Carlo Levi e quanti ne continueranno l’opera. Il libro è anche questo.

Giornalemio.it > Cultura > Don Pierino, rivoluzionario e 36°confinato nella sua Aliano

DON PIERINO, RIVOLUZIONARIO E 36°CONFINATO NELLA SUA ALIANO FRANCO MARTINA — 9 GIUGNO 2021

Prete …presidente, imprenditore, ma soprattutto “capatost”, con il Vangelo in una mano e la fede del riscatto per quanti non avevano voce nell’altra, quasi fosse un testimone di quella teologia della liberazione militante dell’America latina. Ma Pietro Dilenge, don Pierino per tanti, parroco di Aliano (Matera), non è mai uscito dal seminato dei terreni rigenerati, dopo averne tracciato il solco insieme ai giovani senza speranza di quasi 50 anni fa o ‘desperados’, se preferite il termine sudamericano e rivoluzionario di quelle terre. Anzi. Ha denunciato, con la coerenza che ne ha contraddistinto il suo operato, gli scantonamenti e i colpi bassi, ammantati di silenzi, ipocrisie, di quanti “predicavano bene e razzolavano male”.

Tanto da meritarsi sul campo l’appellativo di “36esimo confinato” nella sua Aliano, da prete scomodo, dove la Chiesa ufficiale degli anni Settanta avrebbe voluto relegarlo per sempre. Una storia, la sua, davvero sorprendente, sostenuta da una fede pura, fatta di poche certezze, quella di un Cristo che si era immolato sulla Croce per gli ultimi e che aveva insegnato a rimboccarsi per le maniche, per cambiare dapprima ogni singolo uomo e, insieme, una comunità. Concetti semplici, ma scomodi, e con un “Crucifigge!” continuo da quanti non vedevano di buon occhio la coerenza di quel prete che guardava in faccia tutti e metteva in discussione il potere costituito (politico-ecclesiale-istituzionale) per investire, allo stesso tempo, in risorse imprenditoriali e umane.

A descriverne l’operato, dal suo arrivo ad Aliano nel dicembre 1973 a oggi, passando per la costituzione delle prime cooperative, vicissitudini giudiziarie con tanto amaro in bocca, promozioni culturali e lotte a tutela del territorio, l’ultima fatica letteraria del giornalista Emilio Salierno. Un affresco entusiasmante e allo stesso tempo sofferto, della “coerente” storia di Don Pierino Dilenge. Protagonista de “Il 36esimo confinato. Un prete rivoluzionario nei luoghi di Carlo Levi” edito, in una elegante pubblicazione, da Gangemi editore International per la collana” Cultura e Società”.

E il disegno di una copertina a rilievo con una figura in penombra e una” stella” luminosa, una luce sullo sfondo dei calanchi, è il filo conduttore di una vita che ha rischiarato quella di una comunità che ha investito sui giovani – grazie al piglio imprenditoriale di don Pierino- per dimostrare che cambiare si può, puntando su tenacia degli uomini e risorse del territorio. Ma nessuno ti regala niente, perché invidiosi, ipocriti,” ciucci e presuntuosi” come si dice dalle nostre parti, sono sempre dietro l’angolo per colpirti alle spalle…E don Pierino lo ha provato sulla sua pelle. Non vi citeremo gli episodi, descritti nel libro, del 36° confinato di Aliano, ma una frase che inquieta e spinge, allo stesso tempo, a guardare avanti.” Dopo di me? Forse il nulla!”, risponde il parroco e imprenditore sul campo a una precisa domanda di Emilio Salierno.

Una frase che invita a più di una riflessione, soprattutto quando continuiamo a leggere e ad ascoltare gli scontati commenti di una classe politica mediocre e ipocrita sullo spopolamento e invecchiamento della Basilicata, la fuga della generazione dei trolley e dei tablet, gli investimenti dispersivi sulla facoltà di medicina a Potenza per mettere una pezza al deficit del mega ospedale regionale e il plauso, di maniera, verso giovani lucani che ricoprono incarichi importanti in Italia o all’Estero. È la constatazione di un fallimento di una deriva socioeconomico che non si arresta. Sarebbero serviti uomini coraggiosi e lungimiranti, come Don Pierino Dilenge. Se l’avessero ascoltato, anziché creargli problemi, la storia della Basilicata sarebbe stata un’altra….

Il 36° confinato ci lascia una riflessione, che conferma la forza delle sue idee e di quanti le hanno apprezzate.

“Una croce è una croce- conclude Don Pierino nell’ultima pagina dell’intervista, riferendosi alla croce luminosa alta 12 metri collocata al santuario di Santa Maria della Stella. Chi crede, non può vederla come ostentazione o altro. Piuttosto è un richiamo alla sofferenza ed allo stesso tempo alla rinascita, rivolto a tutti per ribadire la necessità di servire, di infrangere i tabù, di essere utile e testimone di buone pratiche. Volete condannarmi anche per questo? Luigini eterni, questo siete!”. E da lassù nel paradiso (o nell’inferno per altri) della terra dei calanchi Carlo Levi, Francesco Rosi sembrano annuire. Dal “Confino” si può e si deve uscire.

LA SINOSSI DEL LIBRO

“Il 36esimo confinato” è don Pierino Dilenge, prete rivoluzionario, mandato negli anni Settanta ad Aliano, in Basilicata, paese che ha ospitato numerosi esiliati politici – non meno di 35, tra gli anni Trenta e Quaranta – tra cui Carlo Levi. Era il luogo più adatto ad annichilire un uomo punito per essere fuori dagli schemi della Chiesa. Lo strano sacerdote, però, assume il ruolo di Masaniello del sovvertimento sociale ed economico. Lotta contro la gerarchia ecclesiastica e i partiti politici, tiene in vita il ricordo di Levi. Occupa le terre abbandonate, insieme ai suoi giovani, e diventa un riferimento del cooperativismo italiano. Viene nominato presidente di una banca e dà vita ad una piccola guerra con la sindaca comunista. Un’attività frenetica che, spesso, lo ha portato nei tribunali per storie giudiziarie che hanno fatto parlare la stampa nazionale.

La storia di don Pierino è simile a quella di Carlo Levi: confinati perché non in sintonia con il “sistema”, ma entrambi capaci di ribaltare una condanna in occasione di denuncia e protagonismo. L’esperienza visionaria del prete-imprenditore ha consentito di trasformare una terra del dolore in un luogo che oggi è meta turistica.

LA BIOGRAFIA DELL’AUTORE

Emilio Salierno è nato a Tricarico (Matera) nel 1962. È giornalista professionista e docente di Diritto ed Economia. Segue le vicende sociali, politiche ed economiche della Basilicata come redattore del quotidiano “La Gazzetta del Mezzogiorno”. È al suo secondo libro. Nel primo, “Io sono l’elemento di mezzo” (Rubbettino), ha raccontato la storia di un’influente donna cinese che opera per il dialogo tra Oriente e Occidente. Ora propone la figura di un sacerdote cattolico fuori dall’ordinario. È tra i fondatori della “International Chamber of Sisters”, associazione attiva nelle relazioni culturali con l’Asia.

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