LEONE GIUSEPPE ANTONELLO

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LEONE GIUSEPPE ANTONELLO

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Pratola Serra (Av), 6 luglio 1917 – Napoli, 26 giugno 2016

Pittore, scultore, poeta, professore d’arte, partecipa alla riforma della Scuola quale esperto del Ministero per l’Educazione Artistica e, nel ’66, il Ministero della Pubblica Istruzione lo nomina direttore dell’Istituto Statale d’Arte di Potenza; lucano d’adozione.

Leone Giuseppe Antonello, pittore, scultore, poeta e professore d’arte, nasce il 6 luglio del 1917 a Pratola Serra in provincia di Avellino. È il primogenito di una numerosa famiglia. Il padre e i nonni sono tutti artigiani, abili maestri sia nella trasformazione dei materiali che nelle produzioni. I loro manufatti spaziano dal decoro, all’impiantistica, alla meccanica, e si possono ammirare nei paesi, durante le feste dove installano luminarie e palchi, e in chiese dove, modellando argenti e stucchi, costruiscono o restaurano ornamenti, oppure collocano le loro statue religiose. Il bambino impara subito l’uso dei materiali e le basi del disegno. Mescola fantasia e creatività e realizza, a soli otto anni, il suo primo dipinto, una Madonna.

Grazie al papà Nicola, che gestisce un cinematografo, prende dimestichezza con le storie medievali dei paladini di Francia e con il genio cinquecentesco dell’architetto Jacopo Barozzi da Vignola di cui, sempre il padre, conserva il trattato “Regola delli cinque ordini di architettura”, ancora oggi caposaldo di estetica edilizia. Tutte queste nozioni, unite all’innata bravura, tracciano la strada del giovane dove l’arte sarà, nello stesso tempo, guida e creatura. Frequenta, fino al 1934, la Scuola di Arti e Mestieri ad Avellino, città dove incrocia il movimento Futurista, mentre a Napoli completa la sua formazione all’Istituto Statale d’Arte, diplomandosi in Maestro d’Arte della Ceramica, quindi all’Accademia di Belle Arti sezione pittura, dove segue gli insegnamenti di Pietro Gaudenzi, Eugenio Scorzelli e Mino Maccari. Nel 1940 si diploma a pieni voti e, contestualmente, realizza l’affresco per la XXII Biennale di Venezia dopo essere risultato vincitore del relativo concorso.

All’Accademia conosce Maria Padula (vedi scheda), pittrice lucana originaria di Montemurro (PZ), che da militare, sposa nel ’43 e dalla quale avrà quattro figli. Di lei dice: “Maria amava i pittori Masaccio e Piero Della Francesca del Rinascimento portatori di una forma di astrazione commisurata alla realtà da loro rivelata con colori molto chiari e ricerca della luce naturale che conferiva spiritualità”.La sua pittura – prosegue proveniva da una struttura mentale che a mano a mano si allargava sul paesaggio”. Pittura-luce la definisce Leone. Nel ‘44 è ancora in servizio a Catanzaro e Maria lo raggiunge per organizzare la loro prima mostra di quadri che ha un discreto successo.

Terminata la Seconda Guerra Mondiale, i coniugi Leone si dedicano alla decorazione della chiesa Madre di Pietradefusi (AV). Maria dipinge la tela “La nascita della Vergine”, Leone le tele “L’Annunciazione” e “La Presentazione della Vergine al Tempio”. Conclusi i lavori tornano a Montemurro.

Nel ’45 Giuseppe Antonello va ad insegnare a Potenza, presso la Scuola Media Statale. La città gli consente di conoscere e frequentare intellettuali ed artisti con cui instaura vere amicizie. Racconta: “Quel senso di risveglio, d’identità collettiva che si temprò a Potenza negli anni quaranta, agitatamente mi parve come una maglia tessuta di tensioni e di spirito libero per poter potenziare l’annoso problema della questione meridionale. Nel vento di via Pretoria, tra la libreria Marchisiello, nei pressi di piazza Sedile, e della libreria Riviello, poco lontano da piazza Prefettura affluiva un concentrato di pensiero da rammentare la scuola eleatica di Parmenide: incontri e scontri di quanti tornati sconfitti da una guerra forzata e non sentita; nell’aria di un sogno democratico, in via Pretoria, le due librerie, alcune taverne irrorate da aglianico e in quel Museo Provinciale il quale da sconcertanti macerie era stato restaurato e miracolosamente risorto …. . Vi era a Potenza un fermento, «un passa parola» per uscire da tante arretratezze per appropriarsi di un vivere nuovo e conoscere meglio quel potenziale culturale che ha radici ad Eraclea, Policoro, Metaponto, Paestum, Elea”. La fine della guerra avvia una nuova era, dunque, dove però non tutto è roseo. Annose questioni sociali come riforma agraria, terra ai contadini, lotta all’analfabetismo, incidono ferite nella società lucana che Giuseppe condivide con Rocco Scotellaro, anche lui suo grande amico, e che alzano il velo su questa terra la quale esce dal suo secolare silenzio.

Oltre alla Scuola Media statale di Potenza Leone insegna, fino al 1951, gratuitamente come volontario, ai ragazzi orfani dell’Istituto Principe di Piemonte ed è tra i fondatori del Centro per il giocattolo pedagogico, sempre a Potenza. In città, tuttavia, ha modo di esprimersi come artista. Partecipa a mostre, scolpisce il medaglione in bronzo che ritrae l’amico Concetto Valente, il compianto direttore del Museo Archeologico Provinciale, e realizza la facciata della chiesa della Madonna del Carmine di Laurenzana (PZ).

Negli anni ’50 i Leone fanno ritorno in Campania. L’anno successivo inaugura la personale di pittura alla «Galleria La Tavolozza» di Napoli. L’occasione consente di allacciare contatti con esponenti della cultura che, con il tempo, diventano amicizie: lo scultore Tizzano, gli scrittori Vasco Pratolini e Domenico Rea.

Nel 1952 Giuseppe insegna al Liceo Scientifico Giovanni da Procida e alla «Scuola d’Arte Rossi» di Salerno. Con la famiglia si trasferisce a Vietri sul Mare. Qui si dedica alla ceramica e, con la moglie Maria, partecipa a mostre allestite tra Salerno e Napoli. Poi, l’insegnamento prosegue a Napoli all’Istituto Magistrale Mazzini. Nella città, dichiara: “I miei anonimi fantasmi, vivono nella loro fattezza preesistente nel percorso delle strade del territorio napoletano e vivono per ringraziare, forse sornionamente, le tante anime sensibili di questa «terribile» città (dove mi sono formato), città che ingoia tutto, ma quando restituisce, restituisce sapienza, onestà e fantasia”. Napoli dopo quasi un secolo, è ancora una capitale, il punto di approdo di intelligenze che vanno alla ricerca di nuove opportunità. Leone stringe amicizie con Bruno Lucrezi, Maria Malecore, Mario Bonfantini, Luigi Compagnone, Pietro Valenza, Ugo Piscopo.

La sua produzione artistica cresce in parallelo alla fama. Nel corso degli anni ’60, le committenze portano le sue opere in chiese ed edifici pubblici in tutta Italia. Nel 1961 viene incaricato di allestire il padiglione dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) per il centenario dell’Unità d’Italia di Torino. Realizza, oltre agli arredi, la scultura «Dea Trifase» alta circa quattro metri che ha come tema l’elettricità. Nello stesso anno esegue opere d’arte per il Centro ANCIFAP-IRI, tra cui «Il mondo del lavoro» bassorilievo maiolicato, le vetrate, una crocifissione in ceramica e un bassorilievo sempre in ceramica che illustra i segni zodiacali.

Quattro anni più tardi realizza nella chiesa di Spinoso (PZ) il grande affresco «Il battesimo di Gesù» e otto tele raffiguranti altrettanti episodi del Vangelo. Partecipa, poi, a diverse manifestazioni artistiche e a mostre d’arte, tra Napoli, Roma, Milano, Firenze, e riceve la medaglia d’argento alla Selezione «Capri 1960».

Tra il ’65 e il ’66, dopo molti tentativi, mette a punto, il graffito polistrato, una tecnica a metà tra pittura e scultura. La prima opera di questo genere è «Il Circo», un’opera a dieci strati di colore, ampia m 4 x 2, che realizza per un collezionista potentino.

Partecipa alla riforma della Scuola quale esperto del Ministero per l’Educazione Artistica e, nel ’66, il Ministero della Pubblica Istruzione lo nomina direttore dell’Istituto Statale d’Arte di Potenza, Istituto che praticamente nasce con lui. Oltre alla grande capacità organizzativa, il direttore dimostra propensione al dialogo con allievi e allieve di cui intuisce bisogni e attitudini. Soprattutto adesso che le tensioni sociali rendono difficili ed instabili gli anni a cavallo tra il ’60 e il ’70. Soprattutto adesso che nulla è uguale a prima, nei paesaggi, nei paesi, nelle città, nelle campagne, nelle case della gente dove è entrata la tecnologia trasformando abitudini e stili di vita. I Leone osservano tutto questo con lo sguardo di chi, pur ammirando il nuovo, cerca di non farsi travolgere dagli eventi. Il discernimento che li contraddistingue suggerisce loro di non vendere le proprietà lucane ma di conservarle in rispetto di un mondo che tuttavia non vogliono che scompaia. Ma restano figli dei loro tempi ed entrambi vogliono viverli attivamente. Antonello prosegue con l’ammodernamento della sua scuola, fornendola di nuovi indirizzi artistici e di contatti con altre realtà simili nazionali. Maria insegna nello stesso istituto la materia “Disegno dal Vero”.

Tra il ‘67 e il ‘73 Leone partecipa a numerose mostre tra Italia e Spagna: Firenze, Potenza, Reggio Calabria, Matera. A Barcellona partecipa al IX premio Internazionale Joan Mirò Dibujx.

Suoi sono il Vassoio e la Coppa in argento realizzata nel ‘69, in occasione della donazione dell’olio da parte della Regione Basilicata alla Basilica di San Francesco in Assisi.

Nel 1971 Antonello Leone dirige l’Istituto d’arte di Cascano di Sessa Aurunca (CE), dove approfondisce lo studio dell’arte dei metalli e dell’oreficeria, e nel ’74 quello di San Leucio, paese famoso per le seterie. Nel 1980 diventa direttore del 2° Istituto Statale d’Arte di Napoli dove, alle arti tradizionali, affianca le sezioni di architettura, arredamento, grafica pubblicitaria, fotografia, moda e costume, e aggiunge il biennio sperimentale. L’apertura di vedute dona alle sue scuole l’impronta dell’innovazione e della modernità, capace di formare professionalità utili alle esigenze della società che velocemente cambia.

Nel frattempo amplia la sua produzione artistica di mosaici, dipinti, vetrate, ceramiche maiolicate, statue e sculture sia in bronzo che in legno, per chiese, ospedali, musei della Campania, Basilicata e Puglia, prevalentemente a sfondo religioso. E partecipa a mostre d’arte a Napoli, Milano, Genova, Roma, Avellino, Torino.

“Accendemmo il televisore e solo allora ci accorgemmo del grande disastro, delle case distrutte e dei morti. Dalla Basilicata la voce di Mario Trufelli, (v. scheda) giornalista di Potenza amico sia mio che di mia moglie ci raggiungeva e ci parlava di Balvano, di Bella Muro, di Vietri di Potenza e poi sapemmo anche dell’Irpina e di Lioni.” È il suo ricordo dei concitati momenti del sisma del 1980, che li coglie nella casa di Napoli. I coniugi, allora, si trasferiscono in Lucania andando ad abitare nella casa di campagna poiché quella del paese è inagibile. “A Montemurro – racconta […] – realizzammo subito un monumento ai caduti del terremoto nel cimitero, l’opera è in cemento armato e ricorda i luoghi della sacralità, c’è una croce lacerata che si scaglia contro il cielo azzurro lucano. Il senso della devastazione e della ricostruzione”.

L’anno successivo Leone esegue presso la Zecca dello Stato un conio in bronzo della medaglia per il Bimillenario Virgiliano. La medaglia viene donata, tra gli altri, al Presidente Sandro Pertini, alla Biblioteca San Lorenzo a Madrid, al Museo Archeologico Provinciale di Cuenca sempre in Spagna, al Museo Archeologico di Torun in Polonia.

Fino all’87 si avvicendano numerose sue mostre, in Italia e all’estero. Da segnalare, fra le tante, la Mostra dei cartoni per «L’opera de la lune» presso l’Istituto Francese, Università di Grenoble; «Arte Città» a Meisterschwanden (Svizzera).

Comunque, nella vita di Antonello Leone non c’è solo l’arte ma anche la poesia. Quella che racconta le sue origini, la provincia, la quotidiana ma dignitosa vita dei semplici.

Nell’86 pubblica la raccolta poetica Vi saranno le more ai rovi (Ed. Nuova identità).

L’anno successivo la sua vita cambia per sempre. Maria muore. “Muterò i miei giorni per portare il cieco al di là della strada. Giorni smarriti polvere, buio … La tua mano attenta guiderà il mio piede, al di là della polvere, fuori, nel bagliore della luce perduta”. Scrive questi versi Beppe, che con il dolore nel cuore, vivrà nel ricordo di lei e nell’affetto dei figli divenuti, ora, i soli perni su cui poggiare i suoi passi che, seppur lentamente, procedono lungo il sentiero dell’arte e della poesia.

Il professore è ormai famosissimo. Espone in tutta Italia e all’estero, scrive pubblicazioni, tiene lezioni universitarie nelle facoltà di Architettura e di Lettere, tante sono le tesi di laurea e i libri che si scrivono su di lui, tanti i Premi e riconoscimenti collezionati.

Il suo sguardo diventa più profondo. Si posa su oggetti di scarto, plastiche, lattine, cartoni di cui intravede il potenziale valore. Il recupero diventa la filosofia di vita da contrapporre al consumismo dell’uso e getta, al senso dell’effimero e di labilità che trasmette. E poi le pietre, gli elementi primordiali della Natura, narratori silenti di epoche ed eventi che la sua accresciuta sensibilità riesce a sentire. Le rocce e la Basilicata, un connubio impresso nella sua mente dalla prima volta che varcò il confine con la Campania. Sono le prime cose che ha visto della Lucania. Quell’interesse a lungo sopito si riaffaccia, adesso, molti anni dopo, e i suoi spostamenti in Basilicata diventano l’occasione per scovare rocce “dal volto umano” che, solo lievemente ritocca, per esaltarne i lineamenti. Quelle pietre sono in esposizione permanente presso il Museo Archeologico Provinciale di Potenza.

Nel 1993 pubblica Eretico: poesie (Ed. Colonnese) e nel 1998 il Comune di Montemurro, paese della moglie Maria, gli conferisce la cittadinanza onoraria, pubblicando per l’occasione Giuseppe Antonello Leone. Topoi, Lithos, Poiesis, raccolta di parte delle sue opere e poesie, e di testimonianze di amici ed estimatori.

L’anno dopo, insieme a Gerardo Picardo pubblica Venti paralleli: poesie (Ed. Litomuseum), riflessioni tra due generazioni di poeti entrambi di Pratola Serra.

Il suo personalissimo stile raccoglie, tra gli altri, il plauso di Philippe Daverio che ne diventa grande ammiratore. Nel 2009 cura la pubblicazione Giuseppe Antonello Leone per Skira Edizioni, promossa dalla Fondazione Banco di Napoli. Di lui dice: “Leone è surrealista perché la vita cosciente lo porta ad essere surreale, al di sopra della realtà per poterla decifrare”.

Il maestro, infatti, osserva gli oggetti, ne studia forme e composizione, li rielabora per proporli sotto un nuovo aspetto, un nuovo significato. L’amore per la materia, maturato da giovane nella bottega di famiglia, lo porta letteralmente a soccorrere ogni cosa abbandonata, naturale o artificiale che sia. Nonostante la sua vastissima cultura non smette mai di studiare, sperimentare convinto che nella vita non si finisce mai di imparare. Straordinariamente umile, affronta il nuovo millennio con la determinazione del tenace ottantenne che sa di poter fare altro ancora e, soprattutto, di aver tanto da offrire. A Montemurro crea la “Scuola del Graffito polistrato”, che dal 2003, trasmette la tecnica da lui concepita e che porta in paese artisti italiani e stranieri impegnati, nel mese di agosto, a realizzare un graffito a tema utilizzando le sabbie locali, da collocare poi, nei vicoli del paese. La tecnica è antica poiché riprende la pratica delle raffigurazioni su rocce che gli uomini preistorici incidevano all’interno delle caverne. Affascinato da quell’abitudine che per lui significa il momento dell’acquisita consapevolezza da parte dell’uomo di se stesso e di ciò che gli sta intorno, Leone, già anni prima, inizia a lavorare le argille, le impasta con i colori e le sovrappone realizzando strati tanti quanti sono le tinte dell’opera. Il disegno emerge dalla rimozione dei colori, cioè graffiando la superfice delle malte solidificate: il segno diventa parola. La prima edizione, 2003, è stata dedicata a Leonardo Sinisgalli, il poeta ed ingegnere montemurrese grande amico di Maria e Beppe.

Giuseppe Antonello Leone scompare a Napoli il 26 giugno 2016, è sepolto a Montemurro vicino alla sua Maria. Nello stesso anno esce la raccolta poetica Albe sui muri a secco (Ed. Saletta dell’Uva).

“… nel continuo snidare immagini dall’energia vitale dell’universo, scopri che il divenire è libertà, libertà di pensiero, capace, nel segnale, di dialogare con gli altri, sia rimovendo la storia in positivo, sia scoprendo che ogni individuo ha in sé ricchezze segrete e capacità operative per poter pilotare una libertà sempre libera, ma sempre costruttiva.” Il maestro ha sintetizzato così il suo universo. Uno spazio dai confini aperti di cui rispettare ogni forma di vita, ed entro cui esprimere il senso del fare e la poesia, quella particolare forma d’arte che, con la grafia, disegna il volto delle emozioni e del pensiero.

Anna Mollica

 

 

IL CIRCO – m 4X2 – tecnica Graffito polistrato

 

BIBLIGRAFIA

  • Giuseppe Antonello Leone, Vi saranno le more ai rovi, Edizioni Nuova identità, Napoli, 1986.
  • Giuseppe Antonello Leone, Eretico: poesie, Edizioni Colonnese, Napoli, 1993.
  • Giuseppe Antonello Leone – Gerardo Picardo, Venti paralleli: poesie, Edizioni Litomuseum, Maratea, 1999
  • Giuseppe Antonello Leone Albe su muri a secco, Edizioni Saletta dell’Uva, Caserta, 2016

 

Link

https://gabriellaraffaele.wordpress.com/2010/10/16/maria-padula-e-giuseppe-antonello-leone/

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