LUNATI EGIDIO E PASQUALE

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LUNATI EGIDIO E PASQUALE

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Dopo aver acquisito esperienza all’estero nel settore ortofrutta è rientrato in Basilicata “perché da bambino sapeva che non avrebbe “mai abbandonato un patrimonio messo su con tanti sacrifici da mio nonno e rimasto in piedi grazie agli investimenti e la lungimiranza di mio padre, Egidio. È vero, l’agricoltura richiede tanti sacrifici, ma mi ritengo fortunato e penso che verranno tempi migliori.

LUNATI PASQUALE

Diploma di maturità scientifica

Laurea in Agraria alla Cattolica di Piacenza

Formazione e prime esperienze lavorative all’estero

In un articolo di Cinzia Ficco pubblicato il 1.1.1970 sul sito Magazine TipiTosti (Il miracolo dei Lunati a Nova Siri. Tra vino, latte e ortofrutta – Magazine TipiTosti)  Pasquale ha dichiarato “Resistiamo dal 1950 in una regione come la Basilicata, portiamo avanti la produzione di vino, latte di alta qualità e ortofrutta e vuoi che non ci sentiamo tipi tosti? àˆ il minimo. Del resto, come si dice, buon sangue non mente. Penso di avere la stessa determinazione di mio nonno che, qui, nel Materano, più di sessanta anni fa, ha compiuto un vero miracolo.

A parlare è Pasquale Lunati,46 anni, di Taranto, titolare dell’azienda Taverna di Nova Siri (Matera), che conta ottanta lavoratori stagionali, dodici a tempo indeterminato, e fattura cinque milioni di euro l’anno. Un diploma di maturità scientifica, una laurea in Agraria alla Cattolica di Piacenza, formazione e prime esperienze lavorative all’estero.

Sono stato per sei mesi a Copenaghen, da un nostro cliente intermediario di ortofrutta “ racconta “ e poi ho trascorso un anno in Spagna, tra Murcia e Valencia, per imparare le tecniche di produzione di agrumi, fragole e lattuga iceberg. Mi è stata offerta l’opportunità di rimanere, ma ho deciso di rientrare in Basilicata, perché, fin da bambino, sapevo che non avrei mai abbandonato un patrimonio messo su con tanti sacrifici da mio nonno e rimasto in piedi grazie agli investimenti e la lungimiranza di mio padre, Egidio. àˆ vero, l’agricoltura richiede tanti sacrifici, ma mi ritengo fortunato e penso che verranno tempi migliori.

La sede legale della Taverna è in Basilicata, ma Pasquale porta avanti anche un’altra azienda, in Puglia, a Ginosa (Taranto), denominata Valle Rita, acquistata nel 1972 da suo padre con un’estensione di circa cento ettari, tutti coltivati ad arance ed uva da tavola biologica certificata ICEA, e dove oggi c’è un agriturismo Borgo Valle Rita, che ospita circa cinquanta persone, aperto tutto lanno. Tre i settori dellimpresa.

Con mia moglie Antonella “ dice Pasquale “ allevo frisone italiane per la produzione di latte di alta qualità  certificata dal ministero. Produciamo circa 30 quintali di latte fresco ogni giorno, che vendiamo ai caseifici della zona per la produzione di latticini. Per l’ortofrutta, circa 30 mila quintali di frutta fresca vengono selezionati, lavati, calibrati e confezionati per la Grande distribuzione organizzata di Svezia, Danimarca, Germania e Svizzera a marchio Taverna, certificata ICEA- AIAB.

Ma il settore in cui Pasquale raccoglie più soddisfazioni è quello vitivinicolo con la produzione di vini a denominazione Basilicata IGT e Matera DOC, prodotti solo da uve aziendali su una superficie di circa 20 ettari. L’Istituto di Enologia di Conegliano Veneto l’ha sostenuto quando nei primi anni ˜90 ha deciso di impiantare nuove cultivar: Greco, Merlot, Cabernet, Syrah Montepulciano e Pino bianco. Oggi con la consulenza di un enologo pugliese ed uno toscano, la cantina produce circa 80 mila bottiglie l’anno e le esporta in tre continenti: Europa, Usa e Asia (Cina e Giappone). Da qualche mese l’azienda produce vini biologici e tra due anni otterrà  la certificazione sulle etichette. Per il momento si producono alcuni vini senza l’utilizzo di solfiti.

E questo “chiarisce l’imprenditore “grazie all’innovazione di processo e prodotto, che abbiamo avviato alcuni anni fa. Tra il 2002 ed il 2008 abbiamo impiantato nuovi vigneti per uva da tavola ed uva da vino, su una superficie di circa 18 ettari ed altrettanti ettari sono impegnati per i prossimi cinque anni. E’ stata costruita una nuova cantina nel 2007, risultato della collaborazione della mia famiglia “io, mio padre e mio cugino, architetto di Milano “e di alcuni enologi di fama internazionale.

La cantina è dotata di tecnologia d’avanguardia, vinificazione a freddo e controllo dei serbatoi da PC. Ci siamo aperti a nuovi mercati in ASIA e negli Stati Uniti, partecipiamo a fiere nazionali ed internazionali (Vinitaly Verona, Prowein Dusseldorf, Vinexpo Hong Kong), siamo in un consorzio export con sede ad Alba e contiamo sulla collaborazione di due consulenti del gruppo Matura di Empoli, sia per il settore viticolo che per quello vinicolo.

I nostri vini vengono ogni anno riportati sulle maggiori guide di settore, nazionali ed estere: Gambero rosso, Veronelli, Ais Vitae, Wine Spectator, Wine Enthusiast. Sono risultati non scontati in una regione come la Basilicata, sconosciuta, ancora molto isolata, anche via mare. Qui molti giovani professionisti dell’agricoltura decidono di formarsi al Nord o all’estero. Pochi rientrano come me. Difficile, poi, parlare all’estero di vino lucano: si conoscono solo quelli piemontese, veneto e toscano.

Eppure andiamo avanti. Tra breve partirà la riqualificazione del centro aziendale di Taverna, con la ristrutturazione dei fabbricati rurali, per ospitare circa cinquanta persone, dare loro la possibilità di seguire le attività agricole, dalla semina alla raccolta, alla lavorazione post raccolta, alla vendemmia ed alla vinificazione delle uve. Poi si riprenderà la collaborazione con le istituzioni scientifiche per far conoscere sempre più questa terra e il lavoro della nostra azienda, che, ricordo, è nata quando mio nonno, dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale, all’età di 17 anni, con tre amici, prese in affitto un latifondo per la produzione di cotone, liquirizia e cereali. Lì fece le sue prime esperienze da imprenditore. Nel 1950, dopo quindici anni, acquistò un’azienda agricola nell’omonima contrada Taverna, di Nova Siri, dal barone Mazzario di Napoli. Fu un pioniere. Dissodò e rese fertili circa cento ettari, passando alla coltivazione di pesche e nettarine. Lo seguì mio padre, che trasformò questa zona in una sorta di California del Sud con la produzione di: fragole, kiwi, asparagi, uva da tavola, cavolfiori, broccoli, meloni, angurie, clementine e susine, che esportiamo da più di 30 anni in tutto il nord Europa.

Cinzia Ficco

https://www.treccani.it/enciclopedia/pasquale-michele-lunati

Dizionario-Biografico

 

LUNATI, Pasquale Michele

di Salvatore Lardino – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 66 (2006)

 

LUNATI, Pasquale Michele. – Nacque il 24 marzo 1899 a Montalbano Jonico, nel Materano, da Francesco e Antonia Lorubbio, quarto di otto figli, di cui soltanto il primo, Angelo, poté studiare, laureandosi in ingegneria, a causa della prematura scomparsa del padre, avvenuta nel 1911. Proprio a seguito di questo evento il giovane L. dovette occuparsi della gestione delle terre di proprietà della famiglia in agro di Montalbano.

 

Si trattava di una ventina di ettari, ubicati nell’Isca Pantano, condotti a cerealicoltura e a oliveto, da cui si ricavava il reddito familiare, opportunamente integrato dagli utili di un esercizio commerciale, un emporio di alimentari e diversi, gestito in paese.

 

Nel corso della prima guerra mondiale il L., chiamato alle armi con la leva dei “ragazzi del ’99”, combatté nella zona del Monte Grappa in un reparto di artiglieria corazzata e partecipò alle operazioni che aprirono la strada a Vittorio Veneto; con i gradi di sergente, rimase in servizio anche a guerra finita, fino al 1921. Rientrato a Montalbano nel 1922, riprese l’attività agricola acquistando alcuni appezzamenti, sempre nell’Isca Pantano, dove avviò una interessante esperienza di agrumicoltura, in parte esemplata sulle modalità e qualità della vicina e rinomata Tursi.

Nel 1932 sposò Maria Quinto, presto morta di febbre virale, dopo aver dato alla luce la figlia Antonia; nel 1935 si risposò con Maria Giuseppa Iacovino, dalla quale ebbe tre figli, Franca Rosa (1936), Francesco (1938), Egidio (1940).

Nel 1933, insieme con D. Gallotta di Bernalda, L. Fortunato di Montalbano e L. Pinto di Corleto Perticara, con un contratto che si protrasse fino al 1943, il L. affittò dai nobili Federici-Del Balzo la tenuta di Recoleta, in Montalbano, di ben 3000 ettari.

Fu questo l’inizio di una qualificante esperienza di imprenditoria agricola, maturata in un contesto latifondistico, il prevalente latifondo nobiliare, ben diverso dall’orizzonte del pur diffuso latifondo contadino, costituito da mini fondi, nel cui ambito si era mosso il L. fino ad allora. Tale esperienza avveniva nelle condizioni ambientali non facili del Metapontino di allora, contrassegnate da un disordine idrologico che aveva determinato la formazione di aree paludose e di zone acquitrinose, denominate lagaroni, fonti prime della malaria che condizionava ogni utilizzazione, e dove spesso soffiava il favonio, vento caldo del Sud che rendeva l’ambiente ancora più ostile per l’uomo. In questo contesto, sui più salubri terrazzamenti rilevati sorgevano, spesso a notevole distanza tra loro, gli insediamenti padronali, le grandi masserie, centri nevralgici della struttura latifondistica, imperniata su di una cultura estensiva, non immobile tuttavia sul piano tecnico e in costante, seppur lenta, evoluzione e razionalizzazione, come riconosce la letteratura sull’argomento (cfr. M. Rossi Doria, Piano generale di bonifica. Direttive fondamentali della trasformazione dell’agricoltura. Relazione, Matera 1953, p. 164; O. Amoruso, La piana di Metaponto: dalla marginalità allo sviluppo, Bari 1988, pp. 24 s.).

Nel contesto di grandi dimensioni della tenuta di Recoleta, il L. maturò, dunque, la sua vocazione originaria di imprenditore agricolo. Nel decennio di fitto fu lui, quasi in qualità di massaro, a compiere le scelte gestionali dell’azienda, in cui, accanto alla diffusa cerealicoltura estensiva, vi furono una significativa olivicoltura da olio, supportata da due frantoi, e una fiorente industria armentizia (3000 ovini, tra merinos e gentile di Puglia), con una consistente produzione casearia.

Per la forza-lavoro, pur non mancando le prime pionieristiche macchine, vennero utilizzati 120 buoi da campo, salariati fissi, le prestazioni giornaliere e stagionali di mietitori, zappatori, tosatori, raccoglitrici di olive e spigolatrici, organizzati e reclutati dal caporale. Nella quotidianità lavorativa, scandita dal “libro dell’ordine”, ove venivano riportate le disposizioni per la programmazione giornaliera del lavoro, il L. compì il suo tirocinio di agronomo pratico e di allevatore provetto, già proiettato verso un futuro da imprenditore agricolo in proprio; e a tale posizione, in una dimensione ragguardevole, egli poteva aspirare al termine del fitto a Recoleta, alla vigilia del secondo conflitto mondiale. L’occasione gli si presentò nel mutato scenario del Metapontino postbellico, nella stagione della transizione dell’intero comprensorio dalla marginalità allo sviluppo.

Nel secondo dopoguerra venne avviato e sostenuto in quella zona un processo di sviluppo accelerato: “per le ingenti trasformazioni, dovute in primo luogo all’azione dello Stato, la Piana di Metaponto rappresenta un caso di studio per verificare il grado di successo dell’intervento pubblico e la sua capacità di svolgere un’azione di trascinamento nei confronti dell’iniziativa privata” (Amoruso, cit., p. 7). Di fatto, per impulso del presidente B. Furlò, del direttore tecnico M. Maglietta e del direttore amministrativo P. Indrio, un primo piano generale del Consorzio di bonifica di Metaponto era stato licenziato già nel 1930, incentrato sui temi della bonifica, della viabilità e della irrigazione, mentre la trasformazione fondiaria veniva prospettata come problema futuro.

I tempi reali della grande bonifica metapontina giunsero, tuttavia, solo a partire dai primi anni Cinquanta, al termine di un decennio in cui i fermenti delle lotte politiche e sociali per la terra e per il rinnovamento agrario avevano trovato, proprio nella Basilicata e nel Metapontino, momenti di alta espressione. La bonifica e la riforma, ormai improcrastinabili, poterono essere avviate grazie alle disponibilità finanziarie cospicue provenienti soprattutto dal Piano Marshall; all’attivazione di enti strumentali mirati a un quadro coordinato di interventi al varo della legge stralcio di riforma agraria 21 ott. 1950, n. 841 e, nel 1953, del nuovo Piano generale di bonifica, redatto da M. Rossi Doria; alla presa di coscienza da parte del mondo politico dell’urgenza dell’ammodernamento del Metapontino, che trovò ricezione in F. Gullo dapprima, in A. De Gasperi, A. Segni, E. Colombo poi. La frenetica attività degli anni Cinquanta e Sessanta, guidata e sostenuta da tecnici del valore di A. Serpieri, E. Jandolo, N. Mazzocchi Alemanni, Rossi Doria, A. Ramadoro, D. Scardaccione, V. Valicenti, portò a esiti soddisfacenti, con aspetti esaltanti per la bonifica e l’irrigazione e sostanzialmente positivi per la riforma, pur con le riserve esplicitate nella letteratura di riferimento.

 

In questa complessa trama di modernizzazioni e dinamismi si inserì a pieno titolo l’approdo del L. all’imprenditoria agricola capitalistica, attraverso le esperienze maturate nel latifondo contadino e nel latifondo nobiliare, in una vicenda umana che conobbe una crescita e uno sviluppo concomitanti con la crescita e lo sviluppo del comprensorio. Nel 1947 il L. fittò nella vicina Rocca Imperiale (Cosenza) un’azienda agricola di 300 ettari della famiglia nobiliare Toscani-Gallo, condotta a cereali, olive e allevamento bovino, e l’azienda Taverna a Nova Siri di proprietà del barone E. Mazzario di Roseto Capo Spulico (Cosenza).

I due fitti seguirono percorsi diversi: il primo restò tale fino al 1970; il secondo – che interessava oltre 165 ettari ed era caratterizzato da incolto produttivo, pascolo di 1ª classe, seminativo e pascolo cespugliato – si trasformò in acquisto il 14 ag. 1950. L’azienda venne poi ingrandita, sul finire degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, con l’acquisizione di una settantina di ettari in agro di Rotondella (Scillone, Macchia di Riso) e in agro di Nova Siri (San Basile).

In concomitanza e in collaborazione con le opere di bonifica messe in cantiere e realizzate dal Consorzio della bonifica di Metaponto, il L. iniziò una vivace attività di profonda trasformazione della tenuta, rendendo coltivabili e irrigabili alcune aree paludose, attraverso il dissodamento, l’emungimento delle acque, la ricerca idrica mediante pozzi. Si dette avvio alle colture intensive di avanguardia, in stretta collaborazione con enti e istituti di ricerca (Istituto agrumicolo di Acireale, Ispettorati agrari provinciali di Matera e Ferrara, Istituto di viticoltura di Turi). Dapprima si impiantarono agrumeti, di più facile attecchimento e adattamento e dai costi più contenuti, quindi si passò ai pescheti, ai vigneti per uve da tavola, ai fragoleti. Né fu trascurata l’attività zootecnica bovina, iniziata con la podolica locale e pervenuta, attraverso il passaggio della bruno-alpina svizzera, alla frisona italiana di origine olandese. Fu allestita una stalla razionale, con un centinaio di capi di bestiame; costruito un silos a torre; introdotti campi di foraggere e mais; conferito il latte ai caseifici di Policoro e Gioia del Colle.

 

Con i progressi nelle tecniche di irrigazione, si rafforzarono la frutticoltura e le colture protette in serra. Furono sperimentate le coltivazioni delle arachidi, del pomodoro da mensa e dell’actinidia. Si avviarono i cicli di produzione delle albicocche e delle uve da vino, che dettero poi vita alle produzioni enologiche (soprattutto il greco di Basilicata e il Lagarino di Dioniso), commercializzate con il marchio Taverna-Vigna Alta. L’azienda Taverna divenne un vero e proprio villaggio contadino, con la casa padronale, 30 unità di lavoro fisse e un centinaio di stagionali. Nel 1977, ad attività ormai largamente consolidata, nacque in azienda il primo magazzino frigorifero per la lavorazione della frutta.

 

Da tempo il L. aveva rivolto la sua attenzione ai processi di commercializzazione. Già sul finire degli anni Sessanta aveva stretto legami di collaborazione con L. Mazzoni di Ferrara, noto ed esperto operatore di mercato per la collocazione di produzioni frutticole, per cui la frutta di azienda Taverna fu inizialmente commercializzata con il marchio Mazzoni – Lunati, divenuto poi, in un graduale processo di affrancazione dal Mazzoni, Taverna e in ultimo FruttHera. Nel 1975 il L., d’intesa con il figlio Egidio, costituì l’associazione agricola Taverna, un’originale associazione a base familiare, che teneva unite sul piano gestionale e amministrativo le proprietà degli eredi Lunati, pur catastalmente divise, garantendo una razionale conduzione, notevoli vantaggi operativi, attenzione alle vocazioni territoriali, rapido adattamento alla domanda dei mercati.

 

Il L. morì improvvisamente a Montecatini il 15 sett. 1979.

 

Fonti e Bibl.: Per i dati biografici si è fatto innanzitutto ricorso agli archivi comunali di Montalbano Ionico e di Nova Siri, ma soprattutto alle informazioni fornite dal figlio del L., Egidio, suffragate da documenti di famiglia, tra cui l’atto di acquisto dell’azienda Taverna, rogato dal notaio Ricciardulli (repertorio 4519, raccolta 3732). Sommarie e sporadiche indicazioni sono rinvenibili anche in Arch. di Stato di Matera, Ispettorato agrario provinciale (IPA), parzialmente inventariato.

Per le condizioni del Metapontino prima della bonifica, essenziali ma puntuali riferimenti si rinvengono in diversi passaggi dei seguenti studi:

  1. Calice, Lotte politiche e sociali in Basilicata. 1898-1922, Roma 1974;

Inchiesta Zanardelli sulla Basilicata, a cura di P. Corti, Torino 1976;

  1. Lardino, Orientamenti produttivi e rapporti sociali nelle campagne lucane (1860-1915), in Rass. stor. lucana, VII (1987), 6, pp. 11-41;
  2. Sacco, Socialismo riformista e Mezzogiorno. Questione agraria, istruzione e sviluppo urbano in Basilicata in età giolittiana, Manduria 1987;
  3. Sinisi, Economia, istituzioni agrarie e gruppi sociali in Basilicata (1861-1914), Napoli 1989 (con ricca bibl.);
  4. Giura Longo, La Basilicata moderna e contemporanea, Napoli 1992;
  5. Boenzi – R. Giura Longo, La Basilicata: i tempi, gli uomini, l’ambiente, Bari 1994;
  6. Morano, Storia di una società rurale. La Basilicata nell’Ottocento, Roma-Bari 1994;

Storia della Basilicata, a cura di G. De Rosa – A. Cestaro, IV, L’Età contemporanea, a cura di G. De Rosa, Roma-Bari 2002. Utili anche: N. Calice, La politica agraria fascista in Basilicata, in Studi storici, XII (1978), pp. 397-421;

Campagne e fascismo in Basilicata e nel Mezzogiorno, Manduria 1981;

  1. Sacco, Provincia di confino. La Lucania nel ventennio fascista, Fasano 1995;
  2. Lisanti, La modernizzazione difficile. Economia e condizioni di vita dei ceti popolari in Basilicata durante il fascismo, in Bruciare le tappe. Aspetti e problemi della modernizzazione fascista in Basilicata, Rionero in Vulture 2003, pp. 19-45. Irrinunciabile, sul tema, il rimando agli Atti della Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle provincie meridionali e nella Sicilia, V, t. 1, Basilicata, Relazione del delegato tecnico E. Azimonti, Roma 1909 (parzialmente ripubbl., con il titolo Territori e società in Basilicata, I-II, Rionero in Vulture 1996);
  3. Azimonti, La colonizzazione in Basilicata, Roma 1929;

Consorzio della bonifica di Metaponto, Il comprensorio nella storia. Ambiente fisico, demografico ed economico. Progetti e primi passi, Bari 1931.

 

A tutt’oggi manca, forse, una ricostruzione storica esaustiva dei processi di innovazione nel Metapontino, in cui vengano tra loro legate e considerate le vicende delle lotte contadine, della riforma, della bonifica; mentre pregevoli si rivelano le ricostruzioni dei geografi, tra cui sono da ricordare:

Amoruso, La piana di Metaponto: dalla marginalità allo sviluppo, Bari 1988;

Bergeron, La Basilicate. Changement social et changement spatial dans une région du Mezzogiorno, Roma 1994;

Lo sviluppo possibile. La Basilicata oltre il Sud, a cura di L. Viganoni, Napoli 1997; che possono essere fruttuosamente integrati con Contesto e scenari di sviluppo agricolo e rurale della Basilicata, Conferenza regionale per l’agricoltura, ( 1999, a cura dell’INEA, s.l. né data.

Per la riforma agraria, si vedano:

  1. Prinzi, La riforma agraria in Puglia, Lucania e Molise nei primi cinque anni, Bari 1956;

G.E. Marciani, L’esperienza di riforma agraria in Italia, Milano 1966;

  1. King, Land Reform: the italian experience, London 1973;

Insor [Istituto Nazionale di Sociologia Rurale], La riforma fondiaria trent’anni dopo, Milano 1979; P. Villani – N. Marrone, Riforma agraria e questione meridionale. Antologia critica 1943-1980, Bari 1981;

  1. Massullo, La riforma agraria, in Storia dell’agricoltura italiana in età contemporanea, a cura di P. Bevilacqua, III, Mercati e istituzioni, Venezia 1991, pp. 509-542;

L.R. Tauro, La riforma agraria nel materano (con particolare riguardo al Metapontino), Firenze 1993;

  1. Morano, Tra primordiale e post-moderno: la Fiat a Melfi, in Il germoglio sotto la scorza. Carlo Levi vent’anni dopo, a cura di F. Vitelli, Cava de’ Tirreni 1998, pp. 283-308.

 

Per la bonifica, si rimanda a:

  1. Ciasca, Storia delle bonifiche del regno di Napoli, Bari 1928;
  2. Serpieri, La bonifica nella storia e nella dottrina, Bologna 1956;

Le bonifiche in Italia dal ‘700 a oggi, a cura di P. Bevilacqua – M. Rossi Doria, Bari 1984;

  1. Barone, Mezzogiorno e modernizzazione. Elettricità, irrigazione e bonifica nell’Italia contemporanea, Torino 1986;
  2. Pontrandolfi, Storia della bonifica metapontina, Matera-Roma 1999.

 

Un opportuno inquadramento delle innovazioni del Metapontino nel contesto dell’agricoltura meridionale e nazionale è offerto da:

  1. Mottura – E. Pugliese, Agricoltura, Mezzogiorno, mercato del lavoro, Bologna 1975;
  2. Cuoco, Basilicata, in Le regioni del Mezzogiorno, a cura di V. Cao Pinna, Bologna 1979, pp. 455-516;

L’agricoltura nello sviluppo del Mezzogiorno, a cura di M. De Benedictis, Bologna 1980; G. Fabiani, L’agricoltura italiana fra sviluppo e crisi (1945-1985), Bologna 1986;

  1. Cupo, Sviluppo dell’imprenditoria agricola del Mezzogiorno dal dopoguerra ad oggi, Napoli 1987;

Storia dell’agricoltura italiana in età contemporanea, a cura di P. Bevilacqua, I-III, Venezia 1989-91. Significative sono alcune testimonianze di tecnici che operarono nel Metapontino, tra le quali ricordiamo: G. Nisio, L’attuazione delle trasformazioni fondiarie nei comprensori dei consorzi di Metaponto e della valle del Bradano. Relazione al Consiglio dei delegati del 9.11.1946, Matera 1946;

Mazzocchi Alemanni, La riforma agraria, Asti 1955;

Glinni, Prospettive e sviluppo dell’irrigazione in Basilicata, Matera 1965;

Scardaccione, La riforma fondiaria. Esperienze in Puglia, Lucania e Molise, Bari 1967;

Valicenti, Policoro quarant’anni fa, Roma 1974;

Id., Note sull’agricoltura lucana. 1950-1980, I, Matera 1993, pp. 45-74 e passim. D’obbligo, è il rimando ai numerosi e accurati studi di M. Rossi Doria, di cui ci si limita a segnalare: Riforma agraria e azione meridionalista, Bologna 1950;

Piano generale di bonifica. Direttive fondamentali della trasformazione dell’agricoltura. Relazione, Matera 1953;

Dieci anni di politica agraria nel Mezzogiorno, Bari 1958;

Consiglio nazionale delle ricerche, Memoria illustrativa della carta di utilizzazione del suolo della Basilicata, Napoli 1963;

Dati e considerazioni sulle prospettive e le politiche di sviluppo dell’agricoltura in Lucania, in collab. con C. Cupo – C. Glinni, Bari 1965 (rist. anast., Matera 1991);

Prospettive di sviluppo dell’agricoltura in Lucania, Bari 1966;

Scritti sul Mezzogiorno, Torino 1982;

Cinquant’anni di bonifica, a cura di G.G. Dell’Angelo, Roma-Bari 1989.

Sempre proficua la consultazione degli Annuari di statistica agraria e dei fascicoli dei Censimenti generali dell’agricoltura dell’Istat; dei Rapporti sull’economia del Mezzogiorno della SVIMEZ; dei Piani regionali di sviluppo della Regione Basilicata. A essi si rimanda, pur senza puntualizzazioni bibliografiche, per brevità espositiva.

 

S. Lardino

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