VISCARDI GIUSEPPE MARIA

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VISCARDI GIUSEPPE MARIA

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Brienza (PZ) 9 novembre 1950

Professore di Storia moderna all’Università di Salerno, anche autore di saggi di storia sociale e religiosa e di storia del movimento cattolico, tra cui nel 2005 “Tra Europa e “Indie di quaggiù”. Chiesa, religiosità e cultura popolare nel Mezzogiorno (secoli XV-XIX), con la premessa di Gabriele De Rosa; ha ricevuto il Premio Letterario Basilicata 2019, nella sezione saggistica storica, con il suo ultimo libro “Vita sociale e mentalità religiosa in Basilicata. Istituzioni ecclesiastiche, santità e devozioni (secoli XVI-XX)”.

1974: si laurea in filosofia con lode presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”, discutendo la tesi di Storia della Filosofia Il problema della teleologia in Immanuel Kant

1977-1982: borsista del Centro studi per la storia del Mezzogiorno, dell’Università degli Studi di Salerno;

dal 01/08/1980 Ricercatore universitario Università degli Studi di SALERNO

1982-1984: aderisce all’Istituto di Storia moderna e contemporanea dell’Università di Salerno, svolgendo attività didattica presso la cattedra di Storia moderna;

1984-1986 e 1990-1996: consigliere d’amministrazione dell’Università di Salerno; 1984-2011: fa parte del Dipartimento di Scienze storiche e sociali, nel cui ambito svolge la propria attività di ricerca (storia sociale e religiosa);

1987: vince una borsa di studio, messa a concorso dal Ministério dos negócios estrangeiros portoghese, e soggiorna da maggio a luglio a Lisbona, effettuando ricerche presso la Biblioteca Nacional e l’Arquivo Nacional da Torre do Tombo;

1989-2013: coordinatore generale del gruppo di lavoro che collabora, con il CNRS, alla realizzazione di un repertorio bibliografico bilingue sulla pietà popolare in Italia;

1994-1999: insegna Storia dei rapporti fra Stato e Chiesa;

1997-1999: insegna Storia del cristianesimo;

1980-2013: collabora alle seguenti riviste: “Archivio italiano per la storia della pietà”, “Revue d’histoire moderne et contemporaine”, “Ricerche di storia sociale e religiosa”;

2002-2006: insegna Storia medioevale presso la Facoltà di Scienze della formazione; 2002-2013: insegna Storia moderna presso la Facoltà di Scienze della formazione;

dal 01/03/2005 Professore II fascia Università degli Studi di SALERNO

2003-2010: fa parte del Collegio docenti del dottorato di ricerca in Storia;

2005: Premio Basilicata per la saggistica storica per il volume Tra Europa e “Indie di quaggiù”. Chiesa, religiosità e cultura popolare nel Mezzogiorno (secoli XV-XIX), Premessa di Gabriele De Rosa, Edizioni di Storia e Letteratura,

2005-2006: responsabile Unità PRIN: Istituzioni, assistenza e religiosità nella società del Mezzogiorno d’Italia tra XVIII e XIX secolo;

2010-2013: fa parte del Dipartimento di Scienze umane, filosofiche e della formazione, nonché del Collegio docenti del dottorato di ricerca in italianistica tra ambiti storico-geografici e interferenze disciplinari;

1997-2013: dirige la collana editoriale La pietà popolare in Italia;

2002-2013: fa parte del comitato editoriale dell’«Archivio italiano per la storia della pietà»; 2007-2013: fa parte del comitato editoriale di «Ricerche di storia sociale e religiosa».

 

Link

https://docenti.unisa.it/000756/curriculum

https://www.lacittadisalerno.it/cultura-e-spettacoli/giuseppe-maria-viscardi-cristo-si-%C3%A8-fermato-a-eboli-andare-oltre-1.2413211

GIUSEPPE MARIA VISCARDI: «CRISTO SI È…

L’INTERVISTA

Giuseppe Maria Viscardi: «Cristo si è fermato a Eboli? Andare oltre»

Il professore di Storia moderna insignito del Premio Basilicata: bisogna respingere l’immagine del Mezzogiorno immobile

07 maggio 2020

GIUSEPPE MARIA VISCARDI

CRISTO SI È FERMATO A EBOLI

Ha ricevuto il Premio Letterario Basilicata 2019, nella sezione saggistica storica, con il suo ultimo libro “Vita sociale e mentalità religiosa in Basilicata. Istituzioni ecclesiastiche, santità e devozioni (secoli XVI-XX)”. È Giuseppe Maria Viscardi, professore di Storia moderna all’Università di Salerno, anche autore di saggi di storia sociale e religiosa e di storia del movimento cattolico, tra cui nel 2005 “Tra Europa e “Indie di quaggiù”. Chiesa, religiosità e cultura popolare nel Mezzogiorno (secoli XV-XIX), con la premessa di Gabriele De Rosa.

Cosa ha rappresentato per lei questo premio?

Sono contento e onorato che il Premio Basilicata per la Saggistica storica sia stato assegnato al mio volume, che si giova della prefazione di Jean Delumeau, recentemente scomparso. Il Premio è intitolato alla Basilicata, la mia regione, essendo io nato a Brienza, dove ho trascorso la mia infanzia e la mia adolescenza e dove sono le mie radici culturali. È poi gratificante, per me, il fatto che il Premio, riconoscendo un senso al mio lavoro di storico, sia andato a un volume che affronta aspetti religiosi e antropologici della società lucana del passato e, perciò, della sua attuale fisionomia culturale, religiosa e politica.

Nel suo libro si interroga se sia ancora valida la “sentenza” di Levi che Cristo si è fermato a Eboli. Cosa si è risposto?

Credo che la sentenza di Levi abbia fatto il suo tempo, ma non si può negare che l’espressione “Cristo si è fermato a Eboli” ancora oggi sintetizza una maniera di “sentire” il Mezzogiorno che è dura a morire. Nel 1975, lo studioso francese Émile Poulat pose alcune domande provocatorie che non si possono non condividere: «Cristo si è fermato a Eboli, ma da dove veniva? E se Cristo, arrivando dalla Palestina, fosse approdato al Sud e vi fosse rimasto? E se, risalendo verso Nord, si fosse fermato a Eboli?». Non si tratta, ovviamente, di ribaltare la situazione, ma è necessario respingere l’immagine di un Mezzogiorno immobile, chiuso alla Storia e alle storie e aperto all’irrazionale, alla magia e alle superstizioni. Allo scrittore torinese la storia del Mezzogiorno sembra “impastata” di fatalismo, assurdità e disperazione: insomma, è la negazione di qualsiasi mutamento. E così è stata trasmessa l’idea di un Mezzogiorno sottosviluppato economicamente, prima, e culturalmente, poi.

Ha sempre affrontato il ruolo della chiesa. Oggi che ruolo ha nella società in cui viviamo?

Quando si parla del passato, spesso della Chiesa vengono sottolineati solo gli aspetti negativi: l’Inquisizione, la Controriforma, la caccia alle streghe e agli eretici, il notevole controllo sociale attraverso strumenti coercitivi e persuasivi. Tuttavia l’azione della Chiesa, che pure si basava sulla pastorale della paura, «non fu solo repressione inquieta, ma anche pedagogia». Dopo la batosta subita dalla Riforma protestante, la Chiesa cattolica ebbe una ripresa spettacolare. È notevolmente cambiato il ruolo della Chiesa nel corso del tempo, ma il depositum fidei, ossia la sostanza della fede è rimasta intatta. Oggi deve fare i conti innanzitutto con la tiepidezza e l’indifferentismo, specialmente dei giovanissimi. Ma poi ci sono sfide terribili: le nuove forme di povertà ed emarginazione, la salvaguardia di un pianeta malato, il fenomeno di dimensioni bibliche dell’emigrazione, e qui da noi, nel Mezzogiorno, la piaga della mafia in tutte le sue declinazioni.

È prima di tutto professore di Storia moderna all’Università di Salerno. Gli studenti sono più o meno preparati e curiosi degli universitari di ieri?

Temo che il livello stia scendendo. Il mio giudizio negativo è confortato – si fa per dire – dai dati dell’Ocse-Pisa che ci dicono che gli studenti quindicenni non capiscono quello che leggono, hanno difficoltà di comprensione dei testi e, più in generale, hanno competenze scientifiche e di lettura inferiori a quelle che avevano i loro coetanei dieci anni fa. Il mio osservatorio è limitato, ma posso affermare che la maggior parte degli studenti preferisce “narrare” la storia, come se fosse una favola, un raccontino, anziché “spiegarla”. Rilevo che gli studenti sono scarsamente curiosi e particolarmente pigri: non vedo in loro il fuoco sacro che dovrebbe “consumarli”.

Marianna Vallone

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