FERRONI VINCENZO EMIDIO CARMINE

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FERRONI VINCENZO EMIDIO CARMINE

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Tramutola (PZ), 17 febbraio 1858 – Milano, 10 gennaio 1934

Compositore e musicista di fama internazionale. Formatosi al Conservatorio Nazionale Superiore di musica e danza di Parigi, insegna per oltre 40 anni al Real Conservatorio di musica “Giuseppe Verdi” di Milano. Per i suoi alti meriti artistici viene nominato Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia.

Ferroni Vincenzo Emidio Carmine, compositore e musicista, nasce a Tramutola, in provincia di Potenza, il 17 febbraio del 1858. La sua è una famiglia numerosa. Papà Nicola e mamma Rosa Cosenza sono genitori di ben otto figli, a due dei quali viene impartita una particolare educazione. Proprio il papà, sarto di professione, incoraggia i figli Vincenzo e Domenico Battista ad avvicinarsi al mondo della musica facendo loro studiare, rispettivamente, il corno e il violino. Del resto, siamo in un periodo dove la tradizione musicale è sentita in questo angolo della Lucania chiamato Valle dell’Agri. Tra i diversi borghi che lo compongono, vi è Viggiano patria di arpisti, violinisti e liutai, famosi ed apprezzati in tutto il mondo per la loro arte di musicisti girovaghi.

Così, Vincenzo diventa cornista nella banda del suo paese, scoprendo presto di avere una buona predisposizione verso la musica. Il giovane, però, presto deve lasciare tutto questo.

Nel 1870 la sua famiglia parte per l’Ameria Latina e si stabilisce nella città di Montevideo, in Uruguay. Il papà cambia mestiere diventando muratore e il figlio lo segue in questa vita che proprio non gli si addice. La musica, una volta appresa, non lo ha più lasciato. Lo ha seguito dall’altra parte del mondo ed è lei, oramai, che decide per lui. Determinato a studiarla seriamente, a sedici anni si imbarca per l’Europa, clandestinamente, su un veliero che lo porta a Le Havre nel nord della Francia.

Qui, i primi tempi non sono facili. Deve provvedere a se stesso e raccogliere il denaro utile per intraprendere gli agognati studi. Il giovane, per fortuna, sa suonare bene il corno e questo basta per essere assunto nell’orchestra di una compagnia d’operetta con la quale si esibisce in vari teatri. Alla fine, il suo sogno s’avvera. Dopo aver superato un’ardua prova d’ingresso, il ragazzo viene ammesso al Conservatoire Nationale Supérieur de musique et de danse di Parigi dove frequenta la classe di armonia, solfeggio e accompagnamento pratico tenuta dal noto compositore e pedagogo Marie Gabriel Augustin Savard. Nel tempio della musica francese, si fa notare per il suo impegno scrupoloso e continuo. Doti che lo portano ad accedere ai corsi di composizione e strumentazione del celebre pianista e organista Jules Massenet. Tra i suoi compagni di studio vi sono Jiulien Tiersot e Gustave Charpertier, anche loro future promesse della musica classica.

Presto, Vincenzo ha modo di mettere a frutto il suo talento. Tra il 1881 e il 1882, compone quella che si ritiene essere la sua prima opera, la “Suite d’orchestre”. Ma già si è distinto all’interno della scuola. Il prof. Massenet, colpito positivamente dalla sua dedizione allo studio, nel 1976 gli affida una supplenza nella classe di armonia di Savard che, l’allievo lucano, detiene fino al 1883 anno, peraltro, del diploma raggiunto brillantemente.

A sostenere con lui l’esame vi è anche Achille Claude Debussy, anche lui studente di Massenet. Debussy è considerato nel mondo, uno dei più importanti compositori francesi di sempre, nonché tra i massimi protagonisti del “simbolismo” musicale.

Dopo il diploma, Vincenzo Ferroni, si dedica totalmente all’insegnamento e alla composizione.

Nel 1884 realizza l’opera “Ariosto” overture per grande orchestra op. 7 con cui anticipa la consacrazione come compositore che avviene, formalmente, l’anno successivo in occasione della sua partecipazione al Concorso Internazionale bandito dal quotidiano “Le Figaro” e dedicato alle composizioni inedite. Su oltre 600 partecipanti, il musicista lucano vince con il brano “L’Hymne d’un pȃtre lydien” per pianoforte, in seguito da lui stesso trascritta per l’orchestra. Oramai tutti stanno conoscendo ed apprezzando il musicista di Tramutola che, da questo momento in avanti, scalerà il successo negli ambienti della musica classica parigini e non solo.

Anche in Italia, infatti, arrivano gli echi della sua fama e voci di un suo eventuale ritorno in patria si fanno sempre più insistenti.

Nel 1887 Ferroni decide, appunto, di partecipare al concorso indetto dal Reale Conservatorio di Milano per due cattedre di composizione. Il bando prevede la creazione, in appena 24 ore di tempo, di una fuga a quattro voci senza l’uso del pianoforte. L’impresa, nient’affatto semplice, non scoraggia il docente lucano che supera ottimamente la prova. L’anno dopo, dunque, è professore della cattedra di armonia, contrappunto, fuga e composizione appartenuta al defunto Amilcare Ponchielli, e la manterrà per oltre quarant’anni. Del Conservatorio, per ventiquattro anni, rivestirà la carica di vicedirettore e, per alcuni mesi, anche quella di direttore. Durante il lungo insegnamento forma numerosi giovani il cui talento risuonerà nelle aule in cui insegneranno e nei maggiori teatri italiani ed eteri nel corso del Novecento. Tra loro vi sono Gianandrea Gavazzeni, Italo Montemezzi, Riccardo Pick-Mangiagalli, Franco Vittadini, Ettore Pozzoli, Felice Lattuada, Renato Brogi, Virgilio Mortari, Federico Caudana, Luigi Menegazzoli, Guido Farina, Ettore Panizza, tutti futuri musicisti, direttori d’orchestra e compositori di grande levatura.

Nel 1888 compone “Inno all’Italia” op. 22 per coro e orchestra che dedica ovviamente alla sua patria e, nello stesso anno, l’editore milanese Edoardo Sonzogno indice un concorso per opere inedite aperto a tutti i giovani compositori italiani. Ai partecipanti è richiesto di scrivere un’opera in un atto unico da sottoporre al vaglio di una giuria composta da cinque tra i migliori esperti del regno.

Ferroni accetta anche questa sfida e presenta “Rudello”, un melodramma di cui scrive la musica scegliendo come librettista Modesto Zucchetti. L’opera si ispira all’episodio più noto di Jaufré Raudel, poeta e trovatore francese del XII secolo, che lo vede innamorato della sconosciuta Melisenda, contessa di Tripoli. L’amore platonico lo porta a compone canzoni per lei e ad arruolarsi per le Crociate nella speranza di vederla. Ci riuscirà ma per pochissimo tempo. Rudello, infatti, tornato ammalato gravemente dalla spedizione, spirerà dopo averla finalmente vista. Delle settantatré produzioni giunte, la giuria ne seleziona tre che, da bando, oltre a ricevere un premio in denaro, devono essere rappresentate al teatro Costanzi (o dell’Opera) di Roma, a spese dello stesso Sonzogno. E così decreta: primo classificato Pietro Mascagni con “Cavalleria rusticana”, secondo classificato Nicola Spinelli con “Labilia”, terzo classificato Vincenzo Ferroni con “Rudello”. L’opera va in scena il 28 maggio del 1890 con una compagnia composta da Gemma Bellincioni nel ruolo di Melisenda, Roberto Stagno in quello di Rudello, Gaudenzio Salassa in quello di Bertrando. La direzione è affidata al M° Leopoldo Mugnone. Il successo è immediato. Il dramma viene replicato due anni dopo al Teatro Carcano di Milano.

Sempre nel 1890 Ferroni conquista un altro prestigioso palcoscenico milanese, il Teatro alla Scala, con “Suite romantica” diretta dal M° Giuseppe Martucci ed eseguita dalla Società orchestrale dello stesso teatro.

Nel 1896 il maestro conferma la sua popolarità con “Ettore Fiaramosca”, dramma in tre atti per il quale egli stesso scrive il libretto. L’opera lirica si ispira alla figura del condottiero campano, vissuto tra 1400 e il 1500, divenuto per le sue gesta simbolo del valore nazionale. Lo scrittore e patriota Massimo D’Azeglio, già nel 1833 gli aveva dedicato quello che è considerato il suo romanzo più celebre. Il dramma è presentato la prima volta il 25 gennaio del 1896 al Teatro Sociale di Como. Qui, viene eseguita anche la prima del suo dramma il “Profeta Velato”.

Fra il 1898 e il 1900 compone “Silia”, dramma lirico in tre atti ed epilogo op. 49. Pare che di quest’opera Ferroni, di cui scrive il testo, abbia fatto realizzare almeno quattro copie manoscritte compilate sia in Italia che in Francia. Una di queste copie avrebbe una “nota” in più che proverebbe il legame di Ferroni con Tramutola. Pare, infatti, che lui abbia commissionato a un copista locale una parte dei quattro volumi di “Silia”, poi completato a Milano.

Nel 1900 scrive un altro dramma, “Il Carbonaro”, che viene rappresentato per la prima volta al Teatro Lirico di Milano il 19 febbraio. Librettista è Romeo Carugati.

Nel 1908 redige “Della forma musica classica”, un trattato didattico diretto, stavolta, agli studenti. Un altro è “Fughe a due, a tre e a quattro parti vocali”.

Nel 1909 ritorna alla composizione con “Zingaresca oppure Chanson de bohémieus”, suo è il testo, e con il poema sinfonico “Risorgimento” op. 59.

Tra il 1913 e il 1914 compone l’opera “Lisa Clemens” op. 61 e, sempre nel ’13, ratifica il successo di pubblico vincendo a Bruxelles il Concorso Internazionale con la sinfonia “Ariosto” e con il quartetto in sol maggiore, composizione da camera.

L’inesauribile ispirazione lo porta a ideare diversi generi musicali: sinfonie, musiche da camera, per organo, liriche e musiche sacre. Tra queste ultime vi è l’“Ave Maria” op. 46 per canto, organo, arpa e violoncello; l’“Angelo pallido” per canto, pianoforte o piccola orchestra. E poi ci sono le composizioni per la sua terra.

Vincenzo Ferroni torna spesso nella sua Tramutola dove è solito tenere, nella casa di famiglia, incontri musicali. La composizione per arpa dal titolo “Aux bords de l’Agri” è dedicata appunto alla Valle dell’Agri, luogo che prende il nome dal fiume che l’attraversa e su cui si trova lo storico borgo natio. Anche l’opera “Zèphyr et la Nymphe” si ispira a questi posti, e ve ne sono altre.

Un ulteriore impulso alle scritture di musiche sacre lo matura proprio qui. In questo, è decisivo l’amicizia con Anselmo Filippo Pecci, tramutolese come lui, monaco della Badia di Cava de’ Tirreni dove insegna latino e greco nell’annesso liceo. Figura di alta levatura spirituale e culturale, Pecci diventa prefetto degli studi, rettore del collegio, confessore del noviziato e ama la musica essendo, peraltro, un distinto organista. Nel 1906 è nominato amministratore apostolico di Acerenza e Matera e, l’anno dopo, arcivescovo di Acerenza e Matera da papa Pio X.

I contatti tra i due uomini sono continui. Sono due animi nobili che nella musica trovano il nesso artistico con cui dialogare ed intendersi. Ed infatti mons. Pecci ricorre al maestro per musicare le preghiere in onore della Madonna. Nel 1923 Ferroni compone la canzone “O Maria a Fiamma Viva” op. n° 18, in occasione della solenne incoronazione della Madonna dei Miracoli di Tramutola. Un legame speciale unisce i tramutolesi alla loro Regina che, nell’ultima domenica di maggio, viene trasportata dentro una barca decorata di rose, per le vie del paese. “La Madonna nella barca” è appunto il nome di questo suggestivo evento devozionale risalente alla fine dell’800 voluto dai migranti tramutolesi che, nel turbolento viaggio di ritorno dall’America, fecero voto, una volta giunti salvi a destinazione, di dedicare una giornata speciale alla Madonna dei Miracoli, invocata durante gli angosciati momenti della traversata atlantica. Promisero, dunque, di rendere indimenticabile il Suo intervento trasportando la Sacra Effige in processione proprio dentro una barca.

Comunque, le richieste di mons. Pecci non si limitano solo a questo componimento. Il prelato chiede al maestro di musicare anche la preghieraInno alla Madonna della Bruna” di Matera, “Inno alla Madonna di Acerenza” e quella in onore della Vergine di Oppido Lucano. Un altro componimento sacro è “Il Monte di Viggiano”, opera lirica per il teatro, che il maestro dedica alla Madonna Nera dell’omonimo monte, nel 1890 incoronata da papa Leone XIII Patrona e Regina della Lucania.

Nel 1929 il compositore tramutolese si ritira dalle scene con il grado di professore emerito, e viene ospitato nella casa di riposo “Giuseppe Verdi”, residenza per cantanti e musicisti dai capelli argento, intitolata proprio al suo fondatore. Di questo luogo il maestro lucano per vari anni ne è stato consigliere.

Nel frattempo, per i suoi alti meriti artistici, riceve l’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia.

Vincenzo Ferroni muore a Milano il 10 gennaio 1934. Quattro anni dopo esce il suo trattato “Corso di contrappunto e fuga” (Ed. Carisch) scritto negli ultimi anni di vita e pubblicato grazie all’interessamento del compositore Umberto Giordano e al finanziamento della Reale Accademia d’Italia. Tutt’oggi è in uso nei Conservatori. Scompare, così, una figura singolare della musica classica, sobria ed elegante negli stili sia musicali che personali. Il senso dell’essenza ha contrassegnato la vita umana e professionale di un uomo poco avvezzo agli esibizionismi e sfarzi di un ambiente che pur li contemplava, ma di cui ne ha fatto pienamente parte con onestà intellettuale, determinazione, sensibilità. Ferroni ha alimentato la passione per la musica, scoperta grazie al padre e condivisa con il fratello Domenico Battista anche lui stimato compositore, creando un vario repertorio di musica da camera e da chiesa, sinfonie e melodrammi (tutti rappresentati), che sono sintesi tra la formazione francese e gli influssi tedeschi. Ha mostrato doti creative non comuni anche attraverso i poemi che ha redatto per alcune sue opere. Noto in Italia come all’estero (i primi successi nazionali li ebbe al Teatro Nicolini di Piacenza dove furono eseguite alcune sue creazioni per canto, organo, violoncello e pianoforte), i suoi lavori hanno risuonato in diversi teatri europei e sono state pubblicati in Italia dalla casa editrice Ricordi e, a New York, dalla casa editrice Cardilli. Le sue grandi competenze tecniche e didattiche sono state riconosciute dagli allievi e da altri compositori suoi contemporanei, come Giuseppe Verdi che gli mostrò grande stima.

Tramutola, poi, ha mantenuto vivo il ricordo del maestro intitolando a lui una strada, il Circolo Culturale ed indicendo, nel 1992 e nel 1993, il Concorso Nazionale “Vincenzo Ferroni” per Pianoforte-Violino e Pianoforte-Arpa dove i musicisti erano chiamati ad esibirsi su una musica del compositore lucano. Inoltre, a 160 anni dalla nascita, il suo paese gli ha dedicato una giornata di studio con una mostra documentale, la benedizione di una targa nella piazza Domenico Guarini, una conferenza sulla sua vita e un concerto lirico e musicale con pianoforte e violino tratto dal suo repertorio.

Nel 2010 nel Palazzo Lanfranchi di Matera viene presentato il concerto “L’arpa sul palcoscenico” che ricorda l’uso di questo nobile strumento (prodotte fin dal ‘700 a Viggiano – PZ) da parte di alcuni compositori lucani, tra cui anche Vincenzo Ferroni.

Anna Mollica

 

PRODUZIONI

 Orchestra

  • Ariosto, ouverture op. 7
  • Rhapsodie espagnole
  • Symphonie en mi bémol majeur, op. 19
  • Risorgimento, poema sinfonico op. 59
  • Il chiostro insidiato, poema sinfonico, op. 57
  • Ellade, suite per orchestra
  • 2e symphonie
  • Inno all’Italia

 

Musica da camera

  • Leggenda, per violino e pianoforte
  • Quatuor à cordes en ré mineur, op. 20
  • Morceaux pour violoncelle avec accompagnement de piano, op. 36
  • Trio avec piano en ré majeur, op. 54
  • Sonate pour violon & piano en fa majeur, op. 62
  • Fantasia eolica, per arpa con accompagnamento di oboe, corno, doppio quartetto d’archi e contrabbasso
  • 2e Trio avec piano
  • Aux bords de l’Agri, per arpa
  • Serenata, per arpa
  • Sur le fleuve d’argent, notturno per arpa

Pianoforte

  • Caprice, op. 5
  • Valse triste, op. 9
  • En courant, op. 23 studio per piano
  • Rêverie, op. 25
  • Hymne d’un pâtre lydien
  • Notturno
  • Chaconne, op. 45
  • Bohême Marsch, op. 52
  • 3e mazurka, op. 66
  • Rapsodia adriatica, op. 82

 

Opera

  • Rudello
  • Ettore Fieramosca
  • Il Carbonaro
  • Zingaresca, oppure Chanson de Bohémiens
  • Silia, oppure Gli ardenti, op. 49
  • Lisa Clemens, op. 61
  • Zéphyr et la Nymphe
  • Il Monte di Viggiano

 

Musica vocale

  • 10 Mélodies, per voce e pianoforte
  • Passé, per voce e pianoforte
  • Angelo pallido per canto, pianoforte e piccola orchestra
  • Nevicando, romance op. 39
  • Ave Maria, op. 46
  • Maria a Fiamma Viva” n° 18 o Madonna dei Miracoli di Tramutola
  • Inno alla Madonna della Bruna di Matera
  • Inno alla Madonna di Acerenza
  • Canzone in onore della Madonna di Oppido Lucano.

 

Organo

  • Choral et Fugue
  • Elevazione
  • 2 Entrate & 2 Elevazione
  • Offertoire
  • Sortita
  • 3 Versets
  • 2 Préludes

 

BIBLIOGRAFIA

Libri didattici

  • VINCENZO FERRONI Fughe a due, a tre e a quattro parti vocali.
  • VINCENZO FERRONI Della forma musica classica, Milano, 1908
  • VINCENZO FERRONI Corso di contrappunto e fuga, Carisch S.A., Milano, 1939

 

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